Creato da fading_of_the_day il 17/11/2010

Fading of the day

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The Quest Of A Dream

Post n°55 pubblicato il 07 Luglio 2011 da fading_of_the_day
 


Banalmente parlando, provare sentimenti per qualcuno, fa percepire il mondo che ci circonda in modo differente. E fin qui ci siamo.

Ma il punto su cui spesso si equivoca è il seguente: non è vero che diventa più bello perchè si avvalora intrinsecamente a livello estetico di un'aura di invincibilità. Ci sembra migliore, solo perchè lo guardiamo dall'alto in basso.

Spesso con un po' di supponenza, ma mai con dolo.

Ma c'è dell'altro. Essere innamorati non dà solo la classica sensazione da "favola con lieto fine".
Si tratta di un discorso più sottile, se vogliamo più prosaico. Aziendalistico se preferiamo vederlo con una punta di cinismo.

Partiamo dal presupposto che vivere la routine quotidiana implica vedere la propria giornata scandita da fasi imprescindibili. Sveglia, tragitto casa-lavoro, lavoro (anche chi fa finta partecipa ugualmente alla media nazionale), pranzo, uscita da lavoro, vita privata. Che sia ottobre o agosto la vita di una persona comune segue degli standard abbastanza rigidi e noiosi che, sovente, ingenerano un sentimento di disamoramento verso i gesti quotidiani. La vita, così, si inizia a vederla come una ragionieristica contabilità in partita doppia, dove tutto viene assorbito con una fredda logica Dare/Avere. Specchiandoci, ci vediamo come alternanti creditori e debitori degli eventi che ci investono. Troviamo parcheggio sotto casa, automaticamente rileviamo l'episodio fortunoso nelle attività. Rimaniamo imbottigliati mezz'ora in tangenziale perchè una vecchina ha tamponato: annotiamo la sfiga nelle passività. La nostra giornata si dipana nel perpetuo sbilancio e bilancio della successione di eventi che compone le nostre ore.

Poi, ad un certo punto, accade che si accende la proverbiale scintilla. E i prospetti economici delle nostre vite vengono inconsciamente ed irrimediabilmente manipolati. Agiamo come un top manager che, prima o poi, (anche se nel nostro paese è più frequente la seconda opzione che la prima) verrà accusato di bancarotta fraudolenta. Veniamo talmente inebriati dall'amore che il nostro stato patrimoniale e il nostro conto economico soffrono una compilazione falsata.

Siamo inebriati è vero.
Ma non abbastanza da starcene tranquilli con le mani in mano a girarci i pollici.
Qualcosa che ci tormenta dobbiamo pur trovarlo. Altrimenti sai che noia.

Questo è solo un altro segnale dell'instabilità umana, che va sotto il nome di "perenne ricerca della felicità". L'impossibilità ad essere felici nonostante le nostre magre finanze vengano allietate da sopravvenienze attive amorose. Ci aspettiamo sempre che il gruzzolo caduto in testa ci venga maltolto. E' un po' come quando facciamo una bella vincita all'enalotto o otteniamo una promozione. Sotto sotto ci aspettiamo, prima o poi, che accada qualcosa di negativo. Il furto della macchina o un tubo che si rompe in cucina.

Improvvidamente si configura nella nostra testa una sorta di arcana profezia funesta, ereditata da chissà quale ramo del nostro albero genetico. Perchè la gente comune è portata a pensare che la propria vita debba tendere ostinatamente all'equilibrio, quasi volesse applicare a forza quelle poche e noiose lezioni che ha seguito a scuola sulla termodinamica. Siamo schiavi dell'equilibrio. La bilancia che pende da una parte è una configurazione straniera al nostro modo di pensare. Anche quando di mezzo c'è l'amore.

Ecco così che, quando una donna che pensavamo ci trapassasse solo con lo sguardo, non soffermandosi più dello stretto necessario, manifesta interesse per noi, sniffiamo subito puzza di bruciato. E anche quando il semplice interesse diventa qualcosa di più concreto, veniamo lo stesso assaliti da cattivi presagi.
Avrà anche un altro? E' un'opportunista? E' stata sfrattata e cerca un posto dove dormire?
Alcuni di questi pensieri sono esilaranti nella loro inopportunità e rivelano che, un piccolo fagotto intriso di pessimismo leopardiano è appeso, da qualche parte, in ciascuno di noi.

