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la centralina

Post n°168 pubblicato il 10 Aprile 2010 da max_6_66
 
Foto di max_6_66

Traffico, coda. Due cinquecento identiche hanno fatto scopa (si sono tamponate). No, adesso che dopo una mezz’oretta riesco a sfilare al loro fianco vedo che si assomigliano solo superficialmente. Il colore è lo stesso, ma una è recente e l’altra è il glorioso modello originale. Ce ne aveva una identica la sorella di mia nonna, una persona straordinaria che ho frequentato molto da bambino e che chiamavo zia. I fratelli e le sorelle dei miei nonni in realtà li ho conosciuti e frequentati tutti, ed essendo mio padre e mia madre figli unici, li ho sempre chiamati tutti zio e zia. La mia zia Rina, quando arrivava l’estate e si passavano le serate seduti fuori casa a chiacchierare, ogni tanto si alzava perché gli veniva voglia di andare a bere un caffè al Forte dei Marmi. Andava verso la sua cinquecento, faceva salire chi si faceva trascinare nell’avventura, e partiva. Stiamo parlando della fine degli anni sessanta e si trattava di fare la Firenze-Mare fino a Pisa (odierna Pisa Nord) più una svariata serie di chilometri della vecchia e gloriosa Statale Aurelia in direzione Genova (la bretella di Viareggio non esisteva ancora essendo stata costruita negli anni settanta). Penso che non tornassero prima dell’una di notte. Non è esagerato chiamarla avventura, perché le auto e le strade di allora erano differenti da quelle di adesso. E alla cinquecento, quando si facevano questi viaggi, si apriva lo sportellino posteriore per far prendere più aria al motore. E soprattutto bisognava essere pronti per ogni evenienza, dalla semplice foratura fino alla macchina al bordo della strada con il cofano aperto e una persona piegata sopra per capire cosa fosse successo. Ma non era un problema. Le macchine di allora si riparavano e le persone avevano tempo, capacità e soprattutto necessità di farlo.

Quindici giorni fa ho comprato una nuova stampante a getto di inchiostro. Ne ho chiesta una al commesso di buona qualità e mi ha indirizzato ad una stampante da trenta euro. Costava meno delle sue cartucce di ricarica. Effettivamente è ottima e ne sono molto contento. A parte il fatto che dopo una settimana ha smesso di funzionare. Nessun problema, ho telefonato all’apposito call centre e me ne hanno spedita un’altra nuova. “Quella vecchia (una settimana…) la può buttare, ovviamente deve essere smaltita secondo le modalità previste dalla legge”. Per qualche giorno ho fatto attenzione lungo la strada a individuare l’apposito cassonetto “per stampanti nuove e già guaste”, ma non l’ho trovato. E comunque, anche se esistesse, non ne avrei avuto il coraggio. Sul tavolo davanti a me ho due stampanti: una funzionante e collegata al computer e l’altra da riparare. Ogni tanto la collego, con la speranza di sentirla scarrellare come durante la nostra prima settimana di collaborazione.

Mio padre non ha mai amato l’autostrada Firenze-Mare. Non so se ciò fosse dovuto all’origine fascista della seconda autostrada costruita in Italia o ad una predisposizione caratteriale a non farsi incanalare nella coda dei primi esodi di massa degli anni settanta, quando anche le famiglie di operai come la nostra trascorrevano una settimana o due d’agosto in ferie. Ha sempre odiato il traffico. Forse però, era anche per non perdere l’occasione di percorrere una statale, da casa nostra fino a Marina di Cecina, che attraversa uno dei paesaggi più belli della Toscana collinare. Ferragosto millenovecentosettantuno, Padre, Madre, due figli piccoli, una R4 con cambio sul cruscotto, carica fino all’inverosimile. Appena lasciato l’Arnaccio e imboccata la Collesalvetti inizia un temporale estivo proprio quando stiamo attraversando Vicarello. L’acqua corre per la strada. Improvvisamente il motore dell’auto si ferma, e mio padre fa appena in tempo a premere la frizione e accostare d’abbrivio ad un distributore di benzina.

Quando termina la batteria al cellulare, non si cambia. Si compra il cellulare nuovo. Anzi, se si cambia gestore ce lo regalano insieme a venti minuti di conversazione al mese, duecento sms, un cartoccio di bresaola della Valtellina. Quando un giocatore di calcio comprato per cinquantamilionidieuro e che guadagna diecimilionidieuro non gioca in modo soddisfacente si da via in cambio di un altro che costa sessantamilionidieuro, pagando la differenza. Quando moglie e marito litigano perché d’estate uno vuole andare al mare e l’altro in montagna, si lasciano per incompatibilità di carattere e si scelgono un compagno nuovo mettendo un annuncio su Libero indicando la “vacanza OK” e quella “KO” sul proprio profilo. Chissà se anche in questi casi ci scappa il cartoccetto di bresaola.

Il babbo e il benzinaio, cofano aperto, si accarezzano il mento con indice pollice e medio, come fanno le persone che cercano di capire e risolvere. La mamma che fa un giochino con le parole con me e mio fratello, come si faceva allora con i bambini quando si doveva fare un viaggio e dopo cinque minuti iniziavano già a chiedere quanto mancava ad arrivare.

Ne ho parlato anche con mio fratello del fatto della stampante guasta. Oltre il fatto che è uno scienziato, l’elettronica è proprio il suo pane. Il problema è che una riparazione di questi apparecchi costa quarantacinque euro l’ora, quindi costando la stampante trenta è evidente che ripararla costa di più. E poi non è detto che si possa fare. I componenti sono talmente miniaturizzati che può darsi non sia possibile intervenire.

Al distributore di Vicarello mio padre prova ad accendere l’auto e miracolosamente riparte. Lui e il benzinaio non sono però soddisfatti, vogliono capire. Il problema ha sicuramente a che fare con l’acqua e l’impianto elettrico, probabilmente da quando la macchina è stata al riparo tutto si è asciugato ed è ripartita, ma se non si capisce, se non si risolve, succederà di nuovo. Un Cliente, anche lui con una R4, appena terminato il suo rifornimento si avvicina e parlotta con i due. Iniziano tutti a sorridere soddisfatti. Il benzinaio corre verso un bidone dell’immondizia, inizia a ravanare al suo interno fino a che non ne estrae un barattolo di pelati vuoto, con delle forbici da lamiera lo taglia longitudinalmente a metà. E’ della misura perfetta per proteggere lo spinterogeno dagli schizzi d’acqua che arrivano da sotto l’auto. Strette di mano e si riparte verso Marina di Cecina.

Dopo aver oltrepassato l’incidente delle due cinquecento accosto e scendo, per vedere se i due hanno bisogno di aiuto. Per fortuna è stato il modello vecchio che ha tamponato quello nuovo, quindi i due vani motore non sono stati danneggiati. Il padrone di quella più vecchia armeggia, addirizza a calci un parafango, riparte. L’altro non riesce ad accenderla. Tutti guardiamo il mezzo e scuotiamo il capo. Sarà sicuramente danneggiata una centralina. I meccanici dicono sempre così da qualche anno. Si cambia la centralina e si riparte. E se non si riparte vuol dire che allora è anche “l’altra” centralina che deve essere cambiata. E si cambiano centraline fino a che non si risolve. Una centralina è uno scatolotto di latta e plastica dove nessuno sa quello che c’è dentro. Si sa solo che una centralina non si può riparare. Una centralina si cambia. Costa cinquecento euro. Se ne compri due (tanto prima o poi se ne guasta un’altra) ti regalano un cartoccio di bresaola.

 
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