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Sara
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Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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Pressata dalla necessità di abbandonare per una sera il brusio delle locuste di casa_1971 (e volendo soprattutto allontanarsi dalle eccelse rogne che le orbitano intorno – ve ne parlerò prima o poi) Sara accetta l’invito a cena a casa di una ex compagna di liceo – ora Vegana integralista - e, per l’occasione, costringe l’Ipocondriaco ad accompagnarla.
Sede del piacevole convivio è una antica villetta dalle parti di Carbonara, riattata a comune dalla Vegana e dalle sue due colleghe precarie fuorisede: ospite d’onore un gruppo musicale – I Barbari - in Puglia per incidere un nuovo cd.
Sara e l’Ipocondriaco arrivano con notevole ritardo: lui ha dovuto aspettare le 21.30 per assumere la sua batteria di ansiolitici serali, lei ha voluto assicurarsi che quell’accattivante rantolo di marmitta sfasciata non precludesse ad altri nefasti accadimenti. I due arrivano al citofono convenuto con appena un’oretta di ritardo e grazie alla incarognita matrona che li osserva dal balcone dirimpetto capiscono che i vicini della Vegana non sono propriamente entusiasti dei condomini e che se potessero erigerebbero un muro di cemento armato con tanto di filo spinato, guardiole e cecchini con l'ordine di sparare a vista.
Viene ad aprirci una delle coinquiline precarie vestita di una sorta di Kimono fuori taglia. Alle sue spalle ramenga un branco di cani randagi mentre in lontananza si ode l’eco di un sabba bonario: I Barbari, evidentemente, hanno già preso confidenza con il nuovo domicilio.
Sara e l’Ipocondriaco vengono accolti con simpatia e benevolenza: quasi tutti gli artisti presenti hanno un livello di notorietà pari a quello della moglie del fratello della sorella del cognato di un Gieffino e la Vostra viene presentata agli astanti in qualità di famosa scrittrice (mica cotiche).
A onore dell’esegesi delle fonti bisogna precisare la presenza della mascotte del gruppo: un simpatico corvo dal pelo bigio soprannominato Gay in virtù dell’unica frase di cui riesce a fare sfoggio (Wè ricchion – filastrocca antropologica che verrà ripetuta dalla bestia in questione ad ogni minimo sollecito da parte del cantante).
Durante la luculliana cena la maggiore cura da parte dell’Ipocondriaco è quella di non contrarre l’epatite perciò si tiene ad una distanza siderale da qualsiasi oggetto acuminato presente nei paraggi. Fosse anche uno stecchino.
Sul tavolo viene spartita con spirito francescano una purea mista a funghi che sembra essere appena stata raspata dal fondo del paiolo di Baba Yaga. Per contorno un tris di legumi crudi. Chiude il menu una crema aromatizzata al limone asiatico: per intenderci una sorta di zabaione al gusto Last che guarnisce una pastiera bengalese.
I Barbari apprezzano e divorano a quattro ganasce la prelibata cena come solo le anaconde filmate dal National Geographic riescono a fare.
Prendine poca per volta altrimenti dobbiamo chiamare l’ambulanza – è l’accattivante monito dell’Ipocondriaco.
La conversazione intorno al desco procede spedita e si rendono così noti i successivi impegni del gruppo, atteso la prossima settimana in Albania per un concerto: qualche romantico propone di raggiungere la destinazione con un barcone per sperimentare di persona le problematiche dell’immigrazione clandestina. Sara è lì lì per sconsigliare la brillante trovata (avendo già sperimentato un naufragio) ma prima che possa mettere in guardia gli artisti viene punta su una palpebra da una zanzara gigante e diviene all’istante guercia.
Nel giardino posteriore adibito ad orto svetta una capanna degna della Strega Nocciola che con stupore si scoprirà essere la stalla di una mucca e tre pecore (tutte sterili) strappate al loro triste destino di catena alimentare da una task force animalista. L’Ipocondriaco sperimenta quindi il fascino di una serata bucolica trascorrendo la serata con una testa bovina cornuta in grembo mentre le pecorelle si avventureranno nella veranda alla ricerca di insalata fresca, assunta direttamente dal piatto di portata.
