Creato da fading_of_the_day il 17/11/2010

Fading of the day

....as night takes over

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Post n°158 pubblicato il 03 Giugno 2014 da fading_of_the_day
 

Era l'antivigilia di Natale ed un sole quasi primaverile riscaldava il cielo di Edimburgo. Per le vie si respirava il clima placido e godereccio delle feste. Il tepore incoraggiava i ritardatari negli utlimi acquisti ed invogliava a riempire i carrelli della spesa.

Avevo trascorso gli ultimi due giorni al Premier Inn perchè non volevo vedere nessuno: c'era da sbrigare quell'ultima incombenza e poi me ne sarei ritornato a Montreal, giusto in tempo per il cenone del 24. Si potevano dire tante cose di Mr.Stanford, ma su una tutti quelli che lavoravano per lui potevano concordare: aveva un cuore grande così. Era al corrente di tutto quello che era successo e, per il mio ritorno, aveva organizzato una cena di Natale con tutti i dipendenti ed i loro familiari. Era un gesto che avevo apprezzato molto e mi aveva fatto sentire amato. Sapevo già che quando avrei varcato la sala tutti mi avrebbero accolto con un caloroso applauso e mi sarei commosso.

Il Clark's ci aveva consegnato i vestiti e quello di Elisa lo aveva recapitato a casa di Mr.Stanford. L'avevo tranquillizzata che non c'era alcuna fretta che lasciasse l'appartamento: avrebbe potuto inviare, direttamente a Mr.Stanford, le chiavi con corriere assicurato.

Mancava mezz'ora alla cerimonia e quel maledetto nodo alla cravatta non voleva saperne proprio. Sentii una puntura nello stomaco quando mi venne in mente che l'ultima volta che ne avevo indossata una me lo aveva fatto Elisa.

Dalla strada sentii provenire un lieve colpo di clacson: il taxi era già arrivato. Scesi di corsa nella hall e chiesi al primo receptionist libero di aiutarmi con il nodo. Un ragazzo sulla ventina, sorridente e garbato, si mostrò incredibilmente abile nel rimediare al pasticcio che avevo combinato.

Fuori dal municipio non c'era quasi nessuno. Eravamo stati bravi a fare le cose in gran segreto e di giornalisti neanche l'ombra. Entrai nella piccola sala e, di li a pochi minuti, con mia grande sorpresa, arrivò Elisa, puntualissima. Indossava il vestito a sirena che aveva tanto sognato e che gli artisti del Clark's avevano saputo sagomare sul suo corpo alla perfezione. Rimasi senza parole.

Ci guardammo: lei con gli occhi imploranti e io con i miei privi di qualsiasi espressione. Si avvicinò e ci scambiammo un sorriso di circostanza, in silenzio. La cerimonia fu breve, con palese imbarazzo di officianti e testimoni, tanto che, dopo lo scambio delle fedi, ci fu, immediatamente, il rompete le righe.

Ora eravamo uno di fronte all'altro, io e mia moglie. Lei aveva gli occhi rossi e volevo andare via prima che succedesse. Non avrei sopportato di vederla piangere.

La guardai un'ultima volta e il pensiero che non l'avrei più rivista mi scavò dentro con le unghie, provocandomi un bruciore intenso, come vodka secca calata di botto giù nello stomaco.

Era bella da far male e quel giorno lo era ancora di più.

Sempre in silenzio, strinsi la mano di mia moglie come si farebbe con quella di un amico e captai un leggero fremito sulle sue labbra. Staccai il contatto e girai le spalle. Percorsi a passi ampi il breve corridoio che conduceva al cortile esterno e mi slacciai la cravatta. Andai incontro alla luce del giorno senza fermarmi, cercando di non ascoltare alcun rumore che provenisse dal fondo della sala. Vicino al portone di ingresso raccolsi le mie due valige. Il taxi che mi avrebbe portato all'aereoporto era già fuori.

Mi lasciai cadere sul morbido sedile in pelle e ripassai mentalmente tutto ciò che avevo fatto per assicurarmi di non aver dimenticato nulla, dato che di tornare lì non avevo alcuna intenzione. Avevo lasciato le chiavi del palazzo di Kirkwall a mia moglie. Elisa poteva tenerlo e fare quello che voleva con tutto ciò che c'era dentro: legalmente avrebbe potuto disporre di quel patrimonio come preferiva. Avevo dato procura specificando che non c'era bisogno del mio assenso per alcunché.

Strizzai gli occhi e mi appoggiai il dorso della mano sulla fronte, e fu in quell'istante che scorsi il luccichio all'anulare. Tolsi la fede ed il primo istinto fu quello di aprire il finestrino e gettarlo via. Poi una voce dentro di me mi sibilò nell'orecchio come la lingua di un serpente. Me la misi in tasca e setacciai mentalmente un posto a casa dove nasconderla e dimenticarla per sempre.

 
 
 
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LOVING ELISA BROWN 2/2

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