Creato da fading_of_the_day il 17/11/2010

Fading of the day

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Coffee Smoke

Post n°35 pubblicato il 13 Aprile 2011 da fading_of_the_day
 


Ogni volta che si svegliava, aveva la sfortuna di sentirsi inondare la coscienza da tutto ciò a cui meno desiderava pensare. Appollaiati in cerchio attorno al suo letto come avvoltoi, i pensieri spiacevoli aspettavano il momento propizio del risveglio per saltargli addosso. Quelle minacciose presenze lo obbligavano come un condannato a morte a rivedere in un battito di ciglia tutta la sua vita, diviso tra i rimpianti per il passato e l'inquietudine per il futuro.

Costretto ad esplorare quello spazio buio e sterminato, pensava che non vi era cosa più pietosa al mondo quanto l'incapacità di correlare tutti quei contenuti, che si alternavano davanti ad i suoi occhi con la rapidità ed il disordine dei lampi. Spesso gli sovvenivano ricordi che non sembravano i suoi, tanto erano remoti i cassetti della memoria dai quali venivano tirati fuori. Gli affiorava, così, la sensazione di essere vissuto in altri luoghi ed altri tempi e che in lui vivessero mille altre persone.


-Sai, dovremmo cambiarle, queste tende


Lui la squadrò con l'espressione stralunata di chi si è appena svegliato da un coma lungo una decade, con un grande punto interrogativo come unico argomento da offrire al proprio interlocutore.


-Dicevo che dovremmo cambiare le tende della camera  da letto



Il profumo del caffè lo strattonò verso il calore rassicurante di antichi riti familiari.


-Ah, già, le tende... E' vero me ne avevi parlato


Sorseggiò dalla tazza fumante e prese a seguirla con gli occhi come un turista fa con un ghepardo in uno zoo-safari. Dal suo volto traspariva un senso di stupore misto a soddisfazione. Mentre lei si allontanava verso la cucina, sospirò sorridendo, realizzando che in alcuni risvegli gli avvoltoi cedevano la testiera del letto a candidi cigni.


-Non so cos'abbia ma la macchinetta del caffè oggi fa i capricci...


Curva sul tavolinetto in cucina, toccava qua è là con mani incerte, con la postura di chi sa già quanto sia inutile adoperarsi laddove non si conosce cosa alcuna.


-Aspetta faccio io... Ecco devi far ritornare bene la leva indietro



Lei gli regalò un largo sorriso e l'espressione ammirata del bimbo che contempla il padre rimettere in vita la sua macchina telecomandata preferita. Mentre parlava, lo osservava dal basso verso l'alto come in un atto di riverenza, tenendo la testa leggermente piegata da un lato in segno di disponibilità. I capelli mossi, tendenti al riccio, raccolti dietro la nuca, oscillavano accompagnando i segni di assenso del capo, mentre lo ascoltava dipanare i più oscuri segreti di quella macchinetta. Lui, tra un discorso sul termostato dell'acqua ed uno sul corretto posizionamento delle cialde, a tratti, si distraeva sbirciando nella scollatura della camicia da notte come se non conoscesse bene la mercanzia, come se non l'avesse ancora esaminata accuratamente.

Quando sembrò avesse terminato con le sue elucubrazioni, lei gli passò le braccia intorno al collo e, sporgendosi con il viso, chiuse gli occhi e lo baciò profondo, non risparmiando nulla, alcun particolare, all'arte amatoria.


-Sai che ti amo? - gli sussurrò lei languida
-Anche io - replicò lui con tono poco convinto
-Ma... mi dici cos'hai?
-Nulla, Alessia, devi solo darmi un po' di tempo.... Devo riabituarmi all'idea di noi due insieme, devo...
-Sicuro che è solo questo?
-Si, tesoro



In cuor suo sapeva che la storia del tempo era, in piccola misura, una divagazione di comodo.
Una parte di lui, invero molto più piccola di quella di qualche settimana addietro, ancora non si era rassegnato all'idea di aver perso Emma. Una parte molto più grande, invece, pensava fosse giunto il momento di accantonare i sogni, imbracciare i remi ed allontanarsi una volta per tutte dall'isolotto delle sirene.

La guardò sorridendo e rialzò la testa, che si era involuta nel flebile fremito delle ultime parole. La guardò di nuovo negli occhi e lei si affacciò alle sue pupille con la spontaneità, la dolcezza e l'irriverenza proprie di chi non intende risparmiare una sola goccia di sè all'altro. In un attimo gli sembrò che quella piccola parte si stesse restringendo a vista d'occhio, che stesse assumendo la colorata adimensionalità di una capocchia di spillo.


-Dai preparati che usciamo -
fece lei con tono quasi materno, accarezzandogli il petto - oggi è una giornata meravigliosa


Mentre si liberava del caldo abbraccio del pigiama, in cuor suo, rifletteva su quel "ti amo" e sul suo "anch'io". Scrollò rapido la testa, il bacio lo aveva stordito, sentiva ancora il suo sapore sulle labbra e dentro, a disturbarlo era rimasta solo quella maledetta capocchia di spillo.

Quell'immagine gli riportò alla mente un paradosso matematico, gli sembrava fosse il paradosso di Buffon. Recitava così: qual è la probabilità che uno spillo lasciato cadere su un piano si infilzi in un dato punto? Allora, da studente, aveva dato la risposta più banale: la probabilità è 1, diamine.
Ma il bello era proprio lì. Un piano è costituito, per definizione, da infiniti punti, per cui dividendo un qualsiasi valore finito per uno infinito si ottiene 0.
La probabilità era 0. Lo spillo non cadeva sul piano, non si infilzava. Oppure si?

Mentre capocchie colorate vorticavano attorno alla sua testa come dardi impazziti, trillò il telefono.


Devo parlarti, si tratta di una cosa molto importante. Domani ti chiamo

P.s.: ho scritto questo pensando a te



Per ogni bacio dimenticato
Per tutti i ricordi
Per tutte le volte che uno sguardo
Diceva tutto quello che dovevamo dirci

Hai giocato bene le tue carte
Un moderno Romeo
Sei giunto sulle ali di Cupido
E poi sei volato via


Una ciocca bionda si ripresentò di nuovo, prepotente, alla sua finestra.
D'un tratto sentì che lo spillo iniziava a pungerlo.

Ogni poesia è misteriosa, nessuno sa interamente ciò che gli è stato concesso di scrivere.
La poesia vive una vita clandestina, non ne ha una propria, nitida, da mostrare alla luce del sole.

E poi, dice tanto. Troppo in pochissimo tempo.


 
 
 
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