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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Sara

 

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Vecchio Paz

Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

Cuor di Carogna

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Diario di una gravida

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God Save The Queen(Parte II)

Post n°440 pubblicato il 20 Dicembre 2008 da delilah79

Sveglia alle 8. Non faccio mai colazione, ma in viaggio mi metto alla prova. Certo, passare dal nulla a: uova strapazzate, bacon, pomodori, salsine varie, fagioli, pane, burro, marmellata e succo d’arancia, caffè inoltre, volendo, latte e cornflakes direi che avrebbe prodotto effetti deleteri sul mio fegato e definitivi sul resto del corpo. “Mi limito” a succo, caffè, uova, pomodori, bacon, pane burro e marmellata. Passata appena mezzora della prima mattina già mi sento 4kg in più sul culo!

Ci serve al tavolo la proprietaria dell’albergo, una giunonica bionda simil trans che prendendomi in simpatia, mi fa battute in tipico humor inglese (stretto) che non capisco. Sorrido ebete. Demorde.

Vado a lavarmi, MA non c’è bagno in camera, bensì uno per piano diviso in due stanze. La prima cesso (da intendersi water e basta), la seconda box doccia. Pertanto, mi è chiaro che, se malauguratamente la stitichezza, compagna d’ogni mio viaggio, non dovesse restarmi fedele, tutto sarà più complicato.

Ore dieci, pronti per uscire. Il programma è totalmente nelle mani del mio lui. Conosce bene Londra, sa cosa voglio e cosa no, uniti i due addendi, la somma non potrà che soddisfare le mie aspettative, penso. In verità, le mie pretese sono basse. Chiedo solo di visitare Londra saltando a pie’ pari i percorsi turistici scontati. Tutto il resto è ben accetto. Il mio calcolo è decisamente forfettario e non considero che: A) il mio compagno è 1. Uomo; 2. Intellettualoide; 3. “Comunista”. Nel programma stilato con cura per i tre giorni a venire compaiono due centri sociali, un cimitero (con i doverosi onori alla tomba di Marx) e innumerevoli mostre da non perdere. Dopo una lunga contrattazione i centri sociali scendono ad uno, il cimitero si depenna e le mostre diventano solo sei.

Ebbene, capisco che ho chiesto io di non fare giri valtur, tuttavia questo turismo alternativo mi perplime una punta. Decido come primo giorno di piegarmi all’andazzo, comunque fiduciosa. Nel tragitto rubo dettagli londinesi doc:“Tò guarda, Tower Bridge! E lì, Westminster…e guarda negozi, gente, manifesti inglesi…”.

Prima mostra in programma alla TATE Gallery, Rothko. Bella bellissima. E si fanno le 13.30. “Vogliamo vedere le mostre degli altri piani?” , “Certo, caro!”.

Non ho idea dell’ora in cui siamo usciti dalla Tate. So solo che lo abbiamo fatto per un suono che nei pochi giorni a venire, costante e puntuale, sarebbe risultato alle mie orecchie un lamento logorante: HO FAME! Per inciso si sappia che, nella mia concezione di viaggio, non c’è cibo se non la sera, dopo aver lungamente e largamente camminato e magari stuzzicato qualcosa velocemente durante il giorno. Mi nutro della città che visito, della sua gente, degli occhi che incontro, dei supermercati, dei negozi, dei musei (anche), degli accenti, dei rumori, degli odori insomma… non ho urgenze cibarie a meno che non siano strettamente legate al vivere sulla mia pelle un posto. Banale? Sarà.

Il mio uomo di viaggio, seppur con le stesse parole, ha urgenze differenti. Lui necessita di sedersi in un posto per pranzare o cenare. In caso contrario inizia il suo “ho fame, ho fame” stile La gabbianella e il gatto (citazione dotta) Che due coglioni! E che perdita di tempo… Ed è brasserie, carne e contorno per lui, Quique e altri kg sul culo per me. Dopo aver soddisfatto il suo stomaco, Egli mi concede il giro (15minuti netti) di un mercatino tipico che si trova non lontano.

