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la casa

Post n°198 pubblicato il 30 Maggio 2010 da max_6_66

Cinque giorni di ferie, un lusso piacevole che solo nel primo giorno getta il proprio abbraccio verso la pigrizia e incolla il sedere alla stoffa del divano. L’iperattività prende il sopravvento già dal secondo, una frenesia un po’ scema e allo stesso tempo allegra. Questa volta penso proprio che succederà, succederà l’incredibile mantenimento dei propri propositi, riuscire a realizzare tutto quello che ci si era ripromessi di fare appena fossero arrivati questi giorni di ferie. L’intenzione di lavorare fin dal primo mattino a sistemare il porfido del posto macchina sembra procedere senza impedimenti. Sono andato a letto prima di mezzanotte, mi sono alzato presto, e soprattutto ieri sera ho parcheggiato l’auto fuori dal cancello, ovvero lungo il marciapiede, circa cinquanta metri dopo casa mia.

Quindi non è colpa mia se al mattino ho deciso di andare a fare colazione, con calma, al bar. Sono in ferie, ho tutto il tempo. Non potevo immaginare che una volta superati quei cinquanta metri per arrivare all’auto mi sarei trovato davanti a un problema di questo tipo.

Scomparsa. Come può essere possibile. Non sto parlando della macchina. Non solo sono sicuro di aver parcheggiato davanti ad una casa, ma abitando qui da quasi quindici anni, sono assolutamente sicuro che quella casa davanti alla quale ieri sera ho parcheggiato ci fosse. C’è sempre stata. O meglio, da quando è nata, da quando l’hanno costruita, è sempre stata li, incastrata tra altre due e condividendone i muri laterali, come buona tradizione della prima periferia dove abito, in modo che si crei una linea lungo la strada, dove tutti si affacciano dalla finestra al mattino e si voltano a destra e a sinistra per salutare i vicini, anche loro affacciati alla finestra. E’ così per chilometri, senza interruzione. Come è possibile quindi che davanti alla mia macchina adesso ci sia un buco, una striscia di prato incolto tra due case.

La prima ora l’ho passata così, immobile, a bocca aperta, osservando quello che non c’era, con le chiavi dell’auto in mano.

C’è un momento della nostra vita che siamo come una spugna asciutta. Questo momento coincide spesso con il periodo scolastico. Si inizia dalle prime classi, quando l’acqua è rappresentata da strane linee che diventano velocemente un alfabeto, fino ad arrivare, a seconda dei casi, a ragionamenti alti e difficili. Ma siccome una spugna secca siamo, tutto viene assorbito, senza distinzione tra insegnamenti e semplici avvenimenti. Infatti, se devo pensare alla prima cosa che ricordo di quel periodo è proprio l’inizio della mattinata. Una persona che chiama e dei nomi che rispondono. Un evento automatico che a volte si interrompe. Tra una risposta e l’altra un attimo di silenzio, un nuovo tentativo e ancora nessuna risposta. Ricordo bene che è solo in quel momento che giri la testa verso il punto esatto dal quale ti aspettavi di sentir arrivare un suono, e ti accorgi di una sedia sulla quale nessuno è seduto e di un banco vuoto. La prima volta che ho incontrato questa parola: assenza. Una cosa seria, per giustificarla era necessaria una firma da parte di chi ci ha messo al modo.

Un lavoro così impegnativo come la riparazione di un lastricato in porfido non poteva essere affrontato dopo accadimenti di questo tipo. Giusto il tempo per una veloce chiacchierata con la propria coscienza e la condivisione di rimandare tutto alle ferie estive ma solo a patto che qualche lavoretto fosse comunque svolto in questi giorni. Infatti la mattinata è oramai trascorsa, sprecata, alternando dieci minuti di camminata su e giù per la cucina ad altri dieci seduto sul divano. Per pensare, cercare di capire. Non sparisce così una casa, in una notte. Non è possibile, non è giusto. Certo, prima che le case siano costruite c’è il vuoto, un prato verde. Il processo inverso  succede quando dopo molti anni una casa non è più abitabile. E’ così dalla prima casa costruita nella storia e continuerà nel futuro. Dalle capanne di paglia e fango ai tetti con i pannelli solari. Una mattinata persa, cercando di capire perché non riuscivo a spiegarmi una cosa, che alla fine dei conti è così normale e naturale . Il pomeriggio invece mi sono messo a lavorare intorno al porticato delle rose, come da accordi con la coscienza. Taglio delle sfioriture e potatura dei ributti troppo bassi o troppo alti.

