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Taxi Lane

Post n°27 pubblicato il 07 Marzo 2011 da fading_of_the_day
 


Il taxi si accostò cigolante al marciapiede.
Nonostante fosse sporco di polvere e pioggia, di uno sporco di città che rimane lì anche dopo il noioso roteare delle spazzole di un autolavaggio, godeva di una luce particolare. Il biancore della livrea era più acceso del solito. Era enfatizzato dalla poca luce naturale che stancamente si trascinava il calar del sole.

In genere i taxi sono scorbutici, schivi, impersonali. Caricano qualcuno, lo portano a destinazione, poi prendono qualcun'altro e così via. Come una catena di montaggio per cui, però gli intoppi sono molto frequenti. Il traffico è il loro intoppo.

Ma quel taxi era diverso. Quando si fermò, lo fece con garbo, con una certa armonia, musicalità, come se sapesse chi trasportava.
Marcela aprì la portiera salutò sorridente il tassista e fece scivolare il tondo e morbido posteriore sui sedili in pelle. Ruotò il busto di novanta gradi. Il tacco della scarpa destra fece capolino da sotto la portiera aperta.


-Grazie ancora e arrivederci.



Marcela sorrideva sempre.
Luca, all'inizio pensava fosse una sorta di deformazione professionale.
Quando lavori come barista in discoteca non puoi non sorridere ogni 30 secondi, che è il lasso di tempo più ampio tra un'interazione umana e quella successiva. Se avesse lavorato come impiegata pubblica in un elefantiaco palazzone comunale, ad esempio, non avrebbe avuto bisogno di sorridere così spesso. Ma non si trattava solo di postura lavorativa. Marcela era così, allegra, esuberante ed irriverente verso la vita. E la vita le strizzava l'occhio e la contraccambiava. Marcela era amata dalla vita.


-¡Hola mi amor!
-Ehilà Marcie!



Luca sapeva che non le piaceva il diminutivo Marcie, si inalberava ogni volta che qualcuno l'apostrofava in quel modo. Non gradiva che venisse inglesizzato il suo nome. Era una cittadina del mondo, ma ci teneva alle sue origini. Era orgogliosamente argentina di La Plata, una deliziosa cittadina sul mare, giovanile e ricca di vita.

No, decisamente Marcie non era adatto a lei: sarebbe potuto essere il nome di una ventenne di una uggiosa Newcastle, alla quale i genitori avevano appioppato un nome simpatico per risollevarle il morale dai 320 giorni l'anno di pioggia.
No, lei era Marcela di La Plata. Lei era amata dal sole


-¿Vamos a tomar una copita?


Una copita.
Marcela era una cultrice della convivialità. Era la regina dello stare insieme, oziosamente accompagnato dal bere e dal rilassarsi in un locale colorato, chiassoso, pieno di gente. Non riusciva a scindere le frequentazioni amicali o amorose dal godere di un aperitivo o di una cena etnica.
Amicizia e amore andavano con alcool e cibo. Amicizia e amore erano anche alcool e cibo.


-Sai, visto che ora ho trovato lavoro qui in centro, potremmo cercare di sistemare un po' le cose tra noi, darci una certa stabilità...


Era la prima volta che Luca sentiva articolare la parola "stabilità" dalle sue labbra.
Rimase impotente ed immobile per qualche secondo, fissando con aria un filo ottusa il bicchiere ed asciugando nervosamente la condensa sulla superficie esterna con il pollice.


-Marcela, mi vedo con un altra....


L'uscita fu rapida e violenta. Come se si stesse cavando barbaramente un dente malato.
Senza anestesia. Perchè il dolore serviva a coprire l'imbarazzo.


-Che cazzo dici? Ma stai scherzando?
-Non è uno scherzo...
-Ti pare che ci siamo lasciati forse!? Ci siamo solo persi un po' di vista, complici le distanze. E tu che fai scivoli nel letto di un'altra?
-Marcela, ci siamo ignorati per SEI mesi. Non una settimana, SEI mesi.....
-Lascia stare.... Sei uno stronzo!
-Se per te stare insieme vuol dire NON sentirsi e NON vedersi per 6 mesi, non so che dirti. Ma per me decisamente no


Quelle parole furono una sorta di liberazione.
Luca tolse la mano dal bicchiere e si adagiò sullo schienale della sedia, girando il capo da una parte, attirato da un gruppetto di chiassosi marmocchi che giocavano di fuori. Non aveva mai avuto il coraggio di dire una cosa del genere a Marcela. Non era mai riuscito ad affrontare a quattrocchi e serenamente il vero problema che minacciava la loro relazione. Aveva sempre parlato francamente con tutte le ragazze che aveva avuto, spesso anche a brutto muso. Ma Marcela era diversa. Dolce, sensibile, instabile, aveva paura di ferirla dicendole chiaramente le cose come stavano.

