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volare l'aquilone

Post n°220 pubblicato il 06 Luglio 2010 da max_6_66
 
Foto di max_6_66

Mai fatto sport, per quaranta anni, fino al giorno in cui mi sono trovato in tuta ginnica e runners, prima camminando, poi accelerando il passo, fino ad arrivare in capo a dieci minuti a corricchiare. Una sofferenza atroce, durante questa primo tentativo e per tutta la settimana successiva, la sensazione che uno schiacciasassi mi fosse passato sopra. Comunque ho continuato, con la variante della bicicletta nel periodo estivo. Perché quando corro non mi da fastidio il freddo, il vento. Quando addirittura piove mi piace moltissimo. In bicicletta mi piace il bel tempo. Dopo quattro anni, non mi succede più di avere dolori muscolari, ma comunque la fatica fa sempre soffrire. E’ una prerogativa dell’età adulta, da bambini non si prova nessuna fatica a correre. Si corre, a volte per l’intera giornata, sudando, rincorrendo un pallone, rincorrendo qualcuno, o semplicemente correndo perché quello è il tuo passo. Mi sono ricordato di questo particolare relativo alla giovanissima età perché ho molti amici sposati con figli piccoli che ho visto crescere. E quindi ho notato che subito dopo i primi passi, i bambini piccoli non cominciano a camminare, ma a correre. Bisogna aspettare un po’ di tempo perché si tranquillizzino e siano in grado di camminare con calma e compostezza.

Ieri sono stato al mare. Giornata splendida e preziosa, una rarità che ho cercato di godermi pienamente vista la quantità di impegni dei prossimi fine settimana di luglio. La cosa che mi è rimasta però maggiormente impressa di questo sabato è stata una frase ascoltata casualmente. Mentre osservavo un signore che faceva volare altissimo un aquilone enorme in riva al mare, mi è arrivata da dietro la voce del figlio dei miei vicini di ombrellone, che osservando la stessa scena si chiedeva che cosa ci fosse mai di divertente nel fare quella cosa.

L’aquilone. Mia nonna faceva la sarta. Mio padre, che è nato poco prima della guerra, li costruiva con la carta velina usata da mia nonna per fare i modelli e le canne che crescevano lungo i fiumi o i fossi di irrigazione. E’ un segreto che ha rivelato a me e mio fratello, durante le vacanze estive molti anni fa, osservando i nostri infruttuosi tentativi di costruirlo e per rispondere a una nostra richiesta di comprarne uno già fatto in qualche negozio. Perché io e mio fratello eravamo invece nati negli anni sessanta, dove oramai un nuovo modo di pensare imponeva che le cose migliori erano quelle che compravi. E che anzi, più le pagavi e più erano buone. Nello stesso tempo però, eravamo anche abituati a giocare costruendo. Tutti i giochi più famosi a quel tempo, dal Lego al Meccano, passando per il Pongo, ti facevano divertire proprio mentre costruivi. E quando addirittura la costruzione terminava, il gioco era oramai finito. Quindi, una volta avuti questi suggerimenti, tra reperire il materiale, progettare e realizzare l’aquilone, una settimana di divertimento era assicurata. Quando la sera andavo a dormire, non vedevo l’ora che arrivasse il mattino successivo per riprendere una nuova fase di questo progetto, e durante tutte quelle notti, ho sempre sognato di essere nei campi di grano davanti a casa mia con un filo in mano alla cui estremità opposta c’era l’aquilone che volava.

Una settimana di tempo non è un periodo esagerato per costruire un aquilone. Bisogna prima capire la forma e le dimensioni che dovrà avere, fare dei disegni, procurare il materiale. Va poi costruito lentamente, facendo seccare bene la colla. E anche una volta costruito, bisogna colorarlo, realizzare le code e tutti gli abbellimenti che sono parte integrante del gioco. Se termini di costruirlo in anticipo devi poi aspettare che arrivi sabato. Perché quando devi far volare per la prima volta il tuo primo aquilone, bisogna che sia almeno sabato.

Non è difficile far volare un aquilone comprato per pochi euro sulla spiaggia. Come ti metti con il vento alle tue spalle, la leggerissima costruzione in nylon e tubi di plastica si alza da terra. Facendo muovere leggermente la punta, guadagna velocemente metri in altezza. Con un aquilone fatto di carta velina e canne svuotate, la cosa è un po’ più complicata. In giornate mediamente ventose, non trova la corrente che riesce a farlo stare in aria se non dopo almeno cinque metri o anche più di altezza. E per farlo arrivare fin li, il vento necessario lo devi creare correndo. Ma la cosa, come tutte quelle di molti anni fa, è ancora più difficile. Come le automobili delle comiche, che venivano avviate a manovella. Non si tratta semplicemente di correre controvento con in mano un filo a cui è legato l’aquilone. A volte può non bastare. Quando non c’è troppo vento, c’è la necessità di una seconda persona che corra con l’aquilone in mano e lo lanci verso l’alto quando arriva il momento giusto. E anche il conduttore in questa fase deve essere bravo, dando degli strattoni con le braccia per creare quella frazione di contrasto contro l’aria che gli permette di guadagnare un metro di altezza per volta. Non ricordo quanto ho corso quel sabato. Probabilmente per l’intera giornata. Ricordo bene però che non ero stanco.

Il destino dei giochi è quello di essere ospitati in menti volubili. Ricordo di non aver continuato per molto tempo a volare aquiloni. Non è un errore di scrittura. Gli aquiloni non “si fanno volare”. Gli aquiloni “si volano”. Dimenticavo la cosa più importante. Fino a che non la impari, il tuo aquilone di carta non si alzerà mai dal suolo. Perché quel sabato, dopo le prime inutili corse, io e mio fratello vicini alla resa ci siamo rivolti a mio padre dicendo che non riuscivamo a “far volare” l’aquilone. Fu qui che ci disse che non ci saremmo mai riusciti fino  che non l’avessimo “volato”. La differenza me la spiegò, ma è un po’ difficile da raccontare, anche se è semplicissima da capire. E’ un po’ come quando sta per succedere il tuo primo amore. Passi giornate intere a decidere, a pensare, a studiare cosa farai e gli dirai durante il tuo primo appuntamento. Tutte cose che quando sarai li puntualmente non farai e non dirai. Però all’improvviso succederà. Perché anche per l’aquilone, ci devi sentire qualcosa per far si che si alzi e voli.

Nel settembre successivo, presi il mio primo cinque a scuola. Nel racconto delle vacanze, che rappresentava un grande classico dei compiti estivi, un impietosa correzione fatta con la penna rossa sottolineava la mia frase “ho volato l’aquilone”. Vaglielo a spiegare alla maestra. Era anche zitella.

 
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