Mi illumino felice come una bambina di cinque anni. Giro entusiasta e zompettante per le baracche. Accanto a me lui, annoiato e funereo. Fatte le 17 girovaghiamo vagabondi lungo il Tamigi per poi tornare in hotel. Riposiamo le stanche (?) membra e decidiamo dove andare a cena. Lui, povero, è stanco dopo aver camminato tanto (???) e così optiamo per qualche posto vicino. Purtroppo, il quartiere dove ci troviamo (Belgravia), per quanto signorile, non appare (ai miei occhi) ricco di movida, così non ci rimane che l’unico pub/caffetteria/ristorante sotto il nostro naso, nonché il nostro hotel. Lui cena luculliana. Io birra, media e ostriche crude […].

Torniamo “a casa” ed è notte. Lunga, tempestosa e rumorosa. Scopro che il mio lui, D I G R I G N A. Non ho tappi per le orecchie. E che cazzo!

Il giorno dopo i patti sono più chiari. Si va per mostre, ma si va anche per mercatini e, in più, per negozi. Intenzioni democratiche. Si inizia con le mostre. E’ la volta della British Library, dei suoi tesori  e della mostra sui Diritti umani. Ottimo, bello bellissimo, consigliabile, ma… siate più celeri. Alle tre mi rendo conto che anche il programma del secondo giorno è fallito miseramente.

Dopo la British risolleviamo le mie sorti misere facendo un ampio giro per quartieri londinesi fino al HO FAME che ci vede bloccati per due ore in un pub. Sfodero il mio sapere storico ed ordino infreddolita un punch  il cameriere mi guarda basito cercando solidarietà (che trova) nell’ uomo seduto al mio fianco. Ridicolizzata scopro che il punch in Inghilterra non si usa dall’ ‘800. Figura di merda archiviata, si torna verso l’albergo. E’ sabato. Mi vesto carina, non ho mangiato, ho fame anch’io: “dove mi porti?”, “Andiamo verso Portobello-Notting Hill. C’è un ristorante indiano da quelle parti e l’indiano piace ad entrambi. Poi pub.” Ci sto. Cena ottima, atmosfera idilliaca fino a quando lui, complice la birra che regge male, non inizia a raccontare di LEI. La lei intoccabile. Oso obiettare. Il ristorante indiano diviene teatro del nostro litigio in italiano. Il cameriere, affabile e cortese ci raggiunge al tavolo e come un sacerdote al corso prematrimoniale ripete saggio: TAKE YOUR TIME, DON’T WORRY! Girandoci ci rendiamo conto che tutti guardano basiti verso di noi come abbonati rai in prima fila. Usciamo dal locale. Lui cerca di recuperare terreno invano. Ci riesce solo dopo avermi offerto il secondo whiscky torbato.

Bocca amara, pensieri biascicanti. Taxi, hotel.

Domenica mattina è ineluttabile dissenteria. Dopo aver perso l’anima nel cesso dell’albergo, non rinuncio comunque alla mia colazione british; più che altro, non rinuncio a vedere il nerboruto e sodo brasiliano che lavora nell’albergo  e da due giorni serve la colazione[…]. Si esce. Camden town market. Appena arriviamo ci rendiamo conto essere una succursale italico-turistica. Io la prendo a ridere e mi ci tuffo. Lui no. Tempo un’ora e siamo già alla volta di un altro quartiere di un altro mercato. Piccadilly. Va bene, purché si giri e non ci si chiuda in altri musei. E’ domenica. Domani si parte. Avremmo poco tempo e tanto da vedere e poi io vorrei girare e girare e comprare qualcosa. Ma lui Londra la conosce già e di girare non ha voglia. La tregua porta ad un quadretto già visto: due entità che camminano accanto e si perdono in strade,  angoli,  piazze senza grossa comunione d’intenti. Peccato.

Al rientro si comincia ad ordinare la valigia. Lunedì si parte da Stansted alle 7.30, questo vuol dire mettersi in moto alle 3 di notte in direzione aeroporto. I programmi iniziali prospettano una notte folle e in bianco fino all’ora X. La realtà ci vede (per scelta dell’uomo) nella pizzeria italiana sotto l’albergo, a mangiare una pizza che sa di aria pagandola un fottio di sterline. Alle undici a letto. Io depressa, lui con notevoli sensi di colpa.

Ore 3 svegli, in marcia verso l’aeroporto.

[continua e termina domani…]

 
 
 
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