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Imagine

Post n°344 pubblicato il 24 Dicembre 2013 da max_6_66
Foto di max_6_66

 

I televisori che riempiono la vetrina del negozio di elettrodomestici trasmettono immagini di guerra in bianco & nero. Una vecchia prostituta in calzamaglia rosa, vestita come una Kiguruny Doller, osserva rapita le immagini, per poi voltare il capo in modo da avvicinare l'orecchio destro al vetro blindato, stringendo gli occhi come nello sforzo di ascoltare il suono, forse la musica, che accompagna quel filmato. Dall' altra parte della strada due porte, entrambe con una fila di persone che riempie il marciapiede nelle due opposte direzioni. Una delle due è una specie di cordone ombelicale che inizia all'uscita di un bar pieno di videopoker e termina al portone del SerD dell'ASL. Le persone vi entrano con lo stesso passo cadenzato della fabbrica del film Metropolis, mentre un finto cieco vende loro biglietti di una lotteria gratta & vinci. L'altra è una fila di disoccupati che hanno risposto ad un annuncio del Centro Commerciale dove si cercano Babbi Natale. I più ne escono da una porta sul retro dopo pochi minuti, con lo sguardo verso il basso. Gli altri ne usciranno a tarda sera, dopo il corso di formazione, già vestiti di rosso e con la barba bianca.

 

Immagina non esista paradiso, non è difficile. Che non ci sia nessun inferno là sotto e là sopra solo il cielo. Immagina tutta la gente che vive solo il presente. Immagina che non esistano più le nazioni, le religioni, niente per cui fare la guerra, uccidere o morire. Immagina tutta la gente che vive in pace.

 

Un infermiere del vicino ospedale ha appena terminato il suo turno e si dirige verso il parcheggio del Centro Commerciale, dove si offre di riportare i carrelli nell'apposita rastrelliera, dietro compenso ovviamente della moneta contenuta nel meccanismo sbloccante. Ne rimette al loro posto quattro, forse cinque, o comunque quelli necessari per una bottiglia di Sambuca.

 

Immagina un mondo senza la proprietà privata, chissà se ci riesci. Un mondo dove non esistono avidità e fame. Immagina che le persone condividano il mondo, da buoni fratelli.

 

Su una panchina poco distante, due ragazzi hanno in mano ognuno un pacchettino. Cercano di scambiarselo, ma nella timidezza fanno avanti e indietro con la mano che contiene la piccola scatola avvolta nella carta colorata, come se si dovessero dare il loro primo bacio, come se ci fossero in mezzo due nasi difficilissimi da scansare. Un rossore, un sorriso, ci riescono. I regali, invece, sono caduti per terra sulla neve.

 

Puoi dire che sono un sognatore, ma sono sicuro che non sono il solo. Spero solo che un giorno ti unirai anche tu.

 

La prostituta cosplayer sorride, ha riconosciuto le note della canzone. Le immagini di guerra in bianco & nero sono state sostituite dal volto di John che canta.

 

 

 
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A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino

Post n°342 pubblicato il 16 Dicembre 2013 da max_6_66

 
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Il muro & il nero

Post n°341 pubblicato il 15 Dicembre 2013 da max_6_66
Foto di max_6_66

 

Aria impregnata di fumo e vapori di benzina, mattoni sul cofano e sparsi sul marciapiede. Odore di gomme bruciate, lo stesso che si potrebbe sentire dopo una brusca frenata come dopo una accelerata folle. Tutti guardano l'auto che si è schiantata contro il muro. E inizia la ressa, lontana in un primo momento per poi avvicinarsi  morbosamente un mezzo passo alla volta. Davanti a tutti il solito coraggioso, seguito a pochi centimetri per volta dagli altri, alla spicciolata, tutti in attesa di quel cenno di disgusto e del volto che si gira solo in un primo momento dall'altra parte, per poi cedere, dopo questo gesto ruffiano verso la logica benpensante comune, al gusto del particolare macabro. E invece se lo sono preso tutti nel culo, perché nella macchina non c'è nessuno. Pantaloni, camicia, mutande, calzini, tutti ripiegati con cura sul sedile e coperti da frammenti di vetro e calcinacci. Un mattone, vicino alle scarpe. Un sacchetto trasparente, pieno di polvere nera, abbandonato sul sedile posteriore. Non c'è altro, non si capisce. Un uomo si è sfracellato con la sua auto contro un muro, per poi fuggire nudo prima che arrivasse gente.

Bambino di periferia, percorrevo quasi un chilometro a piedi, sul marciapiede, lungo la fila di case a due piani, addossate a schiera, prima di arrivare nell'unico punto dove magicamente la fila si interrompeva. L'unico punto dove tra due case, invece di un'altra casa, c'era il vuoto, incolto e pieno di erbacce. Il luogo dove per la prima volta ho detto che avrei voluto fare il pittore. Era  arrivato il mio turno di parlare riguardo a cosa avrei voluto fare da grande, dopo due piloti di aerei, un ingegnere (di quelli che costruiscono i ponti), un inventore e tre maestre. Adesso lavoro in un supermercato, mi sono comprato la macchina nuova, ho un figlio che vedo poco, più di sua madre comunque, e appena termino il turno rientro a casa, mi preparo un caffè ed entro nell'atelier. Tutte le sere, prima di andare a dormire, fisso della tela da imballaggio riciclata ad un telaio che costruisco con i legnetti delle cassette per la frutta, spalmo la mestica che ho preparato quando è ancora tiepida e appoggio il tutto con cura sul tavolo, in modo che quando nel pomeriggio del giorno successivo entro di nuovo in quella stanzina uso lavanderia che chiamo l'atelier, posso fissare il telaio con la tela al cavalletto ed iniziare. A quel punto posso prendere la polvere di nero, metterla nella bacinella e stemperarla bene con il solvente. Quando non ci sono più grumi inizio a girare il composto con più decisione ma senza esagerare, per il tempo che occorre fino a che la sento, come dire, più cremosa. Solo allora appoggio il tutto sul tavolo per alcuni istanti, il minimo necessario per riposare il polso, ma prima che il composto perda la sua consistenza calda, bituminosa. Pochi colpi di pennello piatto sulla tela, decisi e precisi, con la giusta abbondante quantità, e il lavoro è finito. Le prime volte ci mettevo molto di più, ripassavo, facevo molti strati, ma il risultato era in realtà di una uniformità inferiore. Adesso mi vengono di un nero molto più nero. 

I primi disegni, di quelli veri, di quelli che io avevo voglia di fare un disegno e l'ho fatto, li ho fatti in quel prato incolto tra le due case. Ho sempre pensato che non mi sarebbe bastata una vita per disegnare tutte le cose che lo popolavano, tra migliaia di sassi, piante, animali veri e presunti. Perché scavando di qualche centimetro già si trovavano dei lombrichi grandissimi, formiche rosse, nere e trasparenti, millepiedi e grillitalpa, cavallette da tana e bruchi dormienti sotterranei, figuriamoci cosa si sarebbe trovato scavando per mezzo metro. O per un chilometro. Abbiamo passato giornate intere ad immaginarci questi animali e dare loro dei nomi. E oltre la parte verticale c'era poi da considerare quella orizzontale, perché questo corridoio non era lungo come le case che erano ai lati, ma molto, molto di più. Un fiume che sfociava in uno mare verde ancora più grande, un mondo nascosto dietro le case, che avevamo già pianificato di esplorare quando saremmo stati più grandi. Questo però non è mai successo, perché qualcuno aveva costruito un muretto e non si entrava bene, e solo qualche coraggioso ogni tanto lo saltava e ci faceva una passeggiata. Per evitare questi ulteriori sconfinamenti negli anni successivi il muro era stato rialzato, e per andare dall'altra parte bisognava scavalcarlo arrampicandosi faticosamente o facendosi fare da scaletta con le mani da un compagno. Molti anni dopo, mentre andavo all'edicola infondo alla via, mi ero fermato davanti a questo stesso muro, ulteriormente rialzato e reso invalicabile, e avevo accostato l'orecchio alle sue fredde pareti. Mi era sembrato di sentire ancora, dall'altra parte, come delle grida di giochi di bambini, molto flebili, forse attutite dai mattoni, forse dalla lontananza. Ma non saprei, non sono sicuro, erano come dei bisbigli, non sono sicuro, potrei essermi sbagliato, non sono sicuro.

Ai margini di un campo di grano macchiato di papaveri, un uomo nudo, completamente nudo, nudo come un bambino, dipinge sulla sua tela un orizzonte pieno di colori.  

 

 

 

 

 
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....la canzone

Post n°339 pubblicato il 08 Febbraio 2013 da max_6_66

 
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Il bacio di Carnevale

Post n°338 pubblicato il 06 Febbraio 2013 da max_6_66
Foto di max_6_66

 

Finalmente rientrato in casa. Mi piace quando torno a casa, ma in questo caso il "finalmente" è riferito al fatto di potermi togliere questo vestito e mettermi qualcosa di comodo. Ecco fatto. Accidenti, questa mattina, uscendo, mi sono dimenticato di portare fuori la spazzatura e adesso la cosa è diventata più che mai urgente. Guardo quel vestito a rombi colorati buttato sulla sedia che devo per l'ennesima volta indossare per tornarmene fuori.

La felicità è come una piuma, vola leggera, ma vive fino a che il vento non si ferma.

Il mio sguardo non è diverso da quello del mio vicino, anche lui con un identico sacchetto in mano, che cerca di portare con dignità il suo vestito candido e la maschera da pulcinella sul volto. Insieme attendiamo sul marciapiede che l'autobus sfili, osservando l'autista vestito da Superman. Attraversiamo e ci dirigiamo al cassonetto. Certo, alla signora al secondo piano del palazzo di fronte è andata peggio di noi, visto che ha dovuto vestirsi da damina settecentesca solo per stendere il bucato in terrazza. Ha anche la parrucca incipriata.   

La nostra felicità del  Carnevale. Si lavora l'anno intero per un costume che per un giorno ci faccia sentire re o pirata.

Il pensiero della meravigliosa felpa che potrò indossare appena al riparo nel buio di casa mia mi da la forza per compiere il tragitto inverso.

Poi tutto finisce mercoledì

Tutto è cominciato lo scorso anno. Ci sono state le elezioni. E hanno vinto tutti. E tutti insieme hanno deciso che per risolvere il problema bisognava smuovere le cose, per smuovere le cose erano necessari ottimismo e allegria, per essere ottimisti e allegri ci voleva il Carnevale. Continuo e obbligatorio da quel momento in poi. Fino a che il problema non si fosse risolto.

La felicità è come la goccia di rugiada sul petalo di un fiore. Brilla all'aurora, dopo oscilla lievemente, e cade come una lacrima d'amore.

Fino a quando i contestatori in piazza vestiti in giacca e cravatta, o jeans e maglietta, verranno arrestati e portati in posti dove se ne perdono le tracce forse per sempre. Fino a quando pochi fidati amici dovranno trovarsi clandestinamente in case fuori città dove con le tapparelle chiuse potranno indossare il maglione preferito e giocare a carte. Fino a quando, il sabato, porteremo i nostri vecchi vestiti da Zorro o da Cowboys di quando eravamo piccoli alla Caritas, in modo che li diano ai bambini poveri, che altrimenti non potrebbero uscire di casa.

La mia felicità è il sogno che sta facendo la mia innamorata. E' come questa notte che passa, che passa, in attesa dell'aurora. Parlate piano, per favore... perché lei si svegli allegra come quando si è addormentata, offrendo baci d'amore.

Sul divano, con la mia felpa, mi sveglio con la bocca impastata. Ecco, dovevo portare fuori la spazzatura, mi volevo solo sedere un attimo e devo essermi invece addormentato. Mi ha svegliato un tuo bacio. Il tocco di una farfalla che  posandosi sulla mia fronte ha dissolto tutti gli incubi.   

 

 

 
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