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La frittatina di Natale

Post n°260 pubblicato il 25 Dicembre 2010 da max_6_66
Foto di max_6_66

Perché passiamo la nostra vita a cercare di incastrarli, i mattoncini Lego. Prima a cercare di procurarsi quelli giusti e poi a metterli uno sopra l’altro. Chi per costruire una casetta dove un giorno sarà ospitata una famiglia, chi per costruirsi una macchina sportiva, chi semplicemente un tetto per ripararsi alla meglio poi si vedrà, chi una torre dove rinchiudersi. Magari anche senza un progetto specifico e cosciente, mettendoli uno sopra l‘altro poi si vedrà quello che inizia a venire fuori, magari con l’istinto di costruire un po’ perché lo fanno tutti, trovandosi poi ad abbattere quello che ha costruito perché è tutto sbagliato e tutto da rifare, o solo per un istinto autodistruttivo che a volte succede, come una malattia. Nella convinzione di sapere cosa ci renderà felici, accatastiamo per costruire ciò, un mattoncino Lego al giorno, dal primo pianto all’ultimo respiro.

La perfezione, una parola che incute timore, che sembra sprizzare superbia da ognuna delle lettere che la compongono. Eppure ha anche una sua componente naturale, perché la natura tende sempre al meglio, nei secoli o nei millenni secondo una legge evolutiva oramai ben conosciuta, così allo stesso tempo in tutte le piccole cose ogni istante, come il rametto della piantina sul terrazzo di casa che tende sempre a cercare il sole. E se all’interno della natura vogliamo cercare un vero e proprio simbolo della perfezione, niente di più semplice che pensare a una cosa spesso sotto il nostro naso: l’uovo.

Con i miei mattoncini io avevo costruito uno spazio mio, una casa dove vivere. Solo. E ho cominciato subito a goderne, camminando su e giù per le stanze, in solitudine, creando le mie piccole e nuove abitudini, riti. La sveglia al mattino, il caffè, il ritorno a casa, la cena. E poi le pulizie del sabato, la lettura del giornale la domenica mattina. E  la spesa. Mi è sempre piaciuto fare la spesa e ho scoperto fin da subito una mia attitudine, degna di una perfetta casalinga di quelle all’antica, che mi permette di sapere in ogni momento del giorno cosa c’è nel mio frigorifero, cosa farò da cena, cosa manca e devo comprare. E poi ci sono le illuminazioni, che mentre giri con piacere tra un banco e l’altro del supermercato hai come una visione, ti sembra di vederti, mentre la domenica mattina stai pranzando tranquillo e felice, mangiando la cosa perfetta per quel momento così pieno di pace. E’ la cosa perfetta perché è veloce da fare, e soprattutto mi piace tanto, sia cucinarla che mangiarla: la frittatina. Niente di più semplice in quel momento che dirigersi verso lo scaffale delle uova. Si, mi stavo pregustando proprio questo prossimo momento felice, quando il signore con la barba alla cassa aveva avuto un attimo di esitazione proprio prima di passare la confezione da quattro uova. Aveva scosso il capo e le aveva passate quasi di malavoglia. Non avendo trovato un motivo plausibile per questo comportamento, mi ero convinto che la cosa non riguardasse né me, né tantomeno le mie uova, ma che fosse dovuta ad un pensiero suo che gli era saltato in mente, così,  mentre svolgeva il suo lavoro.

Sono sempre stato una persona solitaria e silenziosa. Ed aumentando il tempo che passavo da solo, per ovvi motivi anche la diminuzione delle parole che uscivano dalla mia bocca seguiva in modo proporzionale questa tendenza. Il sabato ero uscito con gli amici, ma avevo partecipato distrattamente alla serata ed ero tornato presto a casa mia. Come per entrare il prima possibile nel mio mondo, pronto a festeggiare qualcosa di mio di cui avrei goduto di li a poco. E infatti avevo dormito come un bambino la sera prima di partire per le vacanze, indugiando molto prima di addormentarmi a causa dell’eccitazione e svegliandomi presto al mattino senza sentire il sonno e la stanchezza. E anche il caffè e la lettura del giornale, che erano comunque momenti oramai diventati pienamente miei, li avevo trascorsi in modo distratto, in attesa che arrivasse l’ora di pranzo.

