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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

Avvertenze: questo è un blog, bipolare come i più comuni disturbi dell'umore

 
 

Sara

 

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Vecchio Paz

Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

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Non ho (più) l'età

Post n°189 pubblicato il 20 Gennaio 2008 da sara_1971

C’è una età per tutto. Siamo seri, non si possono riciclare divertimenti tipici dell’era post adolescenziale quando ormai il corpo si ribella a forestiere variazioni dell’essere:  i diversivi  vanno  accuratamente selezionati a seconda della generazione di appartenenza, lo sapete.

Antefatto: ritorna in terra barese Simo, una reproba autodeportatasi a Milano per lavoro, e convoca Sara_1971 per andare a fare un giro. Sospinta da un refolo di mondanità Sara accetta ed esce dal sarcofago.

La missione di Simo credo sia quella di esportare il divertimento notturno lombardo con 10 anni di ritardo, cadendo così in uno dei tanti terribile equivoci televisivi: la vita sociale di un indigeno raramente è esportabile.

In ogni caso Sara_1971 viene trascinata in pellegrinaggio tra locali dal nome carico di storia e tradizioni come il Tavlì, tadadattà et similia (che grazie al cielo il giorno dopo ho freudianamente rimosso) e catapultata tra i transumanti della movida barese.

Primo locale: vengono ordinati due splitz (nome esotico per un italianissimo cocktail alcolico di pessima fattura), le due amiche vengono raggiunte da un gruppetto di vagabondi azzimati amici della reproba che si ingagliardiscono in dialoghi trasversali ed amichevoli. “Ma ciaooo, ma anche tu qui, che hai fatto ieri? che fai dopo? Ci vediamo più tardi con Giacomo eh!”

Secondo locale: vengono ordinati quattro splitz (o spritz o come stramaledizione si chiama), le due amiche vengono raggiunte da un gruppetto di vagabondi azzimati amici della reproba che si ingagliardiscono in dialoghi trasversali ed amichevoli. “Ma ciaooo, ma anche tu qui, che hai fatto ieri? che fai dopo? Ci vediamo più tardi con Giacomo eh!” Variante a ruota di pavone: uno dei vagabondi si ravvia i capelli nello specchio della sua entusiastica ammirazione e asserisce di voler partire per Cuba il prossimo weekend.

Per il racconto dei successivi 8 step è sufficiente copiaincollare le 5 righe precedenti in un efferato crescendo alcolico. Alle ore 4 del mattino la salma di Sara_1971 viene scaricata davanti al cancello del Castelletto Genitoriale. Il cadavere si trascina sui gomiti fino al bagno dove vomita in mistica solitudine.

Nell’ultimo sprazzo di lucidità Sara invia (crede di inviare) un sms ad Erba: “Sto traumata, domani mattina manda tu i pezzi a quello stracciaovaie del Direttore del giornale”.

Coma etilico successivo.

La sveglia suona solerte alle 7.00.

Sara_1971 si convince di aver ancora delle gambe per trasportarsi in bagno e, con la forza che solo la cieca fede può conferire, ci riesce.

Si specchia con timore chiedendosi come mai possa essere ancora perfettamente truccata quando l’ultimo ricordo è quello di essersi passata la costosissima ed indispensabile lozione gommage sul viso (ricordiamo ai lettori meno attenti che Sara_1971 ha un problemuccio immunitario con cui convive da anni). I semplici ingranaggi si mettono con fatica al lavoro ma non trovano spiegazioni plausibili. Nel mentre una ciabattata scivolosa la avverte dell’arrivo della Zia Cortigiana alle sue spalle. Una semplice domanda della anziana donna basta a provocare in Sara_1971 un lungo attimo di panico: “Chi ha usato la mia soluzione per la dentiera?”. Sara_1971 si tocca istintivamente la faccia per capire se c’è ancora qualche brandello di pelle attaccato. Ma non ha il tempo di preoccuparsi come si deve perché un oggetto metallico scintillante abbandonato nel bidet attira la sua attenzione. Il cellulare. Sara lo raccoglie per verificare se sia asciutto. La bustina lampeggiante indica l’arrivo inaspettato di un messaggio. Sarà Erba? Si chiede Sara. E invece no. Si tratta del Direttore del giornale di Frosinone: “Non avere fretta, cara, me li puoi inviare anche nel pomeriggio”.

Ecco.