Ma ad aver paura, spesso si fanno le scelte sbagliate.


-Sai che ho avuto dei casini e sono dovuta tornare in Argentina...
-Si lo so. Ma a prescindere da questo,  le cose tra noi sono sempre state complicate. Sai bene che avevo difficoltà ad accettare un rapporto
open come quello che volevi tu..
-Io non ti ho mai messo le corna. Te lo giuro.
-Non è questo. O meglio, non è solo questo. Sento di aver bisogno di stabilità e tu e la stabilità non siete buone amiche...
-Le persone possono cambiare. E possono farlo anche per amore di qualcun altro.

Nel giro di dieci minuti Marcela aveva pronunciato due parole pesanti: stabilità e cambiare.
Luca si sentiva impaurito da quell'improvviso slancio di maturità. Cosa sarebbe successo se fosse cambiata veramente? Se avesse eliminato il grande difetto del suo carattere. Insomma, insieme stavano da dio, si divertivano, trovavano sempre mille argomenti di cui parlare, passioni da condividere. Il sesso, poi, era fantastico, coinvolgente, vero, appagante. C'era solo quel problemino lì, ma sistemato anche quello, cosa li poteva dividere?

Un'altra donna. Ecco cosa li poteva dividere.


-Ok fammi indovinare....


Si portò teatralmente le mani alle tempie, massagiandosele in circolo con indice e medio. Chiuse gli occhi da medium consumata e dopo alcuni secondi proferì parola.


-Si tratta per caso di "Vanity Fair"?



"Vanity Fair" era, ovviamente, Alessia.
Alessia e Marcela si erano conosciute in circostanze poco piacevoli e non si può dire che ci fosse simpatia tra loro. Non correva buon sangue, come è logico che accada tra due donne che si contendono lo stesso uomo. Marcela venne dopo Alessia e la accusò più volte di ronzare attorno a Luca senza alcun titolo.


-Si, si tratta proprio di Alessia
-Non ci voglio credere... Vorrei capire.... Cosa ci trovi in una così e cosa ci fai con lei?
-Può essere che ti sfugga, ma ci siamo amati...
-E dopo tutto quello che ti ha fatto continui a sentire qualcosa per lei?
-Marcela, le cose sono un po' più complesse. Ci siamo rimessi insieme in un momento particolare. C'era in ballo anche un'altra ragazza....
-Ah, ma vedo che ti sei dato da fare!! In questi sei mesi non ti sei annoiato per nulla...
-Lascia stare, non mettiamo in mezzo altre persone
-Sembra Beautiful.... E chi sarebbe la terza incomoda?
-Non la conosci, si chiama Emma è australiana. Si tratta di una lunga storia...
-ALT.... Preferisco non sapere. Almeno per ora.


Marcela abbassò lo sguardo accigliato. Sul suo volto si potevano leggere allo stesso tempo, rabbia, delusione, incredulità.


-Luca, io vorrei capire come dobbiamo lasciarci. Chi saremo tu ed io alla fine di questa conversazione? Aiutami perchè non sono in grado di capirlo.



Marcela si abbandonò allo schienale in segno di resa, con gli occhi lucidi e gonfi e la voce rotta dalla commozione. Era la resa di chi aveva scommesso tutto, di chi si era rimessa in discussione.
Era una resa incondizionata. La resa più amara.

I taxi sono spettatori del mondo.
Ciondolano tra le vie affollate delle città, trasportando persone e sogni, cuori e stomaci, labbra e parole. I taxi sbuffano e imprecano, accelerano e frenano, odiano e amano chi gli sta davanti.
Sono bianchi messaggeri tra le isole d'asfalto.

I taxi, sovente, accompagnano sorrisi e, a volte, riportano indietro lacrime.
I taxi sono come gli uomini e come le donne. Piangono, ridono ed a volte sono sporchi.
Di uno sporco di città, grigio, polveroso.
Uno sporco che non va via. Neanche se lo lavi.

 
 
 
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