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Allevatori di farfalle (Chang Ray – Thailand)

Post n°239 pubblicato il 03 Settembre 2010 da max_6_66
Foto di max_6_66

Effettivamente non c’era molto da fare. La giornata era trascorsa bene facendo un lungo giro di trekking nella foresta, ma la sera non sembrava proporre niente di particolare oltre al saccheggio del piccolo frigorifero della guest house. Per fortuna Gigi aveva il mazzo di carte che gli avevano regalato gli inglesi, in modo che le poche birre a disposizione fossero consumate più lentamente facendo una partita fuori dai nostri bungalow, appena al limite della boscaglia, sfruttando l’efficace illuminazione di un grande lume a petrolio.

Non era trascorso il primo giro di pelate che Lucone giunto il suo turno aveva esclamato “Jolly”. Mentre rimanevo immerso nelle mie carte, senza darmi il tempo di lanciare al mio dirimpettaio una battuta per la sua fortuna sfacciata, se ne era uscito immediatamente con una successiva esclamazione “Un altro Jolly…..!”. Gli altri guardavano verso di me in modo strano, come per aspettare una mia reazione. “Eh no…! Un Jolly ce l’ho anch’io, non è possibile che tu ne abbia due. Un mazzo con più di due Jolly non va bene…!”. E tutti continuavano a guardare verso di me come se avessi scritto qualcosa in fronte. “No…..due Jolly, due Jolly....veri….dietro di te….!”. A quel punto mi sono girato e li ho visti, calzamaglia e cappellino con i campanelli, fermi sull’attenti. Non riuscivo a capire se fossero dei bambini o solo degli uomini un po’ piccoli. “Forse sono veramente due Jolly….” pensai, come se a questa parola corrispondesse una razza, una specie similumana che se ne va in giro e vive vestita in quel modo, uscendo magari dal loro rettangolo di cartoncino per sgranchirsi le gambe nei momenti di pausa che nessuno gioca a carte.

In ogni caso sembrava che aspettassero solo che anche io notassi la loro presenza per iniziare lo spettacolo. Una cosa sul classico, capriole e salti, seguiti dai soliti numeri da giocolieri con le palline e le clavette. Osservandoli bene non erano proprio ben messi. La calzamaglia e il vestito erano rattoppati vistosamente e non tutte le punte del cappello avevano il suo campanellino. Anche le palline che usavano per i giochi erano tutte differenti tra loro in grandezza e colore, mentre le clavette erano degli stecchi di legno intagliati alla meglio. Dalla boscaglia poco distante proveniva anche della musica, come se un vecchio mangianastri fosse stato posizionato dietro uno dei cespugli che ne delimitavano l’inizio. A un certo punto la musica era cambiata. “Ma questa è Breack Dance” aveva esclamato Gigi, che essendo di Firenze ha più dimestichezza con le cose di mondo. Ed aveva ragione, perché abbandonati i loro attrezzi i due si erano messi a ballare e fare piroette a tempo di Rap. Finito il repertorio si erano rimessi sull’attenti davanti a noi. “Forse bisognerà dargli qualcosa” avevo detto agli altri frugandomi in tasca e tirandone fuori alcune banconote di cui ignoravo assolutamente il valore e l’alfabeto con cui ciò era stampato sopra. “Con una di quelle lì rosa oggi ci ho pagato il pranzo e me ne hanno date due azzurrine di resto” aveva aggiunto Lucone nella sua funzione di ragioniere del gruppo. Le due banconote rosa erano state gradite, visto il sorriso con cui si erano inchinati giungendo le mani, come fanno tutti da queste parti per salutare. E così come erano arrivati se ne erano spariti. “A chi sta….?” Avevo aggiunto girando nuovamente la mia sedia verso il tavolo, per riprendere le fila della partita.

Il giorno dopo, la nostra guida era venuta a prenderci a metà mattinata, per portarci in un posto del quale non ci aveva voluto fornire particolari informazioni. Dopo un’ora di dolori atroci al fondoschiena seduti sulle panche di legno del cassone del suo pick up, siamo arrivati davanti ad una grandissima serie di gabbie grandi come una casa, alcune in metallo ed altre fatte con delle piccole reti in nylon. Solo avvicinandosi si riusciva ad intravedere una marea di cose colorate che volavano al loro interno. Non pensavo che esistessero al mondo degli allevamenti di farfalle. La sorpresa però maggiore è stata quella di incontrare li vicino i due piccoli amici della sera prima. Si sono avvicinati a noi con una specie di gabbietta con due farfalle azzurrine, l’hanno aperta per farle volare via e hanno detto qualcosa alla nostra guida. “Non capisco” ha detto lui voltandosi vero di noi “mi hanno detto che è il resto per ieri sera….” Io mi sono voltato verso Lucone, come per attendere un suo parere. “Tutto a posto” fa lui con la sicurezza di un presidente della Bundesbank “Due azzurre di resto, torna”.

 
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