 
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panglos
panglos il 21/01/08 alle 11:11 via WEB
Una serata particolare.
Sono nuovamente a Napoli per terminare un lavoro lasciato incompiuto durante il periodo Natalizio, è domenica, non so che fare, decido di andare a trovare mia cugina. Opto per la vesuviana, comoda, economica e di sicuro non mi perdo. Trascorro una picavole serata a sorseggiare vino e a pazzeggiare. Giunta l’ora mi precipito al treno per il rientro.
Arrivo trafelato alla stazione. Ad attendere insieme a me c’è un ragazzo col quale comincio a chiacchierare; è da oltre un anno che viene a C. periodicamente per incontrarsi con la sua ragazza. Gli chiedo a che ora passa il treno per S. “alle ventuno e trentotto”, mi stupisco, perché pensavo passasse prima, ma mi dico che forse ricordo male. Arriva un primo treno e mi dice che non è quello; arrivo il secondo treno mi conferma che è quello giusto. Dopo alcune fermate mi alzo per attendere la mia; il treno ferma alla stazione di G., mi assale un senso di inquietudine; G. non era nell’altra direzione? Sperando di sbagliarmi chiedo, mentre si chiudono le porte, ad un ferroviere se il treno va a S., “No, questo va a Napoli”. Alla stazione successiva scendo e comincio a bestemmiare come un turco ateo incazzato contro gli imbecilli che non tacciono invece di sparare cazzate; è notte, non ho una lira in tasca (l’unico postamat del paese è barricato oltre un cancello, accessibile solo quando la posta è aperta), come al solito no ho portato con me il cellulare (accidenti a me!), sono in una zona che non conosco.
Sul pianerottolo che dà accesso alle scale che portano fuori c’è un extracomunitario che ha deciso di trasformarlo nella sua camera da letto. Esco in strada, e mi rendo conto di essere in una periferia degradata; la zona è scarsamente illuminata, a destra e a sinistra montagne di rifiuti costituiscono l’unico arredo urbano.
Ritorno su e chiedo all’extracomunitario se per caso ci sono altri treni che vanno in direzione di S. (io sapevo di no), mi risponde in un italiano approssimativo “si, dall’altro lato”. Perplesso decido di andare a consultare gli orari: ho la conferma che fino al mattino non ci sono treni. Mentre consulto l’orario il ragazzo si affaccia dal pianerottolo e urla “Mi dai due euro?”, con tono irritato gli urlo “non c’ho una lira!”.
Ho solo un’alternativa, oltre a quella di chiedere ospitalità per la notte all’extracomunitario (cosa che mi farebbe correre il rischio di trovarmi al mattino senza scarpe e senza cappotto), andare a cercare un telefono. Mi incammino per la strada semibuia in direzione di un flusso di macchine. Passano due ragazzi in motorino che mi urlano divertiti “Quanto prendi?” a conferma che no sto passeggiando per una delle zone più nobili di Napoli. Ancora passa un’auto, si ferma poco più avanti, inverte la marcia e si ferma dall’altra parte della strada, dall’interno qualcuno guarda verso di me; mi dico “Vai! Se non altro dall’albergo potrai fare una telefonata.”; la macchina riparte, evidentemente la mercanzia non era di suo gradimento; ci resto male, ho sempre pensato di avere un bel sedere, mi dico che probabilmente il montgomery ha impedito che fosse visto in tutto il suo splendore.
Arrivo all’incrocio, il semaforo è rosso; vedo due ragazzi in motorino. Quello che guida potrebbe costituire l’illustrazione perfetta di un trattato lombrosiano: tarchiato, capelli cortissimi, lineamenti del viso duri. Mi avvicino e chiedo dove posso trovare un telefono: mi dice che posso sperare di trovarlo andando a destra, a sinistra non c’è nulla. Mentre cammino, dopo pochissimi minuti, gli stessi ragazzi si fermano accanto a me, mi dico “Ecco, ci siamo, e mo’ chi glielo dice che non ci ho una lira?”. Il ragazzo mi chiede con tono duro, “A chi devi telefonare?”, gli spiego la situazione. Mette la mano nel giubbotto e con mia sorpresa non tira fuori una pistola ma un cellulare. Gli dico che sono disposto ad approfittare della sua gentilezza solo se accetta che gli paghi la telefonata “E telefonat nun se pavan!” mi dice con tono offeso. Deglutisco per la gaffe, e faccio la mia telefonata. Lo ringrazio dicendo quello che penso “Sei stato gentilissimo”.
Ritorno verso la stazione, unico punto di riferimento della zona. Mi sono allontanato troppo, vedo in lontananza un uomo e una donna che discutono animatamente, mi avvicino e chiedo la direzione, mi accorgo che l’uomo è in realtà una donna dal viso devastato.
Aspetto l’auto divertito ricordandomi di quando ambienti simili mi erano familiari.
Arriva la macchina, salgo, torniamo a casa.
 
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