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Un giorno intero insieme – fonti energetiche rinnovabili

Post n°83 pubblicato il 16 Dicembre 2009 da max_6_66
 
Tag: Candida
Foto di max_6_66

Forse si tratterà di un peggioramento del mio spirito solitario dovuto all’età. Sto parlando del fatto che trascorro alcune ore della mia giornata a strisciare il mio dito indice su una cartina dell’Italia a cercare località dove trascorrere del tempo lontano da tutto e da tutti. In queste settimane scopro spesso il mio indice a indugiare nei pressi del Lago di Bolsena, precisamente nei dintorni di un paesino arroccato su una punta che si inserisce all’interno di quella massa d’acqua e che si chiama Capodimonte. Non riesco a trovargli un difetto, anzi, stavo già programmando in questi giorni una mia prossima solitaria zingarata di Natale, quando il fatto che fosse vicino a Montalto di Castro ha raffreddato i miei entusiasmi. Anche se la centrale nucleare è oramai dismessa da anni, le voci su un nuovo interessamento politico a questo tipo di soluzione energetica mi turba molto. A prescindere (come diceva Totò…). Figuriamoci se coinvolge da vicino un mio potenziale eremo. Come ho detto molte volte, ho un fratello scienziato. La cosa che forse non ho mai raccontato è la sua attitudine utopistica, che lo fa appassionato di Tommaso Moro e insieme grande militante di prodigiose soluzioni energetiche alternative ancora da inventare. La sua propensione ecologista ovviamente la condivido, anche se in modo più semplice e pratico. Dopo i primi giorni di cieco innamoramento sopraggiunge sempre l’episodio che ti smonta e ti riconduce alla realtà, e se non avviene il salto di qualità che trasforma l’innamoramento in qualcosa di più, tutto è destinato ad esaurirsi velocemente. Nello stesso identico modo il mio interesse per questa località dell’alto Lazio sta rischiando per questo motivo, il naufragio prima ancora del varo.

Sulla spiaggia di una piccola isola, un uomo spinge la sua piroga nel mare cristallino. Un salto per entrare nella piccola imbarcazione, alcuni colpi di pagaia e dietro le sue spalle le palme diventano velocemente più piccole. Gli schizzi delle onde che si infrangono verso la prua nel primo tratto di mare bagnano alcuni crostacei che ha adagiato su delle foglie di banano. Quando il mare si fa più calmo e piatto, l’uomo continua questa operazione tralasciando per un attimo di pagaiare e prendendo dell’acqua con il palmo della mano destra. Stando ben attento però a non bagnare invece un grosso fiore colorato che è adagiato con cura poco distante. Davanti a lui, ad alcune ore di pagaia, un’isola identica a quella da cui è partito. È troppo distante per vederla, ma è certo che su quella spiaggia c’è già una donna che scruta sorridente l’orizzonte.

Un’ altra cosa sulla quale mi sono sempre fatto ispirare volentieri da mio fratello riguarda i viaggi. Sono troppo curioso e appassionato per non farmi coinvolgere in qualcosa di nuovo. E così lo scorso anno mi sono recato in una sperduta località del Cearà Brasiliano, dove un villaggio di pescatori è stato con molta semplicità attrezzato per la ricezione turistica. Si tratta di un progetto di turismo sostenibile, ovvero dove si punta a preservare la vocazione e originalità del luogo e soprattutto si fa in modo che le risorse economiche che derivano da questa attività vadano a beneficio diretto delle persone che ci vivono. Non bisogna pensare a una sistemazione arrangiata, perché l’efficace organizzazione dei servizi turistici e la naturale bellezza del luogo fanno si che il risultato sia addirittura superiore a proposte turistiche molto più costose, cementificate e famose. Una delle cose strabilianti è che luogo usufruisce di una rete elettrica propria dove l’energia necessaria viene autonomamente prodotta sul luogo con fonti rinnovabili e pulite.

