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Come una puzzola rovesciata sul dorso

Post n°288 pubblicato il 02 Marzo 2011 da max_6_66
Foto di max_6_66

Manca l’orario. O meglio, c’è la targhetta attaccata al palo con le consuete fascette, ma è vuota. Scritte a pennarello, messaggi di adolescenti, tvb, qualche simbolo o inneggiamento politico scarabocchiato dai soliti che dimostrano con questa evidenza di ignorarne il significato. Tutto nella norma, come il fatto di essere qui ad aspettare. Perché alla fermata dell’autobus ci si sta per aspettare. Si, ma “quanto” si deve aspettare.

Quando l’estate è finita da tempo, e anche l’autunno cammina di passo spedito già da diverse settimane, non è raro sentire come un ronzio intorno al lampadario, intramezzato da piccoli colpi secchi, come di quando si batte l’unghia del dito sul tavolo. Mentre ti avvicini per cercare di capire di cosa si tratta vedi un qualcosa di piccolo che precipita a terra, sul pavimento. Come un gigante ti chini e scopri che si trattava di un insetto verdino chiaro. Mantieni la distanza perché hai imparato fin da bambino che se lo tocchi o lo infastidisci, la bestiola emana un odore pungente e schifoso. Non so il nome corretto o scientifico di questi animalini, ma a causa di questa arma di difesa piuttosto antipatica, fin da bambino ricordo che le abbiamo sempre chiamate Puzzole. E quando ne vedi una, la puoi solo osservare, a debita distanza, cercando di non scatenare questa reazione.

Nei momenti di difficoltà o di confusione mentale in genere può essere di grande aiuto la condivisione. Avere un problema da soli è molto più opprimente che non averlo almeno in due. Quindi avevo provato un certo senso di consolazione quando davanti al palo di ferro della mia fermata dell’autobus senza autobus ero stato raggiunto da una signora. Prima di tutto, se qualcun altro era arrivato a quella fermata, le possibilità dell’arrivo prima o poi di qualche autobus erano aumentate. Io non sono un frequentatore assiduo dei mezzi pubblici, quindi avrei potuto sbagliarmi, magari aspettando ad una fermata soppressa, o dove quel giorno o a quell’ora non passano mezzi. La signora mi sembrava invece un frequentatore abituale, e la speranza si era quindi subito alimentata con questa sensazione. Dopo i primi minuti di imbarazzato silenzio mi ero fatto avanti con un sorriso “Signora, quando passa…?”. Lei aveva risposto al mio sorriso in modo materno “Passa….”.

Di prima mattina ci metti un po’ a riconoscere il ronzio e i colpetti secchi sul lampadario. Avevo socchiuso gli occhi, come per mettere meglio a fuoco, poi l’avevo vista cadere giù. Mi ero a quel punto piegato sui ginocchi per trovare una conferma al ricordo finalmente apparso. Era proprio una Puzzola. Ed era girata sul dorso. Penso che questa sia la cosa peggiore che possa capitare ad un insetto di questo tipo. Per i primi secondi muove le zampette, come per un estremo tentativo di capovolgere la propria massa, poi si ferma, consapevole del fatto che il suo destino è segnato. La conformazione di questo tipo di insetti è crudele. Se sono sul dorso non possono muovere le ali, non possono fare niente. Solo rimanere in quella posizione. Certo, se entrano in casa proprio in questo periodo è per tentare di sfuggire ad un imminente freddo al quale non sopravviverebbero, ma quella è la normalità della natura, scommetto che nemmeno soffrono. Trovarsi invece ribaltati sulla schiena, con la sola prospettiva di attendere lentamente la fine, è una fregatura.