Non ho un rapporto semplice con le potature. Per attenuare la brutta sensazione che mi da la mutilazione delle piante cerco sempre di usare qualche ramo come ributto, come talea per far nascere una nuova pianta. Se la nuova pianta prende, se riesce a mettere le radici, cerco un nuovo posto nel giardino dove alloggiarla, oppure la porto a mia madre. Lei fa altrettanto con me. L’ho imparato da lei, che soffrendo dello stesso problema, spesso si presenta a casa mia con qualche piantina. Probabilmente la foresta amazzonica è nata nello stesso modo. Io porto una piantina di ributto a te, tu ne porti una a me, dopo un milione di anni una foresta è il minimo. Mi viene in mente che questa volta però, c’è uno spazio vuoto tra due case.

Percorro i cinquanta metri con il mio stecco di rosa. Alla base una pallina, fatta con del terriccio avvolto nella carta di giornale. Non sono l’unico ad essersi accorto che dove prima c’era una casa, adesso c’è un quadrato d’erba. Altri vicini si incamminano in quella direzione, chi con qualcosa in mano, un fiore, un oggetto, chi semplicemente con la sua presenza. Quando arrivo vedo che alcuni hanno portato una sedia da casa e si sono seduti  vicino allo spazio vuoto. Altri che avevano fatto lo stesso adesso sono andati a preparare la cena lasciando la sedia li. Nessuno parla. Quando i nostri sguardi si incontrano, ne nasce solo un breve cenno del capo. Uso la mia paletta per fare la buca, sul davanti, vicino al marciapiede, come con la volontà di lasciare spazio a quello che fino al giorno prima c’era, tante volte domani ci svegliassimo e tutto fosse tornato nella notte al suo posto. E’ un’illusione, ma la delicatezza e il pudore ci impongono di fare così. L’annaffiata che segue questa operazione la fa un altro vicino, che poi lascia il secchio vicino al bordo del marciapiede, nel caso servisse ad altri che dovessero compiere la stessa operazione.

Qualcuno bisbiglia qualcosa nell’orecchio di un altro. Il contagio si trasmette velocemente. Si dice che nella strada che parte dall’incrocio più avanti in questi giorni hanno visto un tipo piantare dei paletti in un praticello vicino alla lavanderia. Lo hanno visto poi guardare in uno strano marchingegno, quasi una piccola telecamera o una macchina fotografica posta su un treppiede. Quelli che un po’ se ne intendono non hanno dubbi: era sicuramente un geometra. Mi incammino verso casa. Quando arrivo davanti rimango un attimo fuori dal cancello, colto dall’ansia, pensando a quando un giorno i vicini passeranno da li e quella sparita sarà la mia. Ma ripenso anche a uomini che cantano, sotto il sole, con un cappello fatto di carta di giornale, con le mani sporche di polvere, di cemento, che lanciano saluti rumorosi alle donne che camminano sul marciapiede, gonne lunghe, fazzoletto sul capo e delle grandi borse di paglia da cui si affacciano foglie di sedano e pane avvolto in sacchetti di carta marroncina, poche macchine e molte biciclette per la strada.

Vado verso le mie rose, ne accarezzo il velluto dei petali. E sorrido. Il giorno che passerete di qui dove adesso c’è la mia casa, e vedrete quello spazio vuoto, fate altrettanto.

 
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Commenti al Post:
lamiaborsarossa
lamiaborsarossa il 30/05/10 alle 16:29 via WEB
splendida descrizione. ciao.
(Rispondi)
 
mariannliberamente00
mariannliberamente00 il 30/05/10 alle 22:44 via WEB
Certo che ne hai fantasia!e arte! Incolli il lettore al tuo brano e non lo lasci libero fino alla fine facendolo intanto addentrare nel tuo mondo ma anche nel suo, parallelo al tuo come lo sono le storie degli uomini, il loro sentire e pensare! A me hai fatto pensare, ad un certo punto, al mio modo di relazionarmi con le piante, al mio chiedere scusa ogni volta che sono costretta a potare qualche ramo e a come anch'io per riparare a quello che sento come una sofferenza della pianta, trapianto la talea nella speranza che possa diventare una nuova pianta! Mi piace il tuo stile e il tuo osservare con dolcezza la vita! Un abbraccio, mio amico "virtuale"! Buonanotte Anna
(Rispondi)
 
maya1st
maya1st il 30/05/10 alle 22:55 via WEB
tesoro mio...non ti preoccupare..c'è ancora tempo prima che casa tua sparisca...almeno almeno due anni e sei mesi...suppergiù...diciamo almeno fino al giorno in cui finirai di pagare il mutuo ahahahaahha tvb tanto tanto bene mio piccolo principe :)
(Rispondi)
 
