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Post n°38 pubblicato il 04 Ottobre 2009 da max_6_66
 
Tag: Martin
Foto di max_6_66

Il sabato sera è oramai un rito irrinunciabile. Non so se è maggiore la mia passione per la cucina in generale o se si tratta del piacere per tutta la situazione. La cena con gli amici, le chiacchiere, prendersi in giro, guardare insieme l’estrazione del superenalotto finita la cena e immaginare cosa si sarebbe fatto con quei soldi se si fosse vinto, la risoluzione dei problemi del mondo e la crisi mediorientale, donne sport & motori, varie  ed eventuali, il vino. E proprio a quello penso tutte le domeniche mattina, al vino, quando prendendo il caffè faccio la conta delle bottiglie vuote e mi appresto a recarmi verso la campana del vetro. Anche questo fa parte del rito, anzi in mattinate limpide come oggi diventa una prima veloce e piacevole passeggiata all’aria aperta. Quando parlo di domenica mattina intendo tutto il periodo di tempo che precede il pranzo, con uno schiacciamento importante verso i momenti che lo precedono di poco.

Una delle differenze più evidenti tra l’estate e il resto dell’anno è per tutti l’abbigliamento. Per me nello specifico, sempre collegato a questo, la necessità o meno di dare spiegazioni per i cerotti o le medicature in generale che l’abbigliamento invernale coprirebbe, ma che quello estivo evidenzia soprattutto per quello che riguarda ginocchia e gomiti. Ho sempre dato la colpa al fatto di essere una persona con la testa tra le nuvole, forse per giustificare come distrazioni un certo modo di fare imbranato che mi porta a sbattere contro le migliaia di oggetti contundenti che ci circondano. Braccia e gambe soprattutto. Mobili, sedie, tavoli, muretti, qualunque cosa rappresenta per me una fonte (molto probabile) di possibili escoriazioni. Il dubbio che ciò avvenga perché sono profondamente imbranato è suffragato dal fatto che ne combino un po’ di tutti i colori in generale. Ritornando alla domenica mattina, quando mi dirigo verso i vari e differenziati cassonetti, vengo da dodici anni di esperienza (tanto è che vivo da solo) dove il più delle volte mi sono chiuso fuori casa. Dopo aver provato a nascondere varie copie delle chiavi in giardino e nel cortile, da usare in caso di emergenza, verificando l’inutilità dello stratagemma perché poi dimentico regolarmente dove le metto, adesso cerco di impegnarmi al massimo sul fatto di ricordarmi che tutte le volte che esco di casa devo assolutamente portarmi dietro un mazzo di chiavi. Fosse anche per prendere la posta dalla cassetta delle lettere. Al portone di casa c’è attaccato un cartello di avvertimento che mi aiuta in questo.

Questa mattina mi sentivo particolarmente in forma. L’avevo dedotto dal fatto che quando sono arrivato davanti al portone di casa per uscire a gettare nella campana del vetro le mie bottiglie e mi sono trovato davanti il famoso cartello di avvertimento, avevo già in mano le chiavi. E quando ci si sente sicuri, l’errore è sempre in agguato. Il pericolo per lo sciatore principiante non è durante le prime lezioni a spazzaneve. E così che accade l’imponderabile, ovvero che mentre stai gettando le bottiglie nell’apposita campana, nell’eccitazione del bravo cittadino differenziatore butti dentro tutto quello che hai tra le mani.

Io non mi arrabbio mai quando combino questi piccoli disastri. Oramai mi conosco e fondamentalmente si tratta di guai talmente assurdi che non puoi fare a meno di farci una bella risata sopra. Poi inizia la consapevolezza che per risolvere questa stupidaggine ne compirai immediatamente a ruota almeno un altro paio. Infatti l’unica soluzione era quella di infilare la testa dentro l’apertura della campana e cercare di recuperare le mie chiavi. E questo ho fatto immediatamente, prima di pensare alle facce di chi eventualmente mi avesse visto mentre facevo una cosa del genere.

Ecco, adesso avevo la testa dentro. L’odore non era il massimo, ma migliore di quando la stessa cosa mi era successa un mese fa con il cassonetto della spazzatura (l’ho detto…..ne combino continuamente). Di chiavi non se ne vedevano, in compenso una stranezza incredibile mi aveva immediatamente distolto dal mio compito. Molte delle bottiglie all’interno della campana contenevano al loro interno un foglietto di carta. Molti erano arrotolati, ma osservando con maggiore attenzione se ne intravedeva qualcuno messo dentro frettolosamente e che permetteva di vedere con certezza che in tutti questi foglietti c’erano delle parole. Avevo capito che si trattava di qualcosa di importante, troppo importante perché mi potessi permettere di tirarne fuori alcune, per romperle e leggere quello che c’era scritto. Però una sbirciatina casuale non era una grossa scorrettezza. Si trattava in realtà di una cosa molto triste. Quelle poche frasi che intravedevo e cercavo di ricostruire parlavano di desideri, aspirazioni, progetti. I sogni dei miei vicini, degli abitanti del mio quartiere, abbandonati e gettati nell’apposito cassonetto differenziato. Poi ho individuato le chiavi e me ne sono tornato triste verso casa.

Ho passato il resto del pomeriggio seduto vicino alla finestra, sperando di vedere qualcuno che usciva di casa con una bottiglia contenente un foglio di carta arrotolato al suo interno. Forse sarei corso fuori, avrei cercato di convincerlo a tenerla ancora un po’, a non mollare . In ogni caso oramai era tardi, il camion del recupero vetro mi aveva già nascosto la vista della campana e il rumore della gru di sollevamento interrompeva il silenzio della domenica pomeriggio. Non avevo mai osservato questa operazione, non credevo ci volesse tutto questo tempo. Il rumore del braccio meccanico  che riabbassa la campana, il camion che riparte e mi passa davanti. Mi era anche sembrato che l’autista mi guardasse e mi facesse un sorriso, forse addirittura l’occhietto. Ancora pochi minuti immobile sulla mia sedia, davanti alla finestra, osservando il cassonetto differenziato dei sogni abbandonati. C’è qualcosa che non mi convince. Mi precipito fuori e rimetto la testa dentro il cassonetto. E’ ancora pieno di bottiglie. Tiro fuori la testa e vedo il mio vicino di casa che mi osserva come se fossi un marziano. Non è possibile, è appena passato il camion del recupero. Rimetto la testa dentro e capisco. All’interno ci sono solo bottiglie vuote, senza foglietti di carta. Mi dirigo soddisfatto verso casa, salutando il mio vicino che continua ad osservarmi impietrito. Da lontano vedo arrivare il camion del recupero vetro, quello vero. Penso che c’è ancora una speranza, qualcuno nell’ombra si sta ancora occupando di noi, in modo segreto e quasi sovversivo tiene da parte i sogni che noi abbandoniamo, pronto a riproporceli nel momento giusto, magari durante un sonno agitato, un sonno di quelli che non si capisce perché non si riesce a dormire nonostante la grande stanchezza. E a quel punto si sente che ci manca qualcosa, che non si sta andando nella direzione giusta. Anzi, che non si sta andando in nessuna direzione. E’ allora che ci rimetteranno il foglietto sotto il guanciale.

Apro il cancelletto del mio giardino. Ovviamente quando sono uscito ho chiuso la porta e non mi sono portato dietro le chiavi di casa. E ci rido sopra ancora con più soddisfazione.

 
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