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Sara
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Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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Post n°227 pubblicato il 29 Febbraio 2008 da sara_1971
Dove bisogna cliccare per bannare un libro? Lasciate perdere le gocce per dormire: bastano quattro o cinque righe di Caos Calmo dopo i pasti per cadere in un sonno profondo e ristoratore. Vorrebbe essere un libro, questo di Sandro Veronesi, sul dolore esistenziale, quello sordo ed implacabile che non si percepisce esteriormente, e invece riesce ad essere solo un polpettone farcito di nulla: tutto sommato una pietanza ipocalorica e poco appetitosa. Innocua, se non fosse per i 17,50 euro spesi. Pietro Paladini, direttore di una pay tv, è un manager di successo che diventa improvvisamente vedovo una mattina d’estate mentre salva la vita a una sconosciuta sulla spiaggia: l’esordio non sarebbe poi malissimo se non fosse seguito da 400 e rotte pagine che tutto fanno fuorché tenere alto il livello di interesse per il seguito della storia. Perché Paladini, presumibilmente sconvolto da un lutto inaspettato, inizia così a trascorrere tutte le sue giornate davanti alla scuola della figlia in attesa che lei esca, diventando un confessore per i personaggi della sua vita, il fratello, il capo, la cognata, la segretaria, che a turno vanno a trovarlo nella sua auto (Sic!), certi che lui sia lì, nei giardinetti davanti alla scuola, ad emanare quiete e a donare preziosi attimi zen. Le colonne sonore dei Radiohead sono il testo più interessante che potrete leggere e questo la dice lunga. La scrittura fluida, purtroppo lontana dall’essere incalzante, accompagna una trama banale, lenta, e personaggi statici. Il ritmo è stonato, la frenesia si disperde, l'ossessione diventa ragionativa, la narrazione indulge alla chiacchiera e per questa perdita di armonia la storia naufraga prima ancora di aver preso il largo. Irritante, sì, irritante è la parola giusta se si pensa che il romanzo ha vinto il premio Strega. Chi ha vissuto un dolore così forte ha il diritto di definire alterigia il voler scrivere di esso senza averlo provato: è sempre sgradevole cercare di spacciare la noia mortale per profondità. Siamo sinceri: il segnalibro viene riposto senza l’ombra di un rimpianto. Il capitolo dedicato alla mail del drogato va necessariamente saltato: nel caso in cui il lettore fosse comunque perversamente intenzionato a farlo proprio, può buttarlo giù tutto d'un fiato, esattamente come certe medicine dal sapore sgradevole. Non c'è anima, non c’è necessità di scrivere in questa cattiva imitazione di Joyce che riesce ad essere solo sintesi pedagogica del destino umano: la sofferenza è raccontata ma mai davvero espressa. Una carrellata di protagonisti falsi, antipatici e inverosimili che non rappresentano la superficialità ma viceversa ne sono affetti, bestemmie che dovrebbero risultare blasfeme e invece strappano una mesta alzata di sopracciglio: il lutto di questa narrazione va elaborato in più giorni affinché ci si possa nuovamente avvicinare ad un libro in serenità. Ma siamo clementi, un personaggio stimolante è Lara che, con rara saggezza, abbandona il romanzo nelle prime pagine. E poi il salvataggio della donna in mare con contemporanea erezione può servire da spunto in qualche film hard, per esempio. Per inciso la scena di sodomia è riuscita mettere di pessimo umore un po’ tutti, sia i perbenisti che gli appassionati del porno: pretenzioso resta il termine più consono ad un libro interessante solo nelle intenzioni e che corre rischi che non riesce a gestire ricorrendo ad un'alchimia che non funziona. Questo è un buon esempio di letteratura di riciclo: da leggere solo se qualcuno ve lo presta. Grazie ma potevamo farne a meno. P.S. Non sarebbe sbagliato se qualcuno ricordasse al logorroico autore che è davvero di cattivo gusto citare se stessi.
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Attenta, non fare danni, yoda2000 è una delle persone con le quali non posso interagire pena la bannazione... sono solo 6 in tutto.
Ti prego, non leggerla, mi odieresti...
La tua sensibilità tocca il mio cuore, recarsi per una settimana sulla tomba del tuo cane fa di te un Uomo, io ho pianto quando ho dovuto dare la mia autorizzazione a praticare l'eutanasia a Miciobestia (la gattina che mi aveva scelto per compagno)... però... però, ragazzo mio, c'è evento ed evento...
La parte corticale del nostro cervello riesce a metabolizzare rapidamente l'addio che ci dà un Animale (la maiuscola non è un errore di digitazione), rapidamente il nostro Io accetta che un animale possa lasciarci.
Ciò che il nostro Io accetta con maggiore difficoltà è che possa lasciarci un nostro simile, qualcuno cioè che ha nel nostro piccolo cuoricino un posto importante.
In quel caso ci viene a mancare qualcuno su cui riversavamo una parte, grande o piccola, della nostra libido. Lo amavamo, diremmo per banalizzare. La nostra psiche ne risulta sconvolta, energie che fluivano in doppia corsia, da noi a lui (o lei) e da lui (o lei) a noi, non hanno più una strada da percorrere, restano ferme alla stazione di partenza, fremono per partire, ma la strada non c'è più.
Succede spesso che queste energie fluiscano verso chi ci ricorda in via associativa colui (o colei) al quale erano destinate: è l'aspetto più terribile! Rischi di metterti nelle mani di uno stronzo (o di una stronza), se questo avviene, quando te ne rendi conto, o cresci o ti ritiri in meditazione sui monti himalayani.
Ipo, ragazzo mio, le parole (per quanto io sia bravo ad usarle) purtroppo non riescono a trasmettere la valenza affettiva di ciò che andiamo a proferire...
Quando penso ad un cane, penso a Cucciolo (abbiamo sempre avuto poca fantasia per i nomi di animali), penso a Lola (mio Dio... Lola!), penso a Wolf. Quando penso ad un gatto penso a Cillo (così lo chiamavamo noi bambini... diminutivo di micillo) diventato poi Cione a casa di mio nonno. Penso a Miciobestia, la già citata bestiaccia (nera come la pece) alla quale ho fatto compagnia per 18 anni. Quando penso a due quaglie trovate in un nido penso a Geppino e a Sisina... che angoscia quando scesi nel giardino di mio nonno non le trovai più. Quando penso a due cocorite penso a Cippo e Cippa, la storia si tinge di tragedia, meglio non ricordare se no maledico ancora una volta mia madre e mio cognato.
Cosa voglio dire?
Che conosco a fondo come una bestiaccia possa irretirci, entra un batuffolino nero in casa tua, per pochi minuti, lo guardi negli occhi, lo carezzi... e ti ha già fregato! Resta lì a vita, una vita che durerà diciotto anni.
Ho già avuto modo di dire che quando un essere vivente che amiamo ci abbandona, la qualità del dolore è identica che si tratti di un gatto (o di un cane), ciò che cambia è la durata del dolore.
Déjà vu
Saruccia, smentisci! Detesto le unghie in disordine...
10 e lode.
Tu mi nascondi qualcosa!
Hai un figlio?
Inseriscimi nella lista dei toui nemici...