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Keiko: Come un mese fa, cercando una meta per le vacanze……

Post n°21 pubblicato il 02 Settembre 2009 da max_6_66
 
Tag: reoma
Foto di max_6_66

Agosto: è il mio primo giorno di un mese di ferie. Adesso si tratta di trovare dove e come trascorrerle.

La mia curiosità mi ha portato negli anni a vagare per buona parte del mondo. Mete più o meno famose,  spiagge,  città,  foreste,  deserti,  isole. E questo considerando che vivo in Italia e vicino a Firenze, e che quindi ho sempre potuto facilmente usufruire di alcune delle possibilità più interessanti del mondo sia dal punto di vista turistico che culturale. Ma insomma, in poche parole, non riuscivo a decidermi come impiegare il budget (non principesco… ma decente) a disposizione per una vacanza. Una meta interessante e che offra spunti alla mia curiosità, un posto dove non sono mai stato o comunque sono stato poche volte….ah si…! Anche un po’ di sano divertimento,  però non troppa confusione. Un viaggio che sia occasione di svago e di relax, che i giorni passino leggeri e allo stesso tempo interessante, che al mio ritorno mi faccia sentire che ho riportato comunque a casa qualcosa.

Quando ho troppe cose nella testa, quando si crea un ingorgo, un blocco, mi sdraio in giardino, sull’erba, appena finita la cena, e attendo con calma che tutto defluisca nel terreno fino a lasciare il vuoto dentro di me. A volte mi addormento e mi sveglio all’alba pieno di reumatismi, con il gatto dei vicini che seduto a un metro da me mi guarda perplesso. Anche questa volta era successo così. Tolto un pezzo di rampicante che durante la notte mi era cresciuto intorno ad una gamba mi sono alzato. C’era bisogno di una doccia. Mannaggia, non veniva acqua calda. Poco male, questione di fare un ulteriore piano di scale e dare un’occhiata alla caldaia in soffitta. Un cosa già successa, a volte la caldaia si spenge, si risolve tutto in un attimo premendo un pulsante. Nudo e scalzo, stavo salendo le scale quando fatta la seconda rampa un pensiero assurdo mi assale. Sull’ultimo pianerottolo, ci sono due porte, una a destra e una a sinistra, perché la soffitta è divisa in due parti distinte, essendo la casa costruita su due muri portanti centrali che contengono le scale e che la dividono. La porta a sinistra è quella che porta all’antenna TV e alla caldaia, la porta a destra è invece quella che…….che…….che cavolo c’è nella parte destra della soffitta…..? Sono dodici anni che vivo in questa casa è c’è una stanza al suo interno che non conosco….????? Nudo, scalzo, apro la porta alla mia destra ed entro.

Niente di speciale, chissà che mi credevo. Cianfrusaglie, il materiale più vario messo in delle scatole di cartone, alcune aperte, altre chiuse con del nastro adesivo marrone. Intravedo una vecchia scacchiera, mi incuriosisco, nudo e scalzo faccio un passo avanti per guardare meglio. Non ci sono gli scacchi, ci sono solo alcune pedine della dama. Più sotto vecchie copie della settimana enigmistica.

Ho imparato a giocare a dama dal mio nonno paterno quando ancora non andavo a scuola. Non c’è niente di strano, il gioco della dama è estremamente semplice, non c’è nessuna difficoltà per un bambino, anche molto piccolo, nel fare questo gioco. Vincere è un altro discorso, infatti con mio nonno perdevo  sempre, ma nonostante questo dislivello di capacità giocavamo spesso. Io felice di fare un gioco insieme ad un adulto, il mio nonno felice di passare del tempo con uno dei due nipoti maschi. La cosa forse un po’ più strana per un bambino che ancora non è andato a scuola è semmai quella di fare i cruciverba. In realtà ho iniziato guardando il nonno che li faceva seduto in giardino.Lui notando questo interesse mi leggeva tutte le definizioni e mi spiegava le risposte. Dopo poco tempo avevo già imparato a  riempire lo schema su sua dettatura e controllo. Un anno prima di entrare in prima elementare conoscevo già tutte le lettere dell’alfabeto. Solo quelle in stampatello maiuscolo, il carattere che uso da sempre e che ho usato sempre anche a scuola quando me lo hanno permesso. Noto che, nonostante porti una data di trentotto anni fa, la settimana enigmistica nello scatolone è identica a quella comprata la settimana scorsa. Ne ho una copia nuova perché ancora adesso sono un grande appassionato. Penso che la dama e i cruciverba mi piacciano perché  nella loro semplicità mi riportano ad alcuni dei giorni più felici della mia vita.