La frittatina non è una cosa qualunque. Basti pensare a una cosa estremamente complicata come il rigirarla una volta cotta da una parte, operazione che pochi sanno compiere bene, pochissimi addirittura con il salto, e che può influire negativamente in modo sostanziale sulla riuscita. E anche cucinare le uova o frullarle bene richiede un certo impegno. Perché si comincia con il romperle, con lo “scocciarle”. E io le tenevo in mano accarezzandone la forma perfetta e la leggera rugosità al tatto, pronto per batterle leggermente e nel punto giusto proprio sul bordo della scodella. Ecco qua…..”hop…..là”. Fermi tutti, nella scodella non era caduto niente. Erano passati alcuni interminabili minuti di sbigottimento totale prima che mi decidessi a guardare nelle due perfette metà. Poi avevo lentamente ruotato i gusci. Erano vuoti. La natura è bizzarra, e tutto può succedere, questo cercavo di pensare mentre rapidamente estraevo il secondo uovo dalla vaschetta e ripetevo l’operazione. Ancora nessun rumore di “qualcosa che cade nella scodella”. E così, preso dall’ansia, velocemente con il terzo e con il quarto uovo. Ma il piatto era rimasta vuoto. Gli zucchini tagliati a julienne nella teglietta antiaderente nel frattempo si erano bruciati. Con rassegnazione avevo spento il fornello e gettato tutto nella spazzatura. Pranzo della domenica a pane e olio. Non ci avevo più riprovato, e nemmeno avevo più fatto la spesa in quel supermercato.

Cucinare è sempre stata una mia grande passione, e nei primi giorni di vita da solo nella mia casetta, proprio questa passione stava sbocciando come una rosa a maggio. Dopo questa esperienza tutto si era fermato, ed erano arrivati mesi di precotti e surgelati. Fino al giorno che mi scoprii, in un centro commerciale, a studiare lo scaffale dove esponevano i forni a microonde. Il tempo passa a volte in modo un po’ inutile. Lavoro, casa, letto, e poi ancora lavoro. Per fortuna arrivano dei momenti di improvvisa consapevolezza, come uno schiaffo che ti risveglia. Non potevo invitare gente a cena a casa mia e dargli da mangiare delle cose riscaldate con il microonde. Invitare gente a cena a casa mia. Erano nove mesi che vivevo da solo e ancora non avevo invitato nessuno a casa mia. Nemmeno a prendere un caffè. Nove mesi esatti, dal 21 marzo che mi ero trasferito, al 21 dicembre che mi ero trovato ad osservare come un ebete dei forni a microonde. Sabato 21 dicembre 1996, il giorno che mi sono attaccato al telefono e ho invitato a cena a casa mia tutte le persone che conoscevo.

Mia madre non ha mai cucinato con grande piacere. Lo ha sempre fatto con impegno e passione perché lo faceva per noi, e anche con buonissimi risultati. Ma tutte le volte che ha cucinato mio padre, che invece ama farlo, ne è sempre stata felicissima. Di questo mi sono ricordato, quando il lunedì successivo a quella prima memorabile cena, ho invitato tutta la famiglia a pranzo per il Natale. Poche volte ho visto mia madre felice come quel giorno.

Ed ero felice anch’io, mentre facevo la spesa per il pranzo di Natale, nel supermercato dove avevo avuto il coraggio di tornare. Quando sei così, hai veramente l’impressione che tutto vada bene, sembrava che anche il cassiere con la barba del supermercato approvasse questa volta l’acquisto delle mie uova. Probabilmente, come la volta passata, continuava a pensare alle sue cose, ma si vede che quel giorno erano più piacevoli. Mi era sembrato addirittura che le avesse fatte scorrere senza passare il codice sullo scanner, come se non me le avesse fatte pagare.

Il pranzo di Natale lo ricordo nel dettaglio. Avevo fatto gli “gnudi”. In pratica è il ripieno dei ravioli ricotta e spinaci senza la pasta del raviolo intorno. Per questo si chiamano così. In pratica sono degli gnocchi fatti di ricotta e spinaci. Bisogna solo aggiungere un po’ di farina, ma la quantità giusta, perché non si sfacciano durante la cottura ma allo stesso tempo abbiano il sapore solo di ricotta e spinaci. Si lessano pochi minuti e si condiscono con burro fuso. E poi il cappone in forno con le patate arrosto. Le patate arrosto le faccio buonissime. Nemmeno mio padre, che comunque è un notevole esperto, riesce a farle come me.

Tutti se ne erano andati già da qualche ora ed ero pronto per la prova. Non avevo assolutamente fame, ma a questo punto si trattava di qualcosa di più importante della cena. La frittata più buona del mondo è quella con i porri e le patate. E’ difficile da fare perché le patate devono cuocere bene e i porri devono essere leggermente appassiti ma non bruciati. Il trucco consiste nell’aspettare che le patate abbiano una prima crosticina e a quel punto aggiungere i porri. Mentre apri il frigorifero, prendi e scocci le uova, ci metti un po’ di parmigiano e le sbatti energicamente, è passato il tempo giusto. Alzi un po’ il fuoco (questo è un altro trucco) e versi. Ero talmente preso da questa lavorazione che stavo già rovesciando il contenuto della scodella nel teglino antiaderente sfrigolante, senza aver avuto il tempo di pensare, di farmi cogliere dal dubbio, nel momento che avevo incrinato leggermente i gusci sul bordo del piatto.

Dopo un pranzo di Natale, e una frittata porri e patate a cena, non dormi molto bene. Ricordo tutta una notte di sogni strani, dove c’era un cassiere di supermercato con la barba che solcava il cielo su una slitta trainata da renne.

 
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