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mele

Post n°122 pubblicato il 07 Febbraio 2010 da max_6_66
 
Tag: Lori
Foto di max_6_66

Devo trovare il modo. Non ho bisogno di mettere nero su bianco niente, di fare la spesa con un foglietto, di organizzare la mia giornata successiva quando vado a dormire. La mia settimana è sempre piuttosto frenetica. Impegni lavorativi che mi portano spesso in giro per la Toscana o per l’Italia, una casa e un giardino piuttosto “impegnativi” che curo da solo,  molti interessi che riempiono le mie serate. Ma nonostante questo, tutto procede discretamente. Difficile che al mattino mi svegli accorgendomi che ho finito il caffè o che non sappia esattamente cosa c’è o manca nel frigorifero. Non si tratta di memoria, quanto di un sistema ottimo e consolidato, talmente efficace che riesce a funzionare anche con una persona dotata di distrazione a livelli patologici. Livelli patologici perché non è una cosa normale dover rientrare in casa tutte le mattine da venti anni a questa parte perché ci si accorge di aver dimenticato il cellulare, oppure chiudersi fuori casa per almeno tre volte la settimana, dimenticando sistematicamente l’angolo di giardino dove si sono nascoste le chiavi di emergenza. Prove inconfutabili che è il sistema che funziona. Il problema è che non c’è margine di manovra. Cambiare un piccolo particolare rischia di distruggere l’intero castello di carte.

La spesa settimanale è collocata in un esatto spazio di tempo che sta tra il pranzo del sabato a casa dei miei e il rientro a casa in tempo utile per terminare le pulizie della camera da letto e iniziare ad organizzare la cena. E’ sufficiente un ritardo di mezz’ora, o una cena più impegnativa del solito per farmi dimenticare qualcosa e scombinare tutto, per far si che al mio rientro in camera a tarda ora, mi accorga di avere le finestre spalancate al gelo artico ed il letto da fare. Capita molto raramente però, quindi fino ad ora potevo ritenermi soddisfatto. Ma in questo momento, mentre sto facendo la spesa, esattamente nel reparto frutta e verdura, mi rendo conto che oramai non posso più nascondere la testa sotto la sabbia.

Il supermercato dove faccio la spesa ha un reparto frutta e verdura sempre bello e invitante. Fa eccezione solo il sabato dopo pranzo, quando un reggimento di clienti del sabato mattina ha già fatto razzia, quando gli addetti non hanno ancora liberato il campo di battaglia e rifornito di truppe fresche. Davanti alle cassette di mele e arance, rimango immobile cercando di capire se tra i frutti rimasti, c’è ancora qualcosa di decente. Inutile, mi devo orientare verso una confezione. E anche di quelle ce ne sono rimaste poche. Non posso aspettare che i banchi vengano riforniti, altrimenti quando questa notte intorno alle tre entrerò in camera, troverò di nuovo il pinguino che mi guarda e ride mentre faccio il letto. Mi arrangio, rimanendo però molto perplesso di come riuscire a cambiare questa mia abitudine, in favore di una spesa nella tarda serata di venerdì o alle prime luci dell’alba al sabato.

La temperatura è già un po’ cambiata, le giornate si sono già allungate di quasi un’oretta. Se il terreno è abbastanza asciutto, si può iniziare a piantare qualcosa in giardino. Al termine del reparto frutta e verdura, intravedo in lontananza dei piccoli vasi con piante aromatiche. Ho bisogno di piantare il rosmarino. Anche in questo caso, vale lo stesso discorso che con la frutta. Ce ne sono rimaste solo due piantine. Una è decente, l’altra è in realtà uno stecco di legno infilato nella pochissima terra riarsa del vaso. Forse non è nemmeno rosmarino. Forse è uno scherzo, un rametto che qualcuno ha messo li, e adesso sta osservando in disparte, aspettando da lontano di ridere dell’incauto acquirente. Non c’è tempo da perdere, l’ultima vera piantina di rosmarino mi aspetta, mi getto nell’autoscontro dei carrelli.