Il Quadro dello zio in africa. Questo non è in una scatola, è appoggiato per terra. Non è nemmeno mio zio perché mio padre e mia madre sono figli unici. Si tratta del marito della sorella di mia nonna, lo zio di mia madre. Faccia abbronzata, occhi talmente azzurri che risaltano anche in una vecchia foto in bianco e nero, uniforme chiara coloniale, sul suo cammello nel deserto Egiziano. Sembra il Peter O’Toole di Lawrence d’Arabia, ma molto più bello. Vicino al quadretto la foto di mia nonna con sua sorella (la moglie dello zio) poco più che diciottenni. Una foto che mia nonna mi faceva vedere sempre, per farmi vedere quanto era bella da ragazza. Non mi faceva vedere un album fotografico, mi mostrava le sue due foto. Perché allora di foto così, fatte in studio, sfumate e ritoccate, che sembravano personaggi dei primi film muti, stesso trucco e sorriso, ne facevano una o due nella vita. La seconda di mia nonna è quella del matrimonio, dove l’unica variante è ovviamente quella di avere vicino mio nonno invece della sorella. Se ne avesse fatte altre mille, anzi duemila con una digitale a 12 pixel e due giga di memoria le più belle sarebbero state comunque quelle due.

Inizio ad aprire le scatole.

Le costruzioni Lego, il Pongo e il Meccano. Beh, la plastilina oramai si è come pietrificata. Erano i miei giochi preferiti, preferenza questa ereditata da mio fratello, nonché regali del nonno paterno quando il sabato veniva a trovarci. Geniale meccanico, in grado di fare tutto partendo nulla. Mi piacevano perché costruivi da solo tutto quello che vedevi, che immaginavi, che sognavi. Mio fratello già incastrava ingranaggi per costruire gru, astronavi spaziali e marchingegni dal funzionamento miracoloso che io invece ancora mi dedicavo a costruzioni astratte e surreali alle quali associavo significati comprensibili solo per me.

Uno scatolone con tutte le mie pagelle e soprattutto con i quaderni di scuola. Dai pensierini di tre righe ai temi delle superiori, fino ad una brutta copia del tema della maturità. Questa collezione è merito di mia madre, appassionata lettrice, soprattutto ovviamente degli scritti strampalati del figlio minore. Strampalati perché fin dalla tenera età scrivevo quello che mi passava per la testa, come un fiume in piena. In modo estremamente corretto, precoce e in stampatello, avendo già alle elementari una invidiabile e pluriennale esperienza di cruciverba. I libri di Salgari sono poco lontani, vicino ad una vecchissima Bibbia, risalgono ad anni precedenti alla scuola, le letture che mia madre mi ha fatto la sera prima di addormentarmi per molti anni della mia fanciullezza. Il problema era che mi piacevano talmente tanto che non mi addormentavo mai. Seguono i primi libri che ho letto da solo, a dir poco eterogenei tra loro, una edizione condensata de I Promessi Sposi, il Piccolo Principe, Tropico Del Cancro e Papillon. Per fare un parallelo gastronomico come dire un panino Nutella e acciughe, impanato, fritto e guarnito con una fragolina su un ciuffo di panna e servito con le patate al forno e la marmellata.

Non c’ rimasto altro, solo le pareti della soffitta, La soffitta della mia casetta, acquistata perché  qualcuno ha alimentato fin da piccolo la mia indipendenza, la mia sete di libertà. La mia nonna Paterna e le vacanze insieme a lei, in Versilia, quando pur essendo appena adolescente mi lasciava le chiavi di casa strizzandomi l’occhio quando uscivo la sera. Tutte le storie che mi raccontava della sua vita, tutte le decisioni che aveva preso esclusivamente ascoltando quello che sentiva dentro. Mi diceva che non esistono le persone che vanno controcorrente, perché ognuno di corrente ha la sua. Dopo la sua scomparsa mi aveva lasciato dei soldi in eredità, non molti, ma insieme ai miei risparmi e al classico mutuo mi hanno permesso di comprarmi una casa per andare a vivere da solo, costruire la mia vita. La casa poi l’ho dovuta ristrutturare.

L’abbiamo ristrutturata io e mio padre. Mesi di sudore e lavoro insieme alla persona che mi aveva insegnato il valore di queste due cose. La fatica di quando si costruisce qualcosa è un cosa che  appassiona. Tutto quello che ho fatto fino ad ora l’ho fatto grazie a chi mi ha fatto capire questo.

Tutte queste persone, tutto quello che hanno fatto per me da un secondo prima che fossi, a un secondo fa, continua a scorrermi davanti ancora per un po’, fino a che esco dalla stanza, entro nella porta di fronte, faccio ripartire la caldaia. Devo fare velocemente la mia doccia, tra un’ora rientro al lavoro.

 
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