Creato da fading_of_the_day il 17/11/2010

Fading of the day

....as night takes over

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Lady Writer

Post n°32 pubblicato il 23 Marzo 2011 da fading_of_the_day
 



Emma si mostrò visibilmente irritata da tanta spavalderia. Irrigidì la mascella e si schiari la voce tendendo gli angoli della bocca. Si allontanò dal tavolino allungando le gambe, come per opporre resistenza, creare distanza. Il suo viso si arrossì lievemente sulle gote, segno che la pressione sanguigna saliva.

Luca colse il momento di stizza e tentò di porre rimedio, spruzzando una nuvola di sarcasmo.


-E come vuoi fare scusa? Mandagli un fax "Egr. Sig. Markus lei è un cretino e la pianto in asso". Punto. Più facile di così.... Sennò digli che è un cazzone fallito così rafforzi la tua posizione di "mollante".


-Certo che hai una bella faccia tosta... Ok, e se lui mi piacesse davvero?


Il tentativo non aveva sortito l'effetto desiderato. Emma aveva percepito quelle parole come un'ingerenza eccessiva, un'invadenza intollerabile nella propria vita privata.


-Piacere? Lo dubito, uno con un nome così a chi può piacere? Ad una Eleonore, ad una Isabelle, o ad un Margareth, ma non ad una Emma. Fidati.


-Ok...
-Ok cosa?
-Ok, è la tua opinione e la rispetto.


Luca aveva il sentore di essere in procinto di perderla. Ciascun "Ok" bruciava come una frustata dietro la schiena. Ciascun "Ok" aveva il suono di lontane esplosioni che facevano crollare i ponti tra loro. I ponti crollavano ed i muri si facevano sempre più alti.


-Anzi, a proposito della faccia tosta e di una Margareth, ti racconto una cosa carina...
-Ti ascolto... - disse lei scocciata, come se quell'aneddoto avesse l'inevitabilità di una imposta al consumo


La partita era compromessa, i collegamenti saltati. Ma Luca provò lo stesso a lanciare una corda verso l'altra sponda, nella speranza che qualcuno la raccogliesse. Già una corda. Si ricordava la prima volta lì al locale, mentre si incamminava verso di lei. Gli sembrava di barcollare su un ponte tibetano, debole intreccio di instabili corde. Quella notte gli andò bene, era arrivato a destinazione sano e salvo. Chissà se il miracolo si sarebbe ripetuto.


-Avevo 19-20 anni, vidi una ragazza molto carina in un centro commerciale. Faceva la commessa in un negozio di abbigliamento. Con la scusa di vederla, passavo spesso al negozio, ma, per non dare nell'occhio, non potevo uscire a mani vuote. Le uniche cose che mi piacevano erano le camicie, anche se, la maggior parte aveva colori imbarazzanti. Per cui mi comprai uno stock di 5-6 camicie sulle varie tonalità di grigio... Non ti dico... Un'allegria.... La cosa andò avanti per un po'. Poi mi decisi a chiederle di uscire. Arrivai lì con un bel mazzo di fiori, ma lei mi disse che era fidanzata.... Mi sentii un cretino....

Emma sorrise, scomponendosi un po'.

-Tutto ciò per dirti - proseguì Luca - che non mi arrendo tanto facilmente. Sono venuto sin qui con un mazzo di rose gigante e non voglio beccarmi un altro due di picche....


Emma abbassò per un attimo il capo schiarendosi la voce nuovamente, ma questa volta in maniera piu importante, più vigorosa, come se dovesse cantare un'opera lirica. Guardava fisso un particolare non ben definito del tavolo. Era difficile capire cosa fissasse, forse nulla di preciso. Il nero del piano faceva perdere qualsiasi percezione del particolare, copriva i difetti, riusciva a celare persino la più velleitaria linea immaginaria, persino la più banale curva dei pensieri. Il nero confondeva le imperfezioni, i graffi: era la tomba della fantasia, la cripta abbandonata dei sentimenti. Il nero del tavolo aveva in sè il dono di portare la discussione su un piano piatto, bidimensionale. Aveva il dono di far perdere verticalità alle frasi. Il nero del tavolo era lì ben evidente, disteso in tutto il suo inevitabile pessimismo.


