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Trologia II - La favola dei barattoli di vetro

Post n°275 pubblicato il 02 Febbraio 2011 da max_6_66
Foto di max_6_66

Il postino malediva quella giornata. Non qualcosa o qualcuno in particolare, ma la giornata tutta. Perché quando te ne capitano così tante, è colpa proprio della giornata nel suo insieme, che fin dalle prime ore della mattina ha deciso di nascere storta. E adesso si trovava con la borsa piena di posta e la bicicletta con una ruota bucata. Ma la ruota non era solo bucata, era distrutta, il copertone completamente squarciato, tagliato, come se fosse passato su una fila di coltelli, anzi vetri, molti vetri di un tipo molto tagliente e resistente. Una bottiglia, ecco, gli sembrava proprio di essere passato sopra una bottiglia di vetro. Aveva sentito quella cosa che si era spezzata sotto la sua ruota e che lo aveva costretto a fermarsi immediatamente per non cadere. Si sentiva uno sciocco, come può solo esserlo una persona che accetta di consegnare la posta con la bicicletta, mentre tutti i colleghi hanno il motorino. Ne avevano uno in meno rispetto ai postini in forza a quell’ufficio e lui si era offerto volentieri sacrificandosi per i colleghi. Infondo, un po’ di moto fa bene, è salutare. E invece, si sarebbe preso il consueto richiamo per non essere riuscito a consegnare tutta la posta. E non era la prima volta, visto che si era anche preso la zona con più consegne. Anche quando riusciva a terminare il suo giro senza intoppi, rientrava in ufficio sempre per ultimo. Quando gli altri erano già rientrati da almeno due ore, e se ne stavano in quel momento già a casa, o al bar con gli amici, lui, l’ultimo dei postini, aveva poi anche il compito di rimettere in ordine l’ufficio e chiudere.

 

Ah! Look at all the lonely people

Ah! Look at all the lonely people

 

Eleanor sapeva che prima o poi si sarebbe sposata. Spiava ogni domenica i matrimoni degli altri, aspettando che tutti se ne andassero. Quando il cortile della chiesa era deserto, raccoglieva per terra il riso che era stato lanciato. Lo metteva in grandi barattoli di vetro che teneva vicino alla finestra, pronti per quando sarebbe stato il momento.

 

 

Ah! Look at all the lonely people

Ah! Look at all the lonely people

 

Era tornato indietro per capire bene. Per capire bene cosa fosse quella cosa che stava contribuendo a far girare in modo così storto quella giornata. Aveva appoggiato la bicicletta al muro di una casa ed era tornato sui suoi passi. Poco lontano un mucchio di vetri. Non si era sbagliato. Era un qualcosa di vetro che aveva schiacciato con la ruota anteriore, ma non di un vetro normale. Era infatti un mucchietto di vetri ridotti in pezzi molto piccoli e uguali tra loro, come dei piccoli diamanti o dei cristalli. Si era chinato per prenderne un pezzetto in mano. Erano molto duri e taglienti, troppo taglienti. Ecco, si era tagliato il pollice e l’indice della mano con cui ne teneva uno per osservarlo. Si era tagliato al semplice toccarlo, in modo netto e profondo, e dalle sue dita il sangue cadeva per terra a gocce copiose. Ce l’aveva proprio con quella giornata. Aveva capito subito che tutto quello che avrebbe fatto non sarebbe andato nel verso giusto. Poi si stupì del proprio sorriso riflesso nella vetrina di un negozio. La sera in tivvù aveva sentito la storia del tipo che gli era caduta una mela in testa mentre faceva un pisolino sotto l’albero, e che grazie a questo inconveniente aveva scoperto la legge di gravità. E’ una legge fisica importante, è quella che spiega come mai rimaniamo con i piedi attaccati alla terra. E vale anche per quelli che vivono dall’altra parte del mondo rispetto a noi, quelli che vivono a testaingiù. Sono a testaingiù e rimangono attaccati al terreno, non cadono. E tutto era venuto fuori un giorno che un tipo si faceva un bel pisolino all’ombra di un melo e gli era caduto un frutto in testa. Una cosa da rovinarti la giornata. E magari era pure una mela bacata.

Eleanor aveva la casa sempre piena di piccoli fiori. Piccoli fiori semplici, di quelli che nascono spontaneamente un po’ da tutte le parti. Di quelli che nascono per errore nelle aiuole di città, che quando vengono i giardinieri a metterle in ordine li strappano insieme alle erbacce. Avere dei fiori in casa è una buona cosa se qualcuno ti viene a trovare. Una casa in ordine e con tanti fiori, messi in piccoli barattoli di vetro, sistemati sul tavolo e vicino alla finestra, pronti per quando qualcuno sarebbe venuto a trovarla. 

