Creato da fading_of_the_day il 17/11/2010

Fading of the day

....as night takes over

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In A Reverie - "Everything Remains As It Never Was"

Post n°38 pubblicato il 27 Aprile 2011 da fading_of_the_day
 


Danzano le mani tarantole sulla tastiera.

S'affannano, come aracnoidi zampe frenetiche, nell'operoso intreccio di lettere che colma l'incerto oceano liquido in cui annega la distanza. Si muovono, veloci per non dare ripensamenti, luccicanti chiavistelli che girano su sè stessi nell'intento di scardinare il polveroso scrigno privato di un ermetismo quasi orientale.

Ma toccare certe corde dell'anima è doloroso, lacerante come ballare a piedi nudi sui vetri di una finestra in frantumi.


Caro Diario,

ho deciso di instaurare questo rapporto con te dopo una lunga e circostanziata disamina della mia vita. Insomma, non si tratta di un capriccio, ma, bensì, dell'esigenza di sistemare le cose nella mia testa. Per farlo, però, devo mettere tutto nero su bianco. Altrimenti "loro" prendono il sopravvento e succhiano tutta quella poca lucidità che mi è rimasta. "Loro" sono i pensieri - quei maledetti - che per tutta la mia vita non hanno fatto altro che obbligarmi a rimurginare troppo nel'imboccare le svolte.

E così, conquistato un briciolo di coraggio, caro Diario ho deciso.
In questa vertigine ti scrivo.

Respiro lungo allargando i polmoni fino ai limiti fisici imposti dal costato, dilatando l'attesa di un momento che un po' temo. Ed inizio,
immaginando che i tuoi occhi - i suoi occhi - mi osservino mentre punzecchio le lettere della tastiera, sorridendomi divertiti per cotanta audacia privata, tanto intima quanto inutile. Vorrei che lei potesse leggere queste righe nell'acquario della sua stanza, che tirasse giù una lacrima d'argento, contraendo le labbra nel vano slancio di mascherare l'emozione. Purtroppo, so che così non sarà, per cui sono consapevole che ciò in cui mi diletto avrà l'amaro sapore di un impotente esercizio di stile.

Ma ora
veniamo al dunque.

Nel dirti (o meglio nello scriverti) ciò che segue, forse dovrei vergognarmi, perchè stare con una donna e pensare ad un'altra è un atto deprecabile, soprattutto per chi, come me, si professa corretto ed integro rispetto a certe attitudini. Ma ieri, di nuovo, non ho resistito: ho ascoltato per la millesima volta il suo cd mentre tornavo a casa dal lavoro. In particolare, avrò rimesso daccapo non so quante volte la numero 7, "Don't Be Late".

La verità è che, per quanto mi sforzi, non riesco a far a meno di ascoltarla.

La sua voce, balsamo melenso che scioglie i dolori dei poveri, sussurra quelle parole che mi restano appiccicate nella mente come poster di una rockstar nella stanza di un adolescente. Non sono in grado di staccarmene e, vinto, lascio che fluiscano attraverso le mie orecchie e prendano a circolarmi in testa. Quel pezzo ha il potere di rievocarmi la magia e la malinconia del Natale, fatta di giochi e risate infantili. Ascoltandola, avrei voluto tornare indietro nel tempo, sbirciare nella sua infanzia per asciugarle le lacrime dei giorni grigi e far fuori con una strizzatina d'occhi la strega ed il gigante. Cosa avrei dato per vederla bambina, sorprendermi alle sue smorfie e proiettare il sorriso di allora sulle labbra di oggi. Mi sarei conquistato il privilegio a commuovermi un po' quando avrei dovuto e non l'ho fatto.

Sai, caro Diario, prima di prendere "carta e penna", ho pensato e ripensato se fosse il caso o meno di abbandonarmi a queste confessioni. Tra tanto riflettere, l'unica cosa che so è che, di tanto in tanto, si fa forte la convinzione che stia sbagliando tutto. Di nuovo.
Dovrei scavare una buca nell'angolo più lontano del parco e sotterrare tutto. Ma non ci riesco.... Lo so, sono incorreggibile. Il fatto è che, per quanto mi sforzi, ho il presentimento che quel viso lo porterò con me ovunque andrò, come ombra attaccata alla mia ombra. E allora spero che sopraggiunga qualcosa a dividerci, magari l'impalpabile riga dell'orizzonte che fa si che il mare ed il cielo non siano fatti dello stesso blu.


Per chiudere definitivamente con la sua presenza, dovrei sperare solo che, quanto prima,  il mio cuore faccia il nido in un altro sguardo tiepido. Allora, forse, dimenticherò il suo viso.
Sorridendo senza rancore.

Anche se, in realtà, dolce Emma, un po' te ne dovrei.
Eh si, perchè
ad un certo punto mi facesti acquistare un biglietto di sola andata per il giardino incantato, lasciandomi sul più bello a guardare, interdetto ed appiedato, l'altra metà del mondo che si muoveva su quella scatola musicale, mentre alle spalle il paesaggio desolato della partenza si allontanava.

Quel rifiuto inaspettato mi rese inerte, incompiuto, come turbato da bocca pentita che lascia semiaperta la possibilità di un bacio. Quella bocca che ebbi solo una volta, inebriante sapore di vaniglia, ormai labile ricordo smarrito tra il freddo e la foschia di una notte sbagliata....


Un suono improvviso squarciò il liturgico silenzio.

La sua voce gli giunse alle orecchie molesta, come la sabbia gialla che graffia la schiena contro i vetri in un caldo pomeriggio d'estate. Lì per lì provò una punta di fastidio, perchè il suo tono aspro lo tirava per le orecchie, riavvicinandolo bruscamente alla realtà. E lui non aveva la minima voglia di scendere da quella giostra, voleva provare ancora l'ebbrezza del trapezzista ubriaco che barcolla su un crepaccio senza rete di protezione. Quello stupefacente autoindotto la faceva sentire allegro, vivo, come se avesse tirato una boccata di pakistano. Così decise di ignorarla, di classificarla come rumore di fondo, vago chiacchiericcio della pioggia che bagna le pietre, brusio di lontane cascate che si confonde con le dita che picchiettano la tastiera.

Finalmente aveva rotto il ghiaccio,
per la prima volta aveva dato sfogo ai propri pensieri  e questi, senza farselo ripetere due volte,  si erano allungati fulminei nello spazio, ispidi catus cresciuti come dita ciclopiche.

Ora era nudo e sincero, senza più protezione.
La sua corazza era lì che giaceva inerte e squamosa, come vecchia muta di rettile abbandonata tra gli scogli.

 
 
 
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