E’ passato una notte ed è passato un giorno. Sulla spiaggia di una piccola isola, una donna spinge la sua piroga nel mare cristallino. Un salto per entrare nella piccola imbarcazione, alcuni colpi di pagaia e dietro le sue spalle le palme diventano velocemente più piccole. Gli schizzi delle onde che si infrangono verso la prua nel primo tratto di mare bagnano alcuni crostacei che ha adagiato su delle foglie di banano. Quando il mare si fa più calmo e piatto, la donna continua questa operazione tralasciando per un attimo di pagaiare e prendendo dell’acqua con il palmo della mano sinistra. Stando bene attenta però a non bagnare invece un grosso fiore colorato che è adagiato con cura poco distante. Davanti a lei, ad alcune ore di pagaia, un’isola identica a quella da cui è partita. È troppo distante per vederla, ma è certo che su quella spiaggia c’è già un uomo che scruta sorridente l’orizzonte.

Fonti rinnovabili e pulite. Tutte le volte che sento parlare di queste cose mi pongo probabilmente la semplice domanda che ci poniamo tutti: se sono rinnovabili e pulite perché non usiamo tutti quelle. Questo stavo pensando il mio primo giorno di permanenza in questa località mentre il mio chop da tre quarti di Bohemia brasiliana ghiacciata volgeva al termine. Eppure una birra bevuta davanti all’oceano, nella capocchia di spillo che indica un punto qualsiasi delle quattromila ottocento sessantadue miglia di costa Brasiliana dovrebbe essere in grado di farti trovare la risposta ad ogni domanda. Il pomeriggio volgeva al termine ed i pescatori stavano rientrando con le loro jangadas a poche centinaia di metri alla mia sinistra. Tra loro anche il padrone della casa che mi ospitava, che ancora non avevo conosciuto perché era partito all’alba per pescare. Mi ero deciso quindi ad incamminarmi verso quei curiosi piccoli catamarani a vela, per fare quattro chiacchiere e la conoscenza con chi mi ospitava.

La cosa che più ti stupisce quando conosci le persone che vivono da queste parti è il loro differente modo di vedere le cose. Il fatto che siano sempre sorridenti e che diano risposte alle tue domande in modo così semplice, al limite dell’ovvio, è così spiazzante che te li fa immaginare superficiali. E come per tutte le cose estremamente semplici, non riesci a capirle, distratto a pensare che sia un indovinello, che dietro ci sia un qualcosa di strano e difficile da capire. Perché è impossibile che sia così facile ed evidente. Così, quando alla mia precisa domanda su cosa fosse la famosa fonte pulita e rinnovabile che permetteva al loro villaggio di avere la corrente elettrica, il mio nuovo amico aveva fatto un sorriso ed aveva indicato verso l’orizzonte del mare due piccole isole, distanti tra loro alcune miglia. E quello che so di portoghese mi aveva fatto comprendere senza ombra di dubbio, dalle poche parole pronunciate dopo questo gesto, che si trattava di una fonte inesauribile, ovvero che sarebbe durata per sempre.

Quindi, tra innumerevoli bottiglie da trequarti ghiacciate, il mio soggiorno l’ho trascorso su quella spiaggia, osservando queste due isolette apparentemente disabitate, dove niente si muoveva se non una piroga che alternativamente partiva da una delle due verso l’altra alle prime luci del mattino per fare ritorno a sera. Ho fatto tutte le ipotesi possibili e impossibili. Da una misteriosa marea che forniva energia attraverso un altrettanto misterioso meccanismo che ne sfruttava la forza in quel braccio di mare, fino a delle pale eoliche giganti sulla parte posteriore e quindi a me nascosta di quegli atolli. Seduto all’ombra tracannando litri di birra, solo con i miei interrogativi, anche perché sicuro che se avessi fatto la stessa domanda ad uno qualsiasi degli abitanti del villaggio, ognuno mi avrebbe risposto puntando con un sorriso l’indice verso le due isole. Le ipotesi probabili erano però state sufficienti per riempire solo i primi due o tre giorni. Stavo iniziando a vaneggiare che forse la cosa aveva a che fare con le due piroghe che andavano su e giù tra un’isola e l’altra. Pensavo a una dinamo…….come quelle che alimentano le luci di una  bicicletta…….fatta girare da un’elica attaccata alla chiglia della piccola imbarcazione…….ma come può una cosa del genere fornire l’energia per un paese intero di pescatori, il cui fabbisogno era tra l’altro negli ultimi giorni notevolmente aumentato per a causa del frigorifero dove dovevano essere portate a giusta temperatura le cervejas di un gringo particolarmente assetato.

L’apice della follia lo avevo toccato però pensando che anche nel nostro corpo c’è elettricità. E anche un singolo battito del cuore altro non è che un piccolo impulso elettrico.

 
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