Un film western, due pistoleros che si fronteggiano. La piantina si trova esattamente nel mezzo tra il mio carrello ed un altro, che procede dalla direzione opposta speditamente verso la stessa meta. Se non aumento la velocità delle mie ruote mi troverò sicuramente davanti ad un unico vaso con uno stecco infilato dentro. Gli scontri con gli altri carrelli iniziano ad essere più cruenti, il mio rivale, anzi “la” mia rivale procede invece speditamente perché proveniente da un reparto meno affollato, io ho però il vantaggio di aver capito le sue intenzioni, mentre lei non mi ha notato. Innalzo di quel che basta la cattiveria negli scontri tra carrelli, qualcuno inizia a inveire verso di me, ce la devo fare, penso, mentre la osservo dirigersi con sicura lentezza verso il mio medesimo obbiettivo, ce la devo fare. No, è arrivato l’imponderabile. Una mano che afferra il mio braccio, una coppia di amici.

Mentre li saluto piacevolmente ma in modo un po’ distratto, non posso fare a meno di osservare con la coda dell’occhio che lei oramai è a un metro dalla mia pianta di rosmarino. Oramai sono un esperto, non mi sbagliavo, la sua direzione era inequivocabile e pur da circa trenta metri, avevo ben distinto le foglioline di rosmarino nelle sue pupille. Gli ultimi convenevoli e un abbraccio, mentre la vedo che si sta abbassando per raccogliere il piccolo vaso, per riporlo nel suo carniere di cacciatore. Sono passati pochi secondi, ma sono stati sufficienti per perdere il duello.

Procedo comunque in quella direzione. Pochi metri. Gelido stupore davanti ad un vaso con una discreta pianta di rosmarino. Penso ancora per circa un minuto di essere su “scherzi a parte”, mi guardo intorno con sospetto, la prendo e l’adagio con cura nel mio carrello. Sono confuso e la spesa è pressoché terminata, procedo spedito verso le casse.

Adesso lo so per certo. La vedo a due casse di distanza, con lo stecco di probabile rosmarino che scorre sul nastro. La cassiera con il piccolo e triste vaso in mano gli dice qualcosa, l’altra gli risponde con un sorriso facendo un cenno affermativo con il capo. Finisce prima di me quel tanto che basta perché mentre esco dal supermercato la veda entrare nell’auto, ma non abbastanza perché con una corsa vorticosa nel parcheggio e abbandonando il carrello senza riprendere l’euro, riesca a non perdere le sue tracce. Una sgommata e parto urtando il mio carrello con alcune cose addirittura dimenticate al suo interno. La seguo.

Tra la mia auto e la sua ci sono almeno dieci vetture, ma con un paio di semafori “quasi rossi” riesco a non perderla per almeno venti minuti. Quando non vedendola più penso di aver sprecato il mio tempo, passo in realtà davanti alla sua auto parcheggiata alla mia destra. Accosto cinquanta metri più avanti con la professionalità di Nero Wolfe. Scendo e cammino fischiettando indifferente. La individuo dopo cinque minuti, terrazzo al terzo piano, camice bianco da infermiera, cinque vasi con cinque maestose piante di rosmarino, sta trapiantando nel sesto vaso il suo pezzetto di legno. Compie l’operazione velocemente, ma con grande attenzione, con grazia, come se tra le mani avesse un rametto d’oro. Come se stesse cambiando il pannolino a un figlio. Non ho dubbi che tra qualche mese, quando ripasserò di qui, perché ci ripasserò, ci saranno sei poderose piante di rosmarino. E un settimo vaso con uno stecco infilato nel terreno.

Le mele. Si, quelle mele gialle bitorzolute, mi viene in mente di averle notate distrattamente poco prima, una cassetta i cui frutti avevano respinto gli assalti di una mattinata, forse grazie all’indifferenza che il loro aspetto suscita. Sono le più buone. Chissà come mai un mela è più buona di un’altra. In ogni caso, gli alberi delle mele migliori, un tempo, sono stati un rametto triste e solo che spuntava dal terreno.

 
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