A pensarci bene, è curioso e grottesco come un qualcosa che desideriamo da tanto tempo, una volta conquistato, finisca per trasmetterci una certa dose di inquietudine.
E non è per nulla infrequente.

Il tabellone luminoso trasmetteva qualcosa di tremendamente familiare.

I caratteri gialli che ruotavano sul fondo nero erano la costante universale della mobilità umana, la bandiera di tutti gli aereoporti di ogni epoca. Quel pannello pendente rappresentava un simbolo che trascendeva lo spazio ed il tempo. Era la metafora della persistenza di certe attitudini anche al vorticoso evolvere della razza terrestre. Forse è stata mantenuta così per infondere fiducia ai passeggeri dei megalitici uccelli di ferro.

Luca scrutava con l'attenzione del cecchino la riga giusto in mezzo al tabellone, incitando la casella "status" affinchè si riempisse più velocemente possibile con la parolina "arrived". Ma nulla.

Era già lì da un po' e le rapide occhiate agli arrivi si alternavano con i suoi soliti barocchismi cerebrali. C'era un qualcosa in tutta quella vicenda (Emma che prendeva il primo aereo per venire in Italia), qualcosa che lo disturbava. Uno dei suoi soliti fili pendenti da riannodare alla tenente Colombo. Quella che lui percepiva come una vittoria, non aveva il sapore tondo e rassicurante della pasta fatta in casa. Quella con il ragù che cuoce ore ed ore come il pentolone di una fattuchiera. Dentro c'era qualcosa che non riusciva a riconoscere. Aveva un sapore speziato, orientaleggiante. Non capiva cosa di preciso lo portasse fuori strada. Ognuno di quei circoli mentali, che ad intervalli regolari prendevano a ruotare nelle nuvolette dei suoi pensieri, venivano conclusi sempre allo stesso modo. Condannandosi per la sua impagabile incapacità di essere felice, per la sua innata tendenza a vedere problemi anche dove non ve ne erano.

Alla fine della fiera, quando i tendoni venivano ripiegati e le marionette riposte nei pesanti bauli, realizzava che non doveva tormentarsi. Tutto stava andando secondo i piani.


L'essersi convinto dell'infondatezza delle sue preoccupazioni, non fece altro che rendere l'attesa ancor più insopportabile. Come se non bastasse, l'anonimato di quel fiacco martedì mattina non faceva nulla per contribuire alla buona causa dell'angioletto che si era accampato sulla sua spalla. Tutt'intorno desk semivuoti con hostess che chiacchieravano, tra loro, del più e del meno ridacchiando di qualche ottava più alta del normale.

Tra le tante, una catturò la sua attenzione. Era protesa sul banco come una Sophia Loren d'annata, affacciata ad uno dei consueti davanzali partenopei. Solo dopo mezzo minuto lei si accorse della di lui fissità oculare, avente oggetto quella inconsueta postura e fece come per ricomporsi, spazzando via, in un gesto istintivo, improbabili molliche che si erano depositate sul bavero della divisa. Poi lo guardò ed inarcando il sopracciglio con annessa distensione di un angolo della bocca, lo esortò a chiedere aiuto nel caso avesse bisogno.


-Posso aiutarla?


Sophia lo guardò sorridente, con un raggianza esagerata, quasi ingiustificata, neanche avesse di fronte George Clooney, single e con la sola biancheria intima addosso.


-Guardi, in realtà non so se può, visto che il volo che sto aspettando è di un'altra compagnia aerea


Sophia lo fissò spalancando ancor più i mediterranei occhi marroni.


 -Ora vediamo.... Mi dia il codice del volo.


Le dita scorsero sui tasti come ali di colibrì che danzavano dinnanzi ad un fiore. Durante brevissima parentesi informatica, Luca cadde con lo sguardo sul tesserino che aveva in petto. Sophia in realtà si chiamava Laura. Laura qualcosa, era un nome straniero, forse tedesco.

 

-Allora: a me risulta che il volo ha dieci minuti di ritardo


Lui la guardò con riconoscenza e lei inclinò lievemente il capo da una parte sorridendo, come per rendersi disponibile ad altre richieste.
I successivi nove minuti e trenta secondi dialogarono come se non fosse la prima volta che si vedevano.

Poi l'altoparlante li fece rinsavire con l'immediatezza di una secchiata.

Il volo era atterrato.

 
 
 
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