La signora continuava a sorridere, costringendomi a fare altrettanto. Non potevo davanti alla sua tranquillità manifestare la mia irrequietezza, la mia crisi interiore, dovuta al semplice fatto che mi trovavo ad una fermata ad aspettare per un tempo che mi sembrava ragionevolmente eccessivo. Anche se effettivamente, quando la signora era arrivata, aspettavo già da molto, probabilmente un’ora. E altrettanto tempo lo avevamo passato scambiandoci questi sorrisi. Per fortuna erano arrivate altre persone. Una famigliola, padre, madre, figlio di cinque, forse sei anni. Un problema in cinque è meglio di un problema in due. Forse con loro avrei potuto un po’ sfogarmi e condividere qualche lamentela sul fatto che l’ autobus che non arrivava. In realtà, pur essendo evidente che anche loro si trovassero li per lo stesso motivo, appena arrivati avevano aperto un piccolo tavolo da campeggio, e vi si erano seduti davanti con tre piccole sedie di legno. La madre aveva tirato fuori dalla borsa delle cose da mangiare, il padre aveva messo sul tavolo un fiasco di vino, e avevano iniziato a pranzare. Come unica risposta al mio sguardo perplesso, ne era venuto un invito ad assaggiare qualcosa, che non ero riuscito a rifiutare con le parole, perché non me ne venivano, ma attraverso il solo diniego espresso con un cenno del capo.

Cosa pensa una Puzzola girata sul dorso. Si fa prendere dall’ansia e dalla tragicità del momento? Oppure si vede semplicemente passare davanti tutta la vita trascorsa, fatta di voli radenti sui prati, di brevi e fruttuosi amori, perché breve è comunque la vita che il destino riserva anche a quelle che non si trovano in questa tragica situazione, costringendole intanto alla continuazione della specie, poi si vedrà. O chissà se spera in un miracolo, in un soffio di vento che la sbatte e la rivolta in aria, permettendole questa volta di schiudere le ali prima della ricaduta e di uscire da questa situazione. Forse in un gigante che passava da quelle parti, e che chissà se per gioco o perché si è intenerito, con uno steccolo la capovolge, permettendole di fare giusto qualche passetto sul duro del suolo,  per convincersi che la prospettiva si è ribaltata, chiudere gli occhi, fare un respirone e partire. Si, perché gli insetti in fase di decollo chiudono gli occhi e inspirano profondamente. Lo so per certo. So che per prendere il volo funziona così. Una volta ho provato. Ricordo benissimo che ero proprio su un prato. Ad un certo punto avevo chiuso gli occhi, avevo ispirato forte con il naso ed avevo iniziato a correre muovendo le braccia come se fossero le ali di un uccello. Sono sicuro al mille per mille che ad un certo punto non c’era più la terra sotto i miei piedi. Poi avevo riaperto gli occhi e mi ero fermato, ritrovando la certezza del terreno sotto di me.

Erano tutti troppo tranquilli e sereni a quella fermata perché potessi fare qualcosa. Non mi veniva in mente niente che potesse risolvere la situazione. Che figura ci avrei fatto. Non esisteva niente che la mia razionalità potesse mettere in campo per uscirne dignitosamente. Ero in trappola, catturato da una situazione che non mostrava vie d’uscita. E se non fosse passato nessun autobus per tutto il giorno? E se la stessa cosa si fosse ripetuta anche il giorno successivo? E se da quel momento fossi rimasto così prigioniero, davanti ad una fermata davanti alla quale non sarebbe mai passato nessuno? Poi la mia mano aveva colpito la fronte, con il tipico gesto di chi esce lasciando il gas aperto e mi ero diretto a grandi passi verso casa mia, poco distante, tra i sorrisi di quelle persone. Davanti alla porta avevo indugiato, osservando tra l’erba del giardino, per poi raccogliere un piccolo rametto, ero entrato di corsa in casa, dirigendomi verso un punto preciso del pavimento della cucina, con la stesso respiro pesante di chi corre per salvare una vita all’ultimo minuto. Ma la Puzzola non c’era.

Ero immobile, come chi capisce improvvisamente che tutta una serie di convinzioni, o supposizioni a questo punto, che lo hanno accompagnato per tutta la vita non sono vere. Rimaneva da fare un’ultima prova. Avevo così aperto la finestra di cucina, aspettando che l’aria fresca penetrasse nella stanza. Non erano passati nemmeno due minuti, che avevo sentito un rumore impercettibile, come di palpebre minuscole che si chiudono, subito seguite da un ronzio sicuro. Una frazione di secondo prima di vedere qualcosa che se ne volava a tutta velocità fuori dalla finestra.

Il tempo di richiudere la finestra e tornare a grandi passi verso quel palo di ferro davanti al quale avevo aspettato per tutta la mattina, che era sopraggiunto dietro di me lo sbuffo delle porte a soffietto. Seduto sull’autobus, pensando che per una puzzola che ricade sul dorso la situazione è molto complicata, ma non impossibile.

 
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