-Ascolta. Mettiamo per un attimo da parte gli scherzi ed i racconti adolescenziali. Ho riflettutto mille volte su noi due. Ho ragionato tanto immaginandoci insieme...

-E allora?

-E allora non vedo futuro. Insomma, io viaggio di continuo e sono australiana. Tu sei di Roma, hai la tua vita, il tuo lavoro, il tuo mondo. Come potrebbe andare avanti una relazione con queste premesse?


Luca visse un momento di debolezza. Il primo dopo tanti anni.
Gli occhi si fecero umidi, quasi un invito a tenere lo sguardo basso, mesto come il sole in un breve pomeriggio di inverno. Tirò su con il naso, in maniera complicata, orchestrale. Sperò per un secondo che quell'atto di debolezza muovesse a compassione Emma. Sperava che poggiasse i propri piedi a ritroso sulle sue orme e le ripercorresse disegnando nuove traiettorie, sentieri vergini. Perchè così come erano posizionate, quelle orme lo portavano diritto verso la sconfitta.

La verità lo aveva investito in faccia con tutta la sua mostruosa obesità da vorace serpente preistorico. Le parole di Emma sembravano di una ovvietà imbarazzante, di una logica stringente. La cosa peggiore era che il suo pensiero non solo era perfettamente condivisibile. Di più. Era inconfutabilmente vero, limpidamente inappellabile.
Era una tautologia.

Nel minuto di silenzio che seguì tentò di razionalizzare. Un simile ed inatteso slancio di pragmaticità, di prosaico cinismo, lo aveva colto di sorpesa. Da lei non se lo aspettava.

Per lui Emma era una scrittrice, non una matematica.
Gli scrittori vivono della linfa delle altre persone, succhiano come vampiri l'essenza di chi gli sta attorno. Gli scrittori hanno bisogno di qualcuno da amare per vomitare in prosa e versi i bulimici tormenti della propria anima. E lei, Markus, non lo amava di certo. Per lei era solo un artificio, un diversivo. Di questo lui ne era sicuro.

La guardò un'ultima volta, con gli occhi sgranati e limpidi che vagavano impercettibili e rapidi a destra e sinistra, nel tentativo di imprimere in ampiezza la sua figura, come ad impressionare il rullino di una camera fotografica. La guardò con l'espressione speranzosa del cane che attende dilingente sotto il tavolo gli avanzi di una polpetta. La osservò umile, come il gladiatore ferito, inerte al suolo, che brama la magnanimità del pollice alzato dell'imperatore.

Ma Emma rimase statica, quasi inanimata. Emma non ricambiò i suoi occhi.
Mantenne lo sguardo basso, ancora più basso verso il tavolo nero.

Nero come un cattivo presagio.
Nero come la fuligginosa livrea di un corvo.

Emma rimase bassa, involuta su sè stessa. Poi, ad un tratto, risvegliata da quel silenzio assordante, con indulgenza alzò il capo mostrando un'espressione sospirosa ma non annoiata. Non disse nulla. Ma con gli occhi gli mostrò il pollice verso.

Gli scrittori spesso sono sogni che ti investono con l'informazione e si cibano dei sorrisi compiaciuti che accompagnano ogni svolta di pagina.
Gli scrittori spesso sono sogni che attraversano la mente perlustrando con prodigalità
la sorpresa delle scoperte ed il piacere degli incontri.

Gli scrittori più spesso sono sogni ma, a volte, possono essere anche incubi.
E, in quei casi, le loro pagine hanno il freddo sapore indefinito della plastica.



 
 
 
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