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l'uccellino e il pallone

Post n°207 pubblicato il 10 Giugno 2010 da max_6_66

Devo sbrigarmi, dall’auto all’ingresso di casa ci sono pochi metri, ma dal supermercato a qui il cielo non ha fatto altro che brontolare in modo insistente. Un brontolio continuo, che preannuncia il temporale estivo, quello che ti prende improvvisamente e riesce a bagnarti completamente in un attimo. Quello che ti da la secchiata d’acqua finale mentre cerchi di aprire la porta ingombrato dai sacchetti della spesa, con le chiavi che…..accidenti, dove ho messo le chiavi. Invece no, sono riuscito ad entrare in casa anticipando la prima goccia. E mentre continua questo tuonare continuo, ripongo la spesa. Guardo dalla finestra. Strano, il rullo di tamburi nel cielo continua ma ancora le gocce giganti non si vedono.

Il 28 ottobre del 1933, a Pau Grande, nello stato di Rio de Janeiro nasce un bambino. Viene battezzato Manoel Francisco Dos Santos. Manoel non riesce a fare la cosa più naturale che possa fare un bambino: crescere. O meglio, ci prova, fa quello che può. Ma la malnutrizione, gli stenti, le malattie, forse la poliomelite, lo costringono a lottare con i denti per ogni giorno di sopravvivenza. Riesce a vincere questa battaglia, ma ne esce male. E’ strabico, ha la spina dorsale piegata e zoppica a causa di una gamba cresciuta meno dell’altra di sette centimetri. Ma il dolore più grande di Manoel è che lui desidera solo un cosa dalla vita: giocare a calcio nel Botafogo di Rio De Janeiro. Un dolore che non ha origine da valori assoluti, ma dalla distanza tra quello che desideri e quello che puoi fare. Nel caso di Manoel, questa distanza è abissale.

Garrincha, il nome con il quale i bambini Carioca chiamano un piccolo passero colorato, un cardellino, spesso bersaglio dei loro sassi e delle loro cattiverie. L’essere più indifeso, l’ultimo nella catena della forza e in quella alimentare. Nemmeno i bacherozzi hanno paura del Garrincha, perché si nutre di piccoli semi. Garrincha è il soprannome che la sorellina da a Manoel, e che lo accompagnerà per tutta la vita.

E adesso percorriamo in una frazione di secondo più di venti anni e di diecimila chilometri, come quei filmati dove in un attimo si alternano luna e sole, le nuvole corrono velocissime, gli alberi alternativamente si riempiono e si svestono di foglie più volte e la visuale dall’alto attraversa un oceano e ci porta in Svezia. E’ il ventinove Giugno 1958, è appena terminata la finale dei campionati del mondo di calcio, vinta dal Brasile per 5 a 2 sulla Svezia. Tutti i giocatori brasiliani urlano e si abbracciano. Nella storia rimarrà la faccia piangente di un bambino che si chiama Pelé, protagonista di quella partita. La telecamera della storia non inquadra però l’unico giocatore brasiliano che non gioisce. Quando i compagni gli chiedono come mai, la sua risposta è “ma non dobbiamo giocare anche la partita di ritorno…?”. Le risate e gli abbracci dei compagni lo travolgono, perché nonostante sia l’ala destra più forte del mondo, tutti sanno che Manoel Francisco Dos Santos detto Garrincha è innocente come un bambino. L’ala destra più forte di tutti i tempi, il giocatore che grazie ad una gamba più corta dell’altra riesce a ingannare qualunque difensore riguardo alle sue intenzioni o la direzione che farà prendere al pallone, il giocatore che corre ad una velocità che nessuno riesce mai a prenderlo.