amazzoneperforza
amazzoneperforza il 31/05/10 alle 00:43 via WEB
Ti ho letto con piacere, accarezzata dal velluto delle tue rose. APF
(Rispondi)
 
briccone2005
briccone2005 il 31/05/10 alle 12:02 via WEB
Buongiornoo ^___^
(Rispondi)
 
ilmonello2005
ilmonello2005 il 31/05/10 alle 12:45 via WEB
UN CAPOLAVORO...CAVOLO FAI QUI ????IO VOGLIO VEDERTI SEDUTO FRA I GRANDI SCRITTORI..NON GLI SCRIBACCHINI DEI NOSTRI GIORNI CONTRO I QUALI HO INIZIATO UNA CROCIATA...DISERTO ,NON COMPRO NON LI VOGLIO FRA I MIEI SCAFFALI...ORA C'è POSTO SOLO PER I GRANDI....VADANO A DORMIRE FALETTI E AFFINI...SE LA MANGI LEI LA SUA FRITTATA LA PARODI,-------NO !!!LA GENTE COME TE FUORI DALL'ANONIMATO POICHè L'UMANITà POSSA GODERE ANCORA--UN ABBRACCIO.ANTO
(Rispondi)
 
g1b9
g1b9 il 31/05/10 alle 18:11 via WEB
Bellissimo, ha ragione chi dice che dovresti avere un posto in ogni biblioteca.Ci sono dei punti dove ho avuto l'impressione di leggere Kafka.. Mi piaci tanto, ogni racconto di più- Un abbraccio. Giovanna
(Rispondi)
 
sweet861
sweet861 il 31/05/10 alle 21:12 via WEB
Non voglio credere che tu sia una di quelle persone che elimina i commenti scritti...forse la verità fa male ma a volte è meglio di tante fandonie...
(Rispondi)
 
 
sweet861
sweet861 il 31/05/10 alle 21:41 via WEB
Ho lasciato un commento stamattina...e ora non c'è...come lo spieghi?
(Rispondi)
 
BobSaintClair
BobSaintClair il 31/05/10 alle 23:59 via WEB
ciao Max, ma dove sarà finita quella casa...:) ? Riempiamo gli spazi vuoti con petali di rose, good; Enya ci ha già pensato...! ;) Bello!
(Rispondi)
 
freya2008
freya2008 il 01/06/10 alle 07:09 via WEB
il tempo cambia molte cose ma...non le cancella mai
(Rispondi)
 
daianasara
daianasara il 01/06/10 alle 10:04 via WEB
Leggendo le tue meravigliose parole ho avuto l’impressione di imbattermi in tante situazioni già vissute dove il cuore conserva tutto ciò che conta...sei grande..un abbraccio
(Rispondi)
 
gratiasalavida
gratiasalavida il 01/06/10 alle 18:13 via WEB
Era una casa molto carina, senza soffitto, senza cucina, non si poteva entrarci dentro, perché non c'era il pavimento. Non si poteva andare a letto, in quella casa non c'era il tetto, non si poteva fare pipì, perché non c'era soffitto lì. Ma era bella, bella davvero, in Via dei Matti numero zero... ma era bella, bella davvero, in Via dei Matti numero zero... :-)
(Rispondi)
 
 
gratiasalavida
gratiasalavida il 01/06/10 alle 18:15 via WEB
Errata corrige: "vasino lì" al posto di "soffitto lì". Tutta colpa della cana. Sta abbaiando come una cagnaccia alla banda di passaggio sotto casa e mi ha stordita! Anche di cervello...
(Rispondi)
 
graziamariag
graziamariag il 01/06/10 alle 21:51 via WEB
L'assenza... quella che, paradossalmente diventa presenza quando c'è ilvuoto attorno a noi e il silenzio.Quante volte ci accorgiamo che quella che chiamiamo "assenza" era stata "presenza"?
(Rispondi)
 
graziamariag
graziamariag il 01/06/10 alle 21:52 via WEB
P.S: ho avvertito l'odore delle rose,strano no? :))
(Rispondi)
 
cinciagio
cinciagio il 03/06/10 alle 13:45 via WEB
profumano di rose, le tue parole
(Rispondi)
 
pipitola
pipitola il 03/06/10 alle 22:57 via WEB
Sapori di cose antiche, profumi di persone di tanto tempo fa, immagini che si creano man mano che le parole scorrono davanti agli occhi. Piu' di questo non si puo' pretendere da uno scrittore capace di emozionare. Buonanotte Max!!
(Rispondi)
 
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