Creato da fading_of_the_day il 17/11/2010

Fading of the day

....as night takes over

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Serenade Of Fools

Post n°76 pubblicato il 06 Aprile 2012 da fading_of_the_day
 


Hyde Park in un giorno feriale era desolatamente deserto. Faceva un certo effetto percepire l'assenza di rumori, delle grida di bambini, del chiacchiericcio dei più anziani, anche se quella quiete, paradossalmente, riportava ad una dimensione più vicina alle cose comuni. Perchè permetteva di riflettere, di stare con sè stessi.
Percorrendo l'ampio viale centrale, dopo diverse centinaia di metri si riusciva ad accedere ad una zona fitta e boschiva. Il paesaggio era puntellato, di tanto in tanto, da panchinette di legno disposte qua e là ai bordi del viale. Addentrandosi nella vegetazione sempre più incolta, il ronzio della città scompariva ed il silenzio era rotto solo dagli affannosi guaiti  di un cane
in lontananza,
che rincorreva un ceppo lanciato dal padrone. Il parco, o meglio quella parte di parco, era come un'isola di ghiaccio, dimenticata ed abbandonata dal caos della grande città.

Dal momento in cui avevano varcato il cancello, il loro passi erano affondati in un silenzio morbido, quasi liturgico nella sua impenetrabilità. Il mondo era rimasto alle loro spalle, marcata esigenza di disfarsi delle rispettive quotidianità. Non appena la vegetazione si fece così fitta da rendere problematico ogni ulteriore avanzamento, Rebecca si fermò.

-Eccoci - fece raggiante con un sorriso.

Si sedette su un tronco caduto, posto in una sorta di depressione, di piccolo avallamento.

-Quando ero piccola e qualcosa andava storto venivo sempre qui. Capitava che mia madre mi sgridasse per qualche brutto voto a scuola ed io, in lacrime, mi rifugiavo quaggiù. Almeno finchè non iniziava a calare il sole. Allora ritornavo a casa perchè avevo paura del buio.

Raquel la guardò e per un attimo la sua espressione si fece più dolce, materna. Poi sgranò gli occhi e le spuntò un sorriso che ne accese i contorni.

-Accidenti dovevi averne di fegato da piccola... Più che un angolo di tranquillità, mi sembra un covo dove la malavita sotterra cadaveri.

Un'improvvisa folata di vento spostò i rami sopra le loro teste. Il viso di Rebecca si  illuminò, come riflesso da tante minuscole schegge di vetro pendenti. Raquel continuava a guardarsi intorno, come per estrarre ogni piccolo particolare da ciò che la circondava. Poi incontrò lo sguardo di Rebecca e si arrestò. Le guance arrossate dal vento, le labbra rosa, gli occhi tondi e pieni, allungati alle estremità in un vago sentore d'oriente. Rebecca era bellissima e triste. Raquel sentì che doveva rincuorarla. Non era molto brava in quelle cose e spesso le uscivano cose un po' scontate. Ma non per questo meno sincere.

-Non sarà così per sempre. Fidati di me.

Rebecca strinse le gambe, con le ginocchia che si toccavano.  Chinò il capo come schiacciata sotto un peso insostenibile.

-Non sarà sempre così, ma il tuo lavoro, o meglio il tuo "secondo lavoro" invece si. Lui si che ti seguirà ovunque. Ci seguirà ovunque.

Raquel fece un passo verso di lei. Una foglia rosso rame scricchiolò sotto la pressione dei suoi stivali. Si accovacciò di fronte a Rebecca portando le mani sulle sue ginocchia.

-Rebecca, la nostra situazione è complicata. Lo sapevamo fin dall'inizio. E' il prezzo che dobbiamo pagare per la nostra unione.
Facciamo due mestieri incompatibili: tu agente, io hacker. Finchè vivremo qui saremo sempre clandestine.
Dovremo sempre nasconderci.

Rebecca le lanciò un'occhiata ferita, incastonata in un'espressione delusa. Rassegnata, abbassò di nuovo la testa, arrancando sotto l'incombenza della realtà. Era sempre così quando svaniva quell'illusione che nei momenti di sconforto coccolava, a cui nelle situazioni di debolezza si aggrappava.

-Io credo che tu.... che noi.... a volte non facciamo molto per la nostra relazione. Spesso ci nascondiamo.

Rebecca distolse lo sguardo da quello della sua interlocutrice, come se mettere su piazza quella crudezza la mettesse in imbarazzo.
 

-Mi pare che non facciamo altro che nasconderci. E non vorrei che la prendessi sul personale, perchè mi ci metto dentro anche io.

Raquel le prese la mano ma Rebecca appariva ancora distante e fredda.

-La soluzione c'è ed è davanti ai nostri occhi. Abbandonare tutto, ricostruire le nostre identità da un'altra parte. Ricominicare daccapo.


Raquel torse la testa e una smorfia, una contrazione isterica delle labbra tradì  il disagio di un cambiamento potenzialmente così epocale.

Rebecca non raccolse l'impaccio palese ed andò dritta con la sua arringa.

-La verità è che, forse, non teniamo alla nostra relazione così tanto da mollare tutto, Forse non amiamo a sufficienza al nostro rapporto, tanto da sacrificare un pezzetto di noi stesse. Siamo solo due egoiste nel grande mare della vita. Ogni tanto ci baciamo per poi girarci di spalle con indifferenza.

Rebecca socchiuse gli occhi e quando li riaprì non erano più gli stessi.

Raquel si alzò di scatto come una fiera nervosa tra le sbarre e sfogò la propria frustrazione calciando lontano un sasso.

-Io...io, non so come faremo. Ma ti prometto, ti giuro che troverò una soluzione...

-Ti prego non giurare.... Così non andiamo da nessuna parte... Non l'hai capito?

Il pianto a dirotto di Rebecca soffocò ogni ulteriore parola.

Raquel si stropicciò la corta chioma arruffandosi i capelli. Poi si riaccucciò davanti a Rebecca ormai crollata del tutto. Le prese le guance umide tra le mani inclinando la testa da un lato. Dischiuse le labbra e la baciò.

-Ti amo Rebecca Whitely.

-Anch'io ti amo, Raquel Del Rio.

Ma così non possiamo andare avanti...

 
 
 
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