Rientrati in Brasile, i giocatori furono accolti come trionfatori. Il governatore dello stato di Rio de Janeiro organizzò una sfilata, come fosse carnevale, con il corteo preceduto da un carro dove poggiava una voliera piena di colombi. Alla fine della sfilata il governatore annunciò che avrebbe regalato una villa sulla spiaggia ad ogni giocatore. Garrincha rifiutò. Chiese però al governatore di poter avere i colombi, si avvicinò alla gabbia e l’aprì. Dopo i giorni di festa tornò a giocare nella sua squadra, il Botafogo, perché quello era l’unico desiderio che aveva avuto fin da bambino, e ci rimase fino al 1966. Da li si perdono le sue tracce e tutti lo dimenticarono. Lo dimenticarono volentieri, perché non era bello, non era simpatico, non era l’immagine di un uomo scaltro e di successo, era poco istruito, aveva qualche problema con l’alcool, insomma, non era l’esempio perfetto del bambino povero che si riscatta dopo essere nato in una baracca, l’esempio per tenere tranquilli e buoni tutti gli altri milioni che nelle stesse baracche sono nati, con la scusa, con l’illusione, che anche loro possono farcela. Così, una volta finita la sua carriera sportiva, lo ridussero immediatamente ad un ricordo sportivo del passato.

Fino a quando, il 21 gennaio 1983, in Cielo ebbero bisogno di un’ala destra, e vennero a prenderselo. Lo trovarono addormentato, forse in una baracca, abbracciato ad una bottiglia di cacaça vuota. Tutti gli uccelli del Brasile smisero improvvisamente di cantare. Una volta capito il motivo di questa piaga d’Egitto, e forse per paura di una vita in questo silenzio assordate, il popolo di Rio de Janeiro organizzò in fretta un grande corteo, un funerale di stato, dove tutti piangevano battendosi il petto e accusando gli altri di essersi dimenticati di Garrincha.

Sono seduto sul divano. Da più di quaranta minuti continua il brontolio nel cielo, ma ancora il temporale non arriva. Improvvisamente il silenzio. Penso ad un falso allarme, poi, dopo circa dieci minuti di pausa ricomincia. Mi precipito fuori osservando il cielo e di pioggia ancora non se ne vede. Anche perché il cielo è assolutamente sereno. Un cardellino sull’albero mi guarda e ride. Forse ho capito. Non c’è un temporale lassù, c’è una partita. E questi sono i tamburi della Torcida che salutano l’ingresso in campo di Garrincha per il secondo tempo.

 
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Commenti al Post:
pcsarpedontigrazia
pcsarpedontigrazia il 10/06/10 alle 23:33 via WEB
bello e commovente....grazie Max..un abbraccio
(Rispondi)
 
Armanarman2
Armanarman2 il 10/06/10 alle 23:34 via WEB
C'è un bell' aforisma su Garrincha,se parli di Pelè a un Brasiliano,si toglie il cappello,se parli di Garrincha,si mette a piangere.. Un grande giocatore,che aveva vinto tante partite ma non ha potuto vincere la partita più importante.. Bravo x avermi riportato indietro nel tempo del grande Brasile di Pelè,Garrincha,Didì, Vavà,che sapevano giocare al pallone come una poesia.. Mi hai fatto commuovere con questa storia vera è cosi umana che tocca nel profondo dell'animo.. scrivene ancora di queste belle storie,nè abbiamo bisogno, ciao è complimenti ancora
(Rispondi)
 
pa.oletta
pa.oletta il 11/06/10 alle 06:44 via WEB
Ho letto di sfuggita ieri sera il racconto ma ho preferito ritornare stamattina presto, con una buona tazza di caffè in mano. Sei bravo a scrivere. Ti leggo tutta d'un fiato. Non ci sono sbavature, momenti in cui posso distrarmi perchè il discorso non fila. Tutt'altro! Bravo. Davvero! Mi piace anche l'ultima pezzettino. Quante volte, durante il temporale, corro alla finestra e guardo fuori, guardo il cielo pieno di lampi, scuro e immagino che sia qualcuno che amo e che è lassù, in quell'altro cielo... buon venerdi... un sorriso per te Paola
(Rispondi)
 
