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Sara
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Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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Capita durante un viaggio di vivere momenti che rimarranno nella tua mente come ricordi indelebili e, ogni volta che torneranno a galla, sapranno sempre regalarti un emozionante sussulto: quello della bestemmia.
Il viaggio era di lavoro, ragione per la quale molte sarebbero le amenità delle quali la sottoscritta si è resa involontaria protagonista, tuttavia, l’inizio e la fine risultano maggiormente degne di nota.
La partenza è prevista da Brindisi.
La Capo, in viaggio con me, sua serva, non si preoccupa di offrirmi caritatevolmente un passaggio con i potenti mezzi della ricerca italiana – pagati dai miserabili, ma appannaggio, è noto, dei soli potenti – ragione per la quale alle ore 16 sono già fuori casa. L’aereo parte solo alle 19.20 e Brindisi non si può dire distare da Lecce cinque anni luce, MA c’è solo una navetta utile.
Armi, bagagli (sempre troppo ingombranti, questo perché la sottoscritta è schiava del “metti che…”) e pazienza, arrivo all’aeroporto alle 17. Compro un giornale e mi metto in fila per il gate.
C’è da dire che se si è avuto un “effetto terrorismo” dopo l’11 settembre è quello che, senza differenze, coglie tutti i comuni mortali al momento in cui sono in fila verso il metal detector.
Il terrore ti assale puntuale: avrò il bagaglio troppo pesante? Dovrò mettere dentro la pancia affinché non la considerino marsupio eccedente rispetto al bagaglio a mano? Ho protesi metalliche non dichiarate? Ho fibbie dimenticate nelle mutande in uno dei tanti giochini erotici che paleseranno le mie perversioni domestiche al passaggio? Ho tutto nel 100ml imposti? Stavolta cosa lascerò come gentile omaggio alla moglie del finanziere? La soluzione lenti? Il deodorante intimo? … perché non accompagnarlo da una sentita dedica?
La fila si assottiglia, la tachicardia aumenta. Il computer è fuori dal bagaglio, la carta d’identità e quella di imbarco in mano. Sono certa che tutto sia in regola. Passo. Magicamente, quasi da destarmi una commossa sorpresa, non suona nulla. Mi rimetto il maglione, la collanina e ritiro il bagaglio. Faccio un passo (e dico UNO, numero primo, aggettivo numerale cardinale) quando puntuale arriva la voce: “Signorina, mi scusi, ma dovremmo perquisirle il bagaglio.”. Mi giro. E’ lei, non importa di che sesso sia o che volto abbia a questo giro. E’ sempre lei: la solita faccia di cernia dell’arma, nello specifico, si tratta di un finanziere.
Mesta e consapevole che il lavorio di precisione (durato due giorni) per chiudere il bagaglio andrà in frantumi nell’arco di dieci secondi netti, mi dirigo nell’ormai noto angolo perquisizione. La voce afferma: “dallo schermo risulta che lei nel suo bagaglio ha delle forbici.”, “Sì, in effetti, le ho, ma altre volte non mi avete fatto storie, per cui non credevo fossero un problema.”; “Infatti non lo sono.” “…”. “Però risulta anche che lei ha una lunga lama metallica.”. “???” Le assicuro che l’unica lama che ho nel bagaglio è quella per le unghie che (non sarà un caso) dicesi limetta, faccia lei!”. “Guardi che c’è poco da scherzare: lei potrebbe avere una pericolosa arma da taglio! Ora verifichiamo.”.
Credo che ciascuno, prima o poi, soprattutto in questo frangente storico, abbia necessità di fare outing (anche solo per capire l’ebbrezza provata da Cecchi Paone) e così è arrivato il mio turno: dichiaro al Popolo italiano riunito sotto l’egida della bestemmia (ndr.: e non mi riferisco alla mia!) che sono una terrorista di Al Qaeda ed ho cercato di disseminare panico e morte su un volo Ryanair BR-BO, brandendo uno spazzolino mentadent (setole morbide, ancora nuovo) il cui scheletro interno pare fosse retto da un lunga lama metallica: la pericolosa arma da taglio. Ma le forze dell’ordine del nostro Paese, argute e svelte, hanno prontamente sventato l’attacco terroristico, decidendo (dopo una seduta plenaria, ad alto spessore lessicale prima che contenutistico: “Wei, cè nnimu ffare de stu spazzulinu?” = Ohibò, qual è l'uso più appropriato e consono per questo strumento di igiene orale?) di sequestrarmi lo spazzolino da denti.
Conseguenze: la prima notte mi sono lavata i denti con il dito indice, apprezzando sulla pelle gli effetti rinfrescanti delle cento erbe dell'antica erboristeria e rimuginando sulla mia battuta di saluto all’acuto finanziere: “prima di passarlo alla Sua Egregia Signora, consideri il fatto che io lo uso come spazzola… e non per le sopracciglia. Sa, amo essere sempre (e dovunque) in ordine ed inoltre, non sarei una terrorista se non avessi delle piccole manie, non le pare?!”. Mi domando: sarà oltraggio a moglie di pubblico ufficiale?
[Capita durante un viaggio di vivere momenti che rimarranno nella tua mente come ricordi indelebili e, ogni volta che torneranno a galla, sapranno sempre regalarti un emozionante sussulto: quello della bestemmia.]
Il viaggio scorre con la consueta previsione di sfiga.
Arriva il momento del ritorno. Che sia andare o che sia tornare, partire è un po’ come morire. Di paura, ad esempio.
Il metal detector mi lascia passare senza intoppi. C’è da dire che Ryanair impone di non avere ombra d’altro se non di un solo bagaglio a mano e poco importa se tu ti sei infilato il portafoglio tra i denti non sapendo dove altro metterlo, o se le tasche dei tuoi jeans traboccano di libri ed occhiali da sole. L’importante è che tu non dia a vedere parvenze di borsa. Superato il controllo, spunteranno come funghi tutti i marsupi nascosti tra tette generose (per chi se le può permettere: non io!).
Fastidi gestibili, soprattutto se il prezzo da pagare è non essere fermata per una perquisizione del bagaglio.
Nell’aereo oltre alla Capo, diversi docenti universitari (ordinari) incontrati per caso, più una cugina a rappresentanza della stirpe matrilineare dei trenta (ed intendo i soli cugini). Pazienza, sto per tornare a casa, sopporterò (a destra) qualche disquisizione minima su massimi sistemi e dispenserò (a sinistra) saluti cari alle zie.
L’atterraggio è persino in anticipo. Riuscirò a prendere l’autobus in tempo.
Passo dalla sala bagagli e mi dirigo lesta verso l’uscita.
Ma il mio trolley urta contro qualcosa di duro ed immediatamente dopo una voce: ”Signorina, mi scusi, ma dovremmo perquisirle il bagaglio.”. L’urto che avevo percepito era il cane della guardia di finanza. Non appena mi giro me lo ritrovo addosso con il muso a due millimetri dal mio naso. Ovviamente senza museruola. Resto in attesa della perquisizione, mentre racimolo pezzi di coronarie rimaste salde nonostante l’incontro ravvicinato con l’amichevole pastore tedesco.
Ovviamente - in virtù della nota presunzione di innocenza - prima della perquisizione si è già colpevoli e condannati e l’arguto finanziere (non lo stesso dell’andata, ma di uguale acume intellettuale) ci tiene a guardarmi con espessione di chi pensa “credi di avermela fatta con quell’aria innocente, ma ora scopriremo i kili di droga che nascondi!”.
“Lei ha il diritto di chiamare un avvocato, o una persona di fiducia prima che inizi la perquisizione. Un cane della guardia di finanza l’ha fermata ed abbiamo ragione di credere che lei possa trasportare droga.”. Dopo aver pensato di chiamare sarettalamerda o, in alternativa, la Sig.ra Fletcher, come persone di estrema fiducia proferisco: “Mi scusi, SIGNORSI’SIGNORE, ma io non ho necessità di chiamare nessuno. Nel mio bagaglio non ho droga. Ho solo 600gr di tortellini bolognesi, freschi. Non vorrei che il suo cane fosse semplicemente affamato.”. “C’è poco da scherzare!”. (Aridaie! Poco senso dell’umorismo nell’arma.).
Per un attimo la mia vita assume i caratteri di una scena di Don Matteo.
Controllano al computer la mia fedina penale. Mi chiedono di rivoltare le tasche. Appaiono titubanti e comincia a vacillare la certezza che io sia una trafficante di droga (ma no!). Alla fine, prima ancora di perquisirmi il bagaglio il finanziere mi dice: “Va bene, signorina, ci fidiamo.”. “Come sarebbe vi fidate? Ed il bagaglio? E l’infarto che mi avete fatto prendere?”, “Pensiamo che il nostro cane abbia commesso un errore. Vada pure.” […].
Considerazioni:
1.Avrei anche potuto portare droga meco, ma la fiducia del buon finanziere non avrebbe impedito il reggae party del rientro. Stacanovismo ed intuito delle forse dell’ordine!
2.In compenso, per l’interno Dipartimento ora sono una narcotrafficante di lunga tradizione e per mia madre sono una povera precaria drogata.
3.L’altro giorno, raccontando l’accaduto ad un conoscente (rampante professionista della “città bene”), questo mi dice: “Io quando devo partire e mi porto dietro qualcosa che potrebbe crearmi problemi di liquidità, peso o di altro genere, chiamo un mio amico che sta ai controlli e gli do le coordinate del mio arrivo, così lui mi lascia passare. […]”.
4.Potenza dei dispositivi di sicurezza in questo grande bluff che chiamiamo Italia!
5.Dal prossimo giro rivaluto le Ferrovie dello Stato.
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