Non ce la faceva, non ce la faceva ad arrivare alla fine di quella giornata. Un lavoro impossibile da compiere, con l’unico risultato di avere un ennesimo rimprovero. L’avrebbe però fatto, perché non riusciva a sottrarsi al senso del dovere di dover consegnare la posta. Avrebbero potuto esserci cose importanti, notizie che qualcuno attendeva da tempo, comunicazioni urgenti dalle quali dipendevano le sorti di qualcosa di decisivo. Lettere d’amore no. Erano molti anni che non se ne vedevano più di lettere d’amore. Forse perché adesso la gente comunicava certe cose con altri mezzi, più moderni. Fatto sta che da molti anni non sentiva più il profumo nella sua sacca. Le lettere d’amore sono sempre profumate. Il suo dovere era importante, anche perché una volta compiuto, finiva la sua giornata. Non aveva altro dovere che lo aspettasse la sera, quando stanchissimo arrivava a casa. Nemmeno un gatto che miagolasse impaziente e scocciato per il ritardo con cui avrebbe ricevuto da mangiare. E quando ti vengono questi pensieri ti spariscono le forze. Ti verrebbe da metterti a sedere sul marciapiede e rimanere li.

Eleanor il resto della giornata lo passava vicino alla finestra, con l’orecchio attento al campanello di casa. Osservava le persone che camminavano veloci sul marciapiede e sospirava. E ogni sospiro lo metteva in un barattolo piccolo piccolo di vetro. Quando, alla fine della giornata, l’aveva riempito, avvitava con cura il coperchio e lo riponeva vicino ai barattoli di vetro piccoli con i fiori e ai barattoli di vetro grandi con il riso raccolto per terra dopo che c’erano stati i matrimoni. Eleanor adorava i barattoli di vetro.

C’è un solo modo per capire di essere utile, per capire se sei necessario al mondo, o anche a una pianta, che rischia di morire perché non ci sei tu che l’annaffi. Sparisci, ti nascondi, e aspetti. Vide una cabina telefonica. Appoggiò la sua bicicletta bucata ad un palo della luce li vicino, entrò nella gabbia di vetro, e si mise li immobile, in attesa di vedere cosa sarebbe successo, se qualcuno prima o poi sarebbe venuto a cercarlo, se passando di li e notandolo gli avesse chiesto che cosa ci faceva, o anche se un cane si fosse messo ad annusare li vicino alla porta, per poi alzare la gambetta. Ma chi le nota più, chi le usa le cabine telefoniche. Adesso tutti hanno il cellulare. Qualcuno anche due. E alle cose che non servono, nessuno ci fa caso, preso dalla fretta e dall’ansia di fare quelle cose che tutti abbiamo fretta e ansia di fare, anche se il più delle volte ce ne sfugge il motivo. Dopo molte ore si trovava sempre dentro quella cabina telefonica, immobile. Le migliaia di persone che erano passate li vicino durante tutta la giornata non lo avevano proprio visto. Come se fosse stato invisibile. O se lo avevano visto avevano forse pensato a una ennesima trovata pubblicitaria e avevano tirato dritto. Così,  era arrivata la notte.

Eleanor usciva sempre di notte, non al primo buio ma a notte fonda. Aspettava di sentir calare il rumore del traffico fino al quasi totale silenzio, prendeva la sua borsa piena di scarpette di cristallo e usciva. Faceva lunghi giri, sempre in quartieri diversi della città, lasciando per terra una scarpetta di cristallo ogni volta che gli sembrava di vedere il posto giusto. Il posto giusto era un angolo non troppo in vista, dove la massa di solito non guarda. Dove solo il giusto osservatore le avrebbe notate, le avrebbe riconosciute, e compresa l’importanza della scoperta sarebbe immediatamente partito alla ricerca del piede che le calzasse perfettamente. Ma fino a quel momento non era mai successo. Quando dopo qualche giorno ritornava in quei luoghi dove le aveva messe in custodia al destino, ne ritrovava qualcuna sbriciolata in mille pezzi, altre immobili nel posto dove le aveva lasciate, impolverate o schizzate di fango. Altre non c’erano invece più, probabilmente prese da qualcuno che le aveva portate a casa per usarle come portacenere. E fu durante uno di questi giri che improvvisamente se lo trovò davanti, dentro una cabina telefonica, un tipo vestito da postino, che se ne stava immobile all’interno di questa sua piccola prigione trasparente.  Rimase un po’ di tempo ad osservarlo, in principio quasi impaurita. Poi gli sembrò che fosse in un barattolo di vetro e lo trovò subito molto bello. Lui in principio fece l’indifferente, fino a quando l’insistenza di lei nel fissarlo lo convinse ad uscire. Notò con la coda dell’occhio un fiorellino azzurro cresciuto in una spaccatura delle pietre del marciapiede, lo raccolse e lo donò a questa persona che lo guardava come se fosse vestito di banconote di cinquecento euro. “Ma da quanto tempo è che sei qui” riuscì alfine a dire Eleanor “Non lo so, ma penso molto” rispose lui, “E mi scappa forte la pìpì”. Voltarono le spalle alla cabina del telefono e si incamminarono. Eleanor e il postino con la bicicletta bucata.

 

All the lonely people,

where do they all come from?

All the lonely people,

where do they all belong?

 
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