S_CAROGNEAvvertenze: questo è un blog, bipolare come i più comuni disturbi dell'umore |
Sara
AREA PERSONALE
Vecchio Paz
Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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Invecchio, non c'è dubbio. D'altra parte sono mortale anche io. Pensieroni, direte voi!
Quando abbiamo iniziato l'avventura del blog mia figlia era una bimbina di cinque anni. Tra un anno inizierà il liceo.
Insomma, non si scherza più: avrà (sempre più) una vita a me sconosciuta, sarò io a chiederle “Stai con me?”.
Già, le cose cambiano. Nelle ultime settimane ho subito un po' di attacchi esterni, sarà per questo che mi sento vulnerabile. Sarà il tempo.
Prima il ricovero, pochi giorni, ma di quelli intensi, che lasciano traccia.
Poi, rigenerata dal cambio d'anno, dai soliti buoni propositi, dal benessere che deriva dal non desiderare una sigaretta, scopro che al lavoro a stimarmi siamo io e la mia collega preferita: un po' poco, no?
Puff: l'entusiasmo, quello che anche senza il sacro fuoco della passione tiene svegli di notte e eleva gli artisti e gli scienziati dalla massa impiegati insoddisfatti, è svanito. Dovrò trovare un degno sostituto. Invaghirmi per qualcosa, lasciarmi prendere, senza opporre resistenza, senza fare elenchi.
Non intendo riempire le giornate di corsi di inglese, pilates, cucina e di teatro, questo forse lo farò tra venti anni. Boh, leggerò, poi qualcosa mi turberà.
Intanto, per festeggiare la guarigione da un ulteriore malanno (arrivato subdolamente, come Ridge, approfittando della mia crisi), ho deciso di essere meno rigida. Si tratta di una piccola cosa, ma chi mi conosce apprezzerà lo sforzo: in genere non cambio idea neppure sotto tortura. Ta-ta! Ho concesso un telefonino a mia figlia. (Applausi.) Sì, avete letto bene: anche se in procinto di iniziare la scuola superiore non possedeva un telefonino. Perché? Perché sì. E poi perché ho fiducia in lei.
Ora lei ha un suo numero, io ho mia figlia fra i contatti... chissà quante volte non mi risponderà o mi imporrò di non chiamarla per non essere asfissiante, chissà quanti numeri di sconosciuti aggiungerà e poi cancellerà, chissà quante volte vorrà che il suo telefono squilli, chissà che foto scatterà...
Ho letto in rete di una mamma che ha preteso la firma di un contratto. La tentazione è stata forte, ma poi ho pensato di non rovinarle la gioia del momento.
La tematica dello smartphone si colloca ovviamente nel ben più ampio discorso dell'adolescenza. Un nome quasi innocuo per indicare una sciagura che si abbatte su ogni essere umano almeno una volta (due o più se questo diventa genitore). Quando si ha un figlio adolescente si ricorda perfettamente la propria vita alla stessa età. Ricordo infatti gli sguardi compassionevoli che mi dedicava mio padre (mia madre, pratica donna del nord, decise saggiamente di non parlarmi finché non fosse terminato il problema, alle soglie dei vent'anni. Ma questo è il tema del mio analista, lo lasciamo a lui): l'amore non può che essere condito da domande del tipo "Quando finirà? Pensa davvero quello che dice o vuole provocarmi? Avrà davvero il coraggio di uscire vestita in quel modo? Ma quell'unico enorme brufolo che le è spuntato sul viso non poteva scegliere una posizione meno di primo piano? E lei dovrebbe uscire con quello? Che ca**o fa dei soldi che mi estorce?". Ebbene, io ho una enorme fortuna rispetto ai miei genitori: il mio DNA è stato mitigato dall'effetto serra e quindi almeno ma figlia sorride costantemente, un po' anche di se stessa, non crede che il mondo la perseguiti e, soprattutto, non ha Sara come migliore amica.
Erba
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