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Sara
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Vecchio Paz
Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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Ebbene sì, li ho conosciuti entrambi: Raffaele, che all’epoca era già un dodicenne griffato, ma soprattutto Vanessa, spocchiosa figlia modello di un medico di una sperduta provincia del Sud. Entrambi cresciuti tra gli agi, i desideri soddisfatti prima ancora che fossero formulati, in un turbinio di beni di lusso. Il padre, Francesco, quella notorietà che aveva sempre ambito nella sua professione, l'ha conquistata oggi grazie alle sventure del figlio. E’ sempre stato un genitore esemplare Sollecito e anche adesso continua a tener fede alla sua immagine: studia le carte processuali, fa la spola tra Capanne, via della Pergola (a proposito, il soggiorno gratuito a Perugia del ricco paparino di Raffaele presso una caserma di carabinieri, in qualità di familiare di un componente dell’arma, lo abbiamo pagato noi), lo studio legale, il Tribunale e gli studi televisivi, battendosi sempre con forza per la difesa del figlioletto, riuscendo spesso ad ottenere migliori risultati di quelli perseguiti dagli avvocati lautamente pagati per assisterlo.
Credo (anzi temo) che piaccia perché gli si legge negli occhi quel suo terrore di perdere, dopo la moglie, anche il figlio. Quel figlio cui ha dato tutto, e poi ancora tutto, e poi di nuovo tutto quello che poteva dare. Quel figlio fatto, si vede, di tutt'altra pasta, capace solo di farsi coinvolgere in un omicidio e che adesso, sinceramente, appare a tutti indifendibile. Eppure lui non demorde, tutt’altro, persevera nella sua linea difensiva, lucidando con perizia l’immagine di famiglia per bene che aveva costruito con sfarzo negli anni. Una facciata linda, da cartolina illustrata, dietro cui si annidava il delirio di onnipotenza della figlia, fiera di essere diventata tenente dell’Arma, ed ennesimo orgoglio del salotto di una Bari Bene che vantava una decennale amicizia con il buon vecchio Pinuccio Tatarella (pace all’anima sua e soprattutto all’anima di Benedetto Petrone, casomai l’aveste dimenticato). Una facciata linda attraverso cui il clan Sollecito ha tentato in ogni modo di sensibilizzare quanto più personalità politiche possibili cercando strenuamente di stendere una buona mano di vernice sulla natura criminale del cucciolo di casa (Tanto, si vantano in un sms i due, i soldi fanno andare l'acqua verso l'alto). Peccato che non sia stata forse sufficientemente apprezzata la sopraffina trovata di dare in pasto alla TV pugliese Telenorba il video del sopralluogo della polizia scientifica al fine di screditarne l’operato: pressoché tutti i componenti della famigliola speravano di esercitare pressioni, attraverso politici amici, sui giudici della Corte di Cassazione, perché accogliessero il ricorso dei loro avvocati e facessero trasferire da Perugia alcuni investigatori troppo zelanti che non piacevano al parentame. In base a queste prese di posizione il piano per “far trasferire poliziotti scomodi e chiedere l’intervento di politici di spicco in cambio di favori passati”, di cui ha ampiamente disquisito al cellulare quella stolta di Vanessa, i PM di Perugia hanno preferito chiamarlo violazione della privacy, diffamazione e pubblicazione arbitraria di atti giudiziari e immagini raccapriccianti (Pensate che sfiga! avessero approvato prima la legge sul divieto dell’uso delle intercettazioni, non avrebbero rischiato niente). Francesco Sollecito rappresenta un po’ il distinto padre italiano, disposto a tutto pur di giustificare l’efferato comportamento del figlio, carne della propria carne, sangue del proprio sangue: il destino l'ha fatto nascere tra gli agi e la vita non può riservargli avversità. Non può e non deve. Costi quel che costi. Non certo come quel miserabile Roger Guede, padre in bolletta del famigerato Rudy, l'unico a non arrampicarsi sugli specchi, l’unico a supplicare il figlio di dire la verità, solo la verità, nient’altro che la verità. E così Francesco Sollecito proprio non si rassegna alla sofferenza di Raffa, detenuto ormai da tempo.
“Gioca a calcetto due volte alla settimana, fa esercizi e corre per mantenere il tono muscolare” (fantastico, perché non sky e l’idromassaggio?) ma più passa il tempo più non si capacita del perché lo tengano in carcere”.
Forse è proprio siffatto il problema di questo studente modello, nonché annoiato figlio di papà… non capisce quello che ha fatto... si spera che, riconosciuto colpevole, con l’ergastolo abbia tutto il tempo di comprenderlo, chissà...
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Erba
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