Creato da fading_of_the_day il 17/11/2010

Fading of the day

....as night takes over

HAUNTED BY YOUR....MUSIC (1/5)

 

HAUNTED BY YOUR....MUSIC (3/5)

 

HAUNTED BY YOUR....MUSIC (4/5)

 

 

« Thunder At TwilightLiquid Under Film Noir »

Wind On My Face

Post n°53 pubblicato il 28 Giugno 2011 da fading_of_the_day
 


La pioggia riprese a cadere lenta come una marcia solenne. Emma scostò appena la tenda per dare un'occhiata di fuori, quasi che le condizioni metereologiche avessero rilevanza per quello che stava facendo. Fulmineo le si impresse nelle pupille il color cenere del cielo grigio. Strinse un po' gli occhi infastidita dalla luce bianca che riverberavano le nuvole basse. Poi, come richiamata da una impercettibile voce - un ultrasuono scoccato da chissà quale parete della sua stanza - si girò verso i piedi del letto dove era adagiata una grande valigia rossa, riempita per meno della metà.

Tra tutti i sentimenti umani, la malinconia è uno dei più didascalici ed Emma ce lo aveva ben stampato in viso. Le aderiva perfettamente agli zigomi, seguiva l'onda della bocca, la linea delle sopracciglia e le fessure degli occhi. Abbassò appena lo sguardo in un gesto che implorava quasi perdono per ciò che stava facendo. Non era semplice prendere una decisione del genere, ma lo considerava un atto dovuto ed imprescindibile, vista la situazione.

Socchiuse gli occhi e congiunse le mani al volto, come per sospirare una preghiera agli dei del fato. Raccolse le forze come se ad aspettarla fosse una montagna con una meringa di neve sulla cima. Infine rialzò la testa. Ora era pronta.

Dopo circa un'ora di viavai, il caos nella stanza era esponenzialmente cresciuto. Una babele di pantaloni, gonne, vestiti e magliette, la aspettava, fedele, in attesa del suo verdetto inappellabile. Come un esercito di inermi condannati a morte: tu si, tu no. Tu vieni via, tu rimani.
La condanna era restare in una casa vuota e buia per chissà quanto tempo.

Nella giungla ciclopica di maniche e cinte, Emma saltellava trafelata come la segretaria frenetica di uno studio di marketing. Una di quelle che tintinnano i tacchi come i secondi di un orologio a muro, girovagando di ufficio in ufficio e portando in mano pacchi di fogli. L'unica differenza era che Emma non portava nè tacchi ai piedi, né fotocopie in mano. Era scalza, con le piante che schioccavano la fredda ceramica ed aveva le mani libere, che faceva mulinare nell'aria con nervosismo, tradendo l'ansia di dimenticare qualcosa. Si affannava da un angolo all'altro, indossando invece del tailleur d'ordinanza, un paio di jeans con strappi alla moda ed una camicia a maniche corte scacchierata bianca e rossa, che la rendeva molto simile ad una cantante country.

Ricorda: jeans, beauty, magliette...

Di tanto in tanto si fermava, si impettiva allungata sulle punte, si sventolava il viso con entrambe le mani e ripartiva. Il viso ed il petto accaldati erano rossi come dopo una scottatura solare.

Aveva poco tempo, Emma,  per preparare le sue cose. Doveva ragionare in fretta e bene. Non lasciare nulla che le sarebbe potuto servire.

Aveva in programma di ritornare lì quanto più tardi possibile, quando le acque si fossero calmate. Solo dopo che Markus avesse realizzato che non c'era futuro per loro. Nelle ultime ventiquattro ore era regnata una calