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Post n°326 pubblicato il 19 Dicembre 2012 da max_6_66
Foto di max_6_66

 

Da dove cominciamo ? Dall'inizio. Anzi, dalla fine, la fine della giornata di lavoro e il rientro a casa, non subito però, perché prima si fa un giretto, non so, sono quindici giorni che voglio iniziare a comprare qualche regalo, così, per non trovarmi all'ultimo, nel caos, nella rincorsa che poi ti porta solo a comprare. Certo, un regalo è una cosa che si compra per qualcuno, ma bisogna pur metterci di più, del tempo, un pensiero dentro, che insieme contribuisca al piacere, per te di farlo, per chi lo riceve. Deve essere una cosa utile, o comunque importante. Nel traffico di tutti quelli come me che sono usciti dal lavoro, è il momento giusto per pensare. Certo, è strano che gli unici momenti che sento di avere tempo per pensare è nel traffico del rientro a casa. Il traffico è una cosa utile quindi. Se un giorno per caso mi trovassi a tornare a casa con la strada completamente libera sarebbe un giorno passato senza pensare. Andando a letto la sera mi verrebbe in mente "oggi non ho pensato, non ho avuto tempo, speriamo domani di trovare più traffico", luce spenta, buonanotte, ed è già domani.

Un regalo è una cosa che si compra per qualcuno, una cosa utile è meglio. A questo, in macchina davanti a me per esempio la freccia. Ha appena svoltato senza accenderla. Una bella freccia, ne ha sicuramente bisogno, per usarla tutte le volte che svolta. Quello dell'auto dietro a me, invece, dei guanti, dei guantoni, delle moffolone gigantesche in modo che si trovi delle manone enormi e che non riesca a suonare quell'accidente di clacson. In macchina, nel traffico, si pensa.

Sono quindici giorni che mentre torno a casa, nel traffico, penso sia utile anticiparsi, per non trovarsi all'ultimo. In questi quindici giorni l'ho solo pensato. Infatti sono trascorsi e mi sono trovato all'ultimo. Un regalo, una cosa che si compra per qualcuno. Metto la freccia (io ce l'ho e la uso, perché continui a suonarmi da dietro con quell'accidente di clacson). Nel traffico c'è sempre quello davanti che non mette la freccia e quello dietro che suona il clacson. Che siano sempre gli stessi due, tutti i giorni dell'anno, che cambiano automobile per non farsi riconoscere, ma son sempre loro? Che mi aspettano quando esco da lavorare e mi si piazzano uno davanti e uno dietro. Magari si incontrano anche prima, per mettersi daccordo. Ogni tanto si scambiano i ruoli per non annoiarsi. Oramai ho accostato e li ho lasciati proseguire. Forse ci son rimasti pure male, oppure hanno trovato un altro da mettere in mezzo. Cammino, sul marciapiede, guardo distrattamente le vetrine, ci sono tantissime cose da comprare, non mi decido, mi arrendo. Rientro in macchina, non parte. La macchina non parte. E se tornassi a casa a piedi? Non sono distante, forse solo cinquecento metri. Magari posso provare a pensare camminando, concedendomi questi quindici minuti di pensieri extra. E poi è tutto molto carino, pieno di fili di plastica con attaccate le lampadine accese, decorazioni di carta, stelle di carta, manifesti di carta. Anche per terra c'è della carta, le pubblicità dei centri commerciali, delle grandi catene di elettrodomestici, tantissima carta, una vera e propria scia che seguo, lungo il marciapiede che conduce a casa mia. La scia si infittisce via via che mi avvicino a casa, lo stesso volantino, con un televisore da cinquanta pollici in bella evidenza sulla prima pagina.

Quando sono venuto a vivere qui mi ero portato dietro un vecchio televisore, un pesantissimo televisore di quelli con il tubo catodico, che quando funzionava male gli davi un bel colpo con la mano aperta e ripartiva alla grande. Poi iniziarono ad apparire, nella cassetta della posta, tutti questi volantini pubblicitari, con un bel televisore ultrapiatto a trentadue pollici in copertina. Risparmiando qualcosa tutti i giorni ero riuscito a comprarmelo dopo pochi mesi. Funzionava benissimo, solo che era troppo piatto. E se un giorno avesse cominciato a funzionare male ? Era troppo piatto, non c'era lo spazio sopra per un bel colpo risolutore con la mano aperta. Comunque tutto era andato bene fino a quando erano iniziati a comparire i volantini con il televisore a quaranta pollici. Ancora qualche piccolo risparmio quotidiano, ed era diventato mio. Ma solo dopo una settimana, un nuovo volantino, questa volta con un televisore a LED. Dopo ulteriori mesi di risparmi e di cassetta delle lettere piena del volantino con lo stesso televisore in prima pagina, anche lui era stato mio. Ma è circa da una settimana che....Forse ho capito il trucco! Appena mi sono comprato il televisore nuovo è arrivato un nuovo volantino, con in prima pagina questo nuovo mostro: il televisore a cinquanta pollici. Oramai non ho più dubbi. Appena esco dal negozio con il televisore nuovo, mandano in stampa il nuovo volantino, con quello successivo che vogliono che compri. Ci studiano, ci spiano, ci gettano l'esca, e noi abbocchiamo, come cefali.

Siamo quindi qui, a tutti questi televisori da cinquanta pollici stampati lungo il marciapiede, che io calpesto, non senza un vago senso di soddisfazione, carta sempre in quantità maggiore via via che mi avvicino verso casa. A cinquanta metri è un vero e proprio tappeto di carta, a dieci metri intravedo già la cassetta della posta completamente piena, ostruita, intasata.

Un altro rito di tutte le sera. Estrarre questi due o tre chili di pubblicità dalla cassetta e metterli nella scatola della raccolta differenziata della carta. Così la ricicleranno, ne faranno altra carta, ci stamperanno altri depliant, me li rimetteranno nella cassetta della posta, e così via. Dal fasciame di depliant cade una busta, bianca. Una bolletta del gas o della luce ? Dell'acqua ? Tassa rifiuti, passocarrabile? Rientro in casa e la appoggio sospettoso sul tavolo, continuando ad osservarla con la coda dell'occhio mentre stivo la pubblicità da riciclare nello scatolone. Quando ho finito mi siedo e continuo ad osservarla. Passano ancora dieci minuti prima che mi decida a prenderla tra le mani ed osservarla da vicino. Non sono bollettini da pagare. L'indirizzo e il mio nome sono scritti a mano. Decido di aprirla. Anche dentro è scritta a mano.

Una lettera d'amore. Una lettera d'amore ? Ma, non capisco, che senso ha, a cosa serve. Una lettera. Una lettera scritta a mano con una penna su un foglio di carta. Siamo nel duemiladodici, tra un po' finisce il mondo, perché non hai scritto un e-mail, o in chat, un sms o usando una community.  Una lettera d'amore. Vorrei tornare alla mia macchina, provare a farla ripartire e ributtarmi nel traffico, per pensare. L'agitazione mi fa camminare su e giù per la stanza, nervosamente. Alla fine, sfinito, apro un cassetto e ne estraggo un foglio di carta. Cerco una penna, che scriva, perché di penne ne abbiamo sempre la casa piena, ma quando c'è bisogno non si trova mai quella che scrive. Anzi, ne voglio una che scriva bene, con un tratto della larghezza giusta, né troppo sottile, né troppo spesso. Trovata. Accarezzo la carta, è piuttosto spessa, ruvida, osservo la punta della penna, su questa carta il suo scorrimento farà sicuramente rumore, una specie di fruscio. la mano si muove nervosamente, mi sento come se dovessi imparare di nuovo ad andare sui pattini a rotelle. Poi tutto prende il via.

"non so chi sei, non so dove sei, non so nemmeno se ci incontreremo mai. Vogliono farci credere che saremo felici solo quando avremo comprato un televisore da cinquanta pollici. Non è vero. Se un giorno saremo felici, veramente, sarà per tutt'altro motivo". E ho continuato, raccontando un sacco di cose che non raccontavo più a nessuno da un sacco di tempo.....qualche cosa bella, molte cose brutte. Alla fine mi sentivo veramente molto meglio.   

La storia è finita qui ? E i dei due tipi con la macchina? Quello che ti sta davanti e ti gira sempre senza mettere la freccia e quello dietro che ti suona sempre con il clacson ? Che fine hanno fatto. Dove saranno andati a finire i due tipi con la macchina. Non lo so, difficile dirlo, anche la sera dopo, quando sono uscito dal lavoro, nel serpentone del traffico avevo sempre una macchina dietro e una davanti. Chissà se erano sempre loro, anche se effettivamente mi sembrava di averli proprio riconosciuti. Poi il tipo davanti ha messo la freccia prima di svoltare. No, non è possibile. A quel punto ho cercato di intravedere nello specchietto retrovisore, come a volte si fa, il volto della persona alla guida nel veicolo che mi seguiva. Non lo so, non ne sono sicuro, aveva si la faccia di quello che si attacca al clacson se non scatti al verde come alla partenza del Granpremio di Formula uno, ma allo stesso tempo uno sguardo sognante e distratto, non saprei definirlo, diciamo la faccia di chi pensa ad una cosa buona.

E qui, forse, ho capito, la lettera della sera prima non era una lettera. Era un volantino pubblicitario che come gli altri è stato messo nella cassetta della posta di tutti. Solo che, questa volta, pubblicizzava tutte quelle cose che abbiamo dimenticato tra l' acquisto di un televisore e l'altro. 

 

 

 
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