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Tutte queste storie sono state scritte su singola richiesta di chi passa da queste parti. Contattami e chiedi. Costa una frase che ti descrive, delle parole che appartengono al momento che stai vivendo, un sorriso, la voglia di giocare.
Ci ho ripensato nell’ultimo fine settimana di Luglio, in mezzo a mille persone su una spiaggia dell’Adriatico un sabato mattina. Quegli attimi che tutto si azzittisce intorno a te e sembra che il tempo si fermi. Le urla, il caldo, i bambini, le suocere Bolognesi che parlano delle nuore, improvvisamente rimangono congelati dal tempo che si ferma e tutto si fa silenzioso in un modo irreale. La stessa sensazione di allora. Un anno fa, o forse due o tre. Cinque, cinque anni fa, adesso ricordo. Non mi sono ancora abituato alla metrica della percezione e del ricordo del tempo della mia età attuale. Gli anni scorrono ad una velocità superiore rispetto a quella che sono abituato a considerare quando cerco di capire quanto tempo fa è successa una certa cosa. Questa cosa comunque mi è successa cinque anni fa. Stesso periodo dell’anno, stessa situazione, mi sembra addirittura la stessa spiaggia. Nel momento che gli amici erano impegnati in un momento di riposo, sdraiati su lettino al riparo dal sole del primo pomeriggio, ero avanzato verso il bagnasciuga e guardavo il mare. E’ una cosa che faccio comunemente, che mi piace molto, mi rapisce fino a non farmi sentire il rumore dei secchielli e delle palette , le urla, i giochi. Anzi, questi rumori fanno da colonna sonora perfetta a ciò che cerco oltre l’orizzonte, quella cosa che non so, ma che essendo dalla spiaggia il mare infinito, può essere qualunque cosa. Nel momento che anche allora tutto si era fermato, girando casualmente lo sguardo verso la sabbia bagnata ai miei piedi vidi una conchiglia. Non un guscio di cozza o di tellina, una conchiglia, una conchiglia vera, di quelle colorate e piene di punte, non abbastanza grande da sentirci il mare, ma molto somigliante a quelle che si vedono sui libri. I libri di conchiglie. Il primo istinto fu quello di raccoglierla, ma non per guardarla più da vicino. Raccoglierla per…… raccoglierla, come si raccolgono le conchiglie, i sassi bianchi, i cocci di vetro arrotondati dal mare che sembrano smeraldi. Il secondo istinto quello di voltare la testa verso destra e guardare in basso. Capii lo scopo di questa cosa quando alcuni secondi dopo mi sembrò di vedere qualcosa di interessante che affiorava dalla sabbia a circa tre metri di distanza. Avvicinandomi, discostai delicatamente la sabbia umida trovandomi davanti un pezzetto di legno. Ma la strada era quella giusta e continuai a camminare nella stessa direzione. Trovai la seconda che voltandomi indietro non si vedevano più gli ombrelloni. Aveva una forma appuntita ed era completamente bianca. Più grande della precedente, ma ancora non abbastanza grande da sentirci il mare. La raccolsi e continuai a camminare lungo la spiaggia. A volte l’acqua arrivava fino ai miei piedi. Era proprio quello il posto, dove acqua e sabbia si contendono un centimetro, il posto migliore, il posto dove sarebbe apparsa la prossima. La trovai all’imbrunire, proprio dove immaginavo, esattamente sul confine, lucida, liscia, di una forma che ricordava il pugno di una mano. Più grande delle altre, ma ancora non abbastanza perché alla sua apertura fosse possibile accostare l’orecchio. Continuai ad osservarla girandola e rigirandola insieme alle altre due nella mia mano fino a che venne buio. Mi avvicinai ad uno scoglio che affiorava dalla sabbia, posai i miei tesori davanti a me e mi addormentai. Appena mi svegliai, raccolsi le mie conchiglie, pronto per continuare il cammino interrotto sul finire del giorno precedente, quando vicino allo scoglio c’era un cumulo di sabbia sospetto. Non so dire cosa avesse di particolare rispetto a un milione di altri monticelli di sabbia che mi stavano tutt’intorno, ma tant’è che avevo già posato nuovamente le tre conchiglie a terra e iniziato a scavare con le dita, delicatamente, un granello di sabbia alla volta, intorno a questa che per una formica poteva essere una duna del deserto. E non mi sbagliavo. Era grande, grande abbastanza. Adesso potevo sentire il rumore del mare. Rimasi tutta la mattina ad ascoltare, seduto all’ombra dello scoglio. Quando il sole era oramai perpendicolare la rimisi esattamente dove l’avevo trovata, ricostruendole sopra il suo nascondiglio di sabbia. Presi le altre tre conchiglie, mi alzai, voltai il mio sguardo verso sinistra e mi incamminai. Il sole era ancora molto caldo quando riconobbi il posto dove avevo trovato la terza. La misi al limite dove arrivava l’acqua del mare e continuai a camminare. Dove avevo trovato la seconda era rimasto addirittura il segno nella sabbia bagnata, così fu semplice rimetterla esattamente al suo posto. Presto avrei visto di nuovo gli ombrelloni, questo pensavo guardando nel palmo della mia mano la prima conchiglia. Trovai la gente ancora immobile, nemmeno i quotidiani sportivi seguivano la brezza, ma rimanevano come congelati. Rimasi ancora un po’ a guardare verso l’orizzonte, cercando quella cosa che non so cos’è, ma che deve essere per forza laggiù, poi esattamente nel momento che rimisi la prima conchiglia al suo posto tutto riprese a muoversi e fare rumore.
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