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Post n°129 pubblicato il 12 Febbraio 2010 da max_6_66
 
Tag: franca
Foto di max_6_66

 “Tocco la tua bocca, con un dito tocco il bordo della tua bocca, comincio a disegnarla come se uscisse dalla mia mano, come se per la prima volta la tua bocca si aprisse, e mi basta chiudere gli occhi per disfare tutto e ricominciare, faccio nascere ogni volta la bocca che desidero, la bocca che la mia mano ha scelto e... ti disegna sulla faccia, una bocca scelta tra tutte, con la sovrana libertà che scelgo per disegnarla con la mia mano sulla tua faccia, e che, per un azzardo che non cerco di comprendere, coincide esattamente con la tua bocca che sorride sotto quella che la mia mano ti sta disegnando”

Cos’è la “statura” di un uomo. La sua altezza, il risultato di cellule che si riproducono seguendo una mappa segreta all’interno del nostro corpo, che dalla nascita fino al termine dello sviluppo dell’individuo provocano una vera e propria crescita. In alcuni casi questo processo non ha mai termine, per una disfunzione. Una malattia, che accomuna Julio a Primo Carnera. Il gigantismo che permetteva al mitico pugile di non cadere mai al tappeto e a Julio di cadere e rialzarsi sempre. Me equivoco y caigo me levanto y reinicio el camino. Ma questa non è l’unica malattia con la quale Julio si è dovuto misurare nella sua vita. E’ il 1982, quando insieme alla compagna Carol, scopre che qualcosa di grave ha segnato il loro destino prossimo, ha deciso che il loro orologio si fermerà molto presto. E cosa fanno…? Prendono un camper (che chiameranno Fafner) e decidono di percorrere lentamente l’autostrada da Parigi a Marsiglia, facendo sosta in tutte le aree di servizio, pernottando  alternativamente in una di esse e tenendo uno scrupoloso diario di viaggio. Un diario che a malapena il tempo a loro concesso permetterà di portare a termine e che chiameranno “Los autonautas de la cosmopista, cronaca di un itinerario atemporale.” E il corpo di Julio, intanto, continuava a crescere

“Mi guardi, da vicino mi guardi, sempre più da vicino e allora giochiamo a fare il ciclope, ci guardiamo tanto da vicino che i nostri occhi si allargano, si attaccano tra di loro, si sovrappongono e i ciclopi si guardano, respirano confusi, le bocche s’incontrano e lottano nel tepore, si mordono con le labbra, appoggiano appena la lingua tra i denti, giocano nei loro recinti là dove un’aria pesante va e viene col suo profumo antico e il suo silenzio.”

Julio aveva un fratello. Non si erano mai visti, ma non importava. Aveva un fratello che andava per i monti mentre lui dormiva. Lo amò molto e a modo suo. Gli rubò la voce, libera come l'acqua. Camminò a tratti vicino alla sua ombra. Non si erano mai visti, ma non importava. Suo fratello sveglio, mentre lui dormiva. Suo fratello che mostrava, al di là della notte, la sua stella prescelta.

Non era veramente suo fratello, ma lui lo definiva con queste esatte parole. I monti per furono in principio quelli della Serra Maestra e alla fine quelli della Bolivia. Le montagne successive erano cumuli di magliette con il suo volto disegnato sopra.

E il corpo di Julio, intanto, continuava a crescere

“Allora le mie mani cercano di immergersi nei tuoi capelli, di accarezzare lentamente la profondità dei tuoi capelli mentre noi ci baciamo come se avessimo la bocca piena di fiori o di pesci, di movimenti vivi, di fragranze oscure.”

Al termine delle sessantasei stazioni di servizio incontrate sull’ autostrada da Parigi a Marsiglia, Julio accostò il camper. Era il 12 febbraio 1984. Aprì la portiera, scese, si incamminò lungo un prato. Oramai solo, perché la sua compagna Carol l’aveva preceduto, anche se di poco. Si incamminò per raggiungerla. Passavano i minuti, le ore, la figura di Julio era sempre più lontana. Ma siccome il corpo di Julio, per il motivo che dicevo prima, per la malattia che lo affliggeva dall’infanzia, continuava a crescere,  nonostante fosse oramai molto distante, l’orizzonte faceva fatica a confondere, a far scomparire la sua figura.

Molti si recano il 12 Febbraio a Montparnasse, posando su una lastra di pietra con la sua foto un bicchiere di vino e il biglietto del metrò. E’ diventata una tradizione. Una volta, molti anni fa, l’ho fatto anche io. Poi, lo scorso anno, tornando da Parigi in auto, ho notato un camper abbandonato al lato della strada con la portiera aperta. Mi sono fermato pensando che ci fosse qualcuno in panne o bisognoso di aiuto, sono sceso dall’auto, stupito dal fatto che la natura e le piante avevano avvolto il mezzo ed erano fiorite al suo interno. Come se fosse fermo in quel punto da più di venti anni. Stavo quasi per andarmene, quando guardando verso il prato che costeggiava l’autostrada, ho avuto come l’impressione di vedere qualcuno, che si allontanava camminando verso l’orizzonte.

“E se ci addentiamo, il sapore è dolce, e se affoghiamo in un breve e terribile assorbirsi dell’alito, quell’istantanea morte è bella. E c’è una sola saliva e un solo sapore di frutta matura, e io ti sento tremare su di me come una luna nell’acqua.”

Julio Cortazar

 
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