Uno dei musicanti si sofferma sul significato esoterico delle stampelle in dote al cantante: l’oracolo suggerisce di privilegiare lo spirito piuttosto che le pene materiali in ogni genere di accadimento. Postulato che - guarda un po’ - Sara persegue da quasi quarant’anni con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Ma vabbé.
L’Ipocondriaco nel frattempo ascolta attento con l'espressione tipica del bassethound che legge la Critica della Ragion Pura: l’esperienza (ne sono certa) verrà memorizzata e raccontata al terapeuta il giorno seguente in un transfer particolarmente sofferto.
Nel frattempo I Barbari si esibiscono in concerto tra l’entusiasmo degli astanti: Sara e l’Ipocondriaco si congratulano alzando un pollice, gli altri ammirati spettatori cadono in una sorta di trance collettiva con tanto di convulsioni della mia vicina di posto.
In un fiat il vinello dal retrogusto di palude asiatica produce i suoi effetti: il cantante, che ha la faccia di uno si è scolato anche l’olio delle lampade, cerca di tornare parzialmente umano buttandosi sotto la doccia. Per accelerare il rientro alla lucidità si decide di correre scalzi sul prato prima di infilare la testa sotto il sifone gelato: l’unità di misura della corsa sono le musiche dei Led Zeppelin. Nel corso della maratona si cerca di scansare una decina di conigli che vagano liberi per il prato e che, ad occhio e croce, pesano più di un bambino indiano. Adducendo come scusa il principiare di unghia incarnita l’Ipocondriaco si autoesclude dalle danze.
Nel frattempo Sara usufruisce del bagno comunitario. Per errore (ma forse dovrei dire orrore) entra in una delle stanze adibite a dormitorio dei musicanti: la visione dei referti disseminati sui materassi buttati alla rinfusa sul pavimento la fa indietreggiare fino a pestare la coda di un gatto già monco di suo. Un urlo straziante squarcia la notte rievocando i fasti di un medioevo forse non troppo lontano.
Dopo pochi secondi di lotta con la maniglia Sara si avventura in un bagno profanato dal fumo di sigarette ed altre sostanze di cui nulla voglio sapere: probabilmente questo – pensa con inaspettato fervore religioso - è un varco tra mondi paralleli e l’accesso è il lavandino semi-otturato della grandezza di un 45 giri. Dopo l’esperienza mistica dei sanitari (e dopo aver rimpianto Erba e la sua onnipresente amuchina gel), Sara intrattiene una amabile conversazione con una delle coinquiline precarie: dai discorsi confusi e deliranti capisce trattarsi di una aspirante scrittrice che, guarda un po’, ha terminato da un paio di anni la sua Opera Prima ed è in cerca di un editore. Essendo entrambe assai sensibili all’argomento le due si incamminano per il giardino appassionandosi al discorso a tal punto da non accorgersi di finire su un’enorme merda di vacca, calda, materna e soprattutto avvolgente.
Diciamo che tali serate in questo periodo mi si addicono perché sono in una fase retrò della mia vita. Ovvero in una fase in cui sono costretta a prendere decisioni comunemente definite importanti e a cui dovrei quindi concedere una attenzione maggiore di quella dedicata allo sfogliare una margherita.
Intanto, per tranquillizzarmi, fingo che ad essere nell’occhio del ciclone sia un’altra me, più equilibrata, più responsabile, più lucida - insomma più – e cerco di ignorare la Voce bastarda che non smette di ripetermi che questa identità di me medesima invece esiste e mi porterà inevitabilmente a fare cazzate come al solito. Facciamo che ci penso un po’ e poi vi aggiorno va’…. Che tanto prima o poi mi toccherà dirvelo…
P.S.: Voce, mai che tu sia utile. Lo sai che esistono coscienze più efficienti di te? Voci materne che aiutano, incoraggiano, consigliano. Tu invece rompi i maroni e basta.
Erba
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