sweet861
sweet861 il 11/06/10 alle 09:57 via WEB
Ricambio il saluto...buondì...anche con un pò di sonno....
(Rispondi)
 
daianasara
daianasara il 12/06/10 alle 15:43 via WEB
quello che hai raccontato è davvero molto toccante,l'hai fatto con una con una delicata sensibilità... sembra che Garrincha ha ricevuto in dono dagli dei un grande talento ma anche una immensa forma di autodistruzione...un abbraccio Massimo
(Rispondi)
 
olena63
olena63 il 12/06/10 alle 20:52 via WEB
Bellissimo, come solito, grazie... Un abbraccio e buona domenica. Ole
(Rispondi)
 
pa.oletta
pa.oletta il 13/06/10 alle 08:50 via WEB
Buona domenica Piero.. aspetto un altro racconto, scrivi troppo bene! un sorriso Paola
(Rispondi)
 
maya1st
maya1st il 13/06/10 alle 12:23 via WEB
Ieri, usciamo a Recco per pranzare e fare una pausa dal viaggio. Compriamo la focaccia e andiamo in riva al mare, per mangiarla. Il cielo è nero, ma nero nero nero...di quel nero che ti sembra debba venir a piovere da un momento all'altro. Piccioni e passerotti mi guardano famelici, un piccione mi guarda con due occhioni tristi e affamati che mi faccio commuovere...e gli lancio un pezzetto di crosta di focaccia...ma non fa in tempo a toccar terra che un passerotto lo agguanta e vola via...Il piccione mi guarda sbigottito...ma non ci posso far nulla, è la natura! Chissà...chissà di chi era l'anima di quel passerotto...forse Arsenio Lupin??? :))) un bacione ale
(Rispondi)
 
g1b9
g1b9 il 13/06/10 alle 18:55 via WEB
Che bella questa storia su Garrincha!!!Ricordo quella partita, come tante altre di quell'inegugliabile Brasile, quando il calcio era ancora il calcio e non una fabbrica di soldi per qualche piede fortunato... Massimo , mi permetti di copiarlo? In tempo di mondiali, il ricordo di un mondiale della mia giovinezza. Grazie.. sei fantastico. Un abbraccio Giovanna
(Rispondi)
 
turrianna2009
turrianna2009 il 13/06/10 alle 21:58 via WEB
Massimopiero, ciao...come troppi e in tutti i paesi del mondo, ci si ricorda di alcuni solo nel momento della perdita, come altri non siamo da meno, poi, con poco e senza dar troppo peso, ci facciamo un sommo pianto conciliatore, per questa dimenticanza, la superficialità non viene scalfita, perché successivamente si ritorna nell'ordinaria follia...non sono appassionata di calcio, confrontando con eventi del passato, non lo definirei più uno sport, come altri, che decisamente hanno più del...sporc...scusa per l'allusione...^__^
(Rispondi)
 
gratiasalavida
gratiasalavida il 15/06/10 alle 18:22 via WEB
Di solito il calcio non m'interessa. Il taglio che sai dare alle tue rivisitazioni di glorie sportive è riuscito a farmi appassionare anche a questo ambito... :-)
(Rispondi)
 
kiaraart
kiaraart il 16/06/10 alle 15:26 via WEB
dopo un periodo di assenza eccomi qui x un saluto e x leggere le tue "poesie raccontate"....una buona giornata e un sorriso :)
(Rispondi)
 
giovila1966
giovila1966 il 18/06/10 alle 16:17 via WEB
sempre intensi ed appassionanti i tuoi racconti..forse non te l'ho mai detto: mi piacciono molto i tuoi finali..perchè non dicono mai tutto..chiunque,può aggiungere il suo pezzo alla storia..Laura
(Rispondi)
 
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