S_CAROGNEAvvertenze: questo è un blog, bipolare come i più comuni disturbi dell'umore |
Sara
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Vecchio Paz
Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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“...vedi come sei bella quando scrivi?”.
Lei non sapeva bene cosa contenesse quella frase, eppure era perfetta per quell’istante. Sì, perché a volte la complessità lascia brevi istanti di tregua ed è in quegli attimi che si assapora la felicità pura.
Forse lei voleva vedere. Forse si perdeva nei labirinti del come, oppure desiderava imparare a vedersi bella attraverso occhi e parole sconosciuti. Forse il quando era arrivato, oppure non lo rincorreva più, non in quel momento, almeno. Oppure era solo lo scrivere che le mancava. Quel suo picchiettare tasti alla ricerca di un senso inesistente.
Non si conobbero mai, ma si incontrarono tra un sorriso di scogli lontani, un rincorrersi di onde in una notte d’agosto salata di libertà e malinconia.
Perché la perfezione non esiste, lei lo sapeva bene, eppure, capita si accarezzino coriandoli di semplicità che le si avvicinano.
Fatto sta che lei, un giorno, mise da parte i suoi pensieri quotidiani per regalare ai suoi piedi l’emozione di camminare sulla farina dei ricordi e del sé.
Era bello il prima, quando da piccoli si andava in vacanza con la bambola di fiducia stretta in una mano e con un bagaglio fantoccio nell’altra, che dava l’idea di essere grandi. Era bello l’odore delle foglie di tabacco che doravano i campi assolati della sua terra. Si perdeva nelle avventure di ogni giorno perché – e questo lo avrebbe compreso solo molto più tardi – lei faceva parte della schiera dei viaggiatori erranti che scoprono passo a passo la gioia di perdersi in sentieri nuovi.
La bambola sarebbe stata sostituita presto da una gatta dal pelo rosso e la loro amicizia sarebbe durata a lungo, raccontando di lunghe passeggiate e dialoghi fantasiosi, che avrebbe potuto ascoltare solo un folle dal sorriso azzurro e dagli occhi di stelle. Un altro come lei.
Poi arriva il dopo e non sempre soddisfa le aspettative. Ma lascia spazio per l’intervallo tra un respiro ed un altro. E in quello spazio, se l’orecchio è teso, si può riconoscere la serenità. Ed in fondo, lei cercava proprio questo.
Oggi lei resta a casa e lascia fuori il mondo. Si culla nel suo guscio e abbandona ogni senso di colpa.
Oggi, nella sua tazza fumante di tè al gelsomino, riflette il suo sorriso, pensando che la magia della conoscenza risiede nel non conoscersi e nell’intrecciare trame di racconti senza trama come si intrecciano le dita in un saluto d’incontro o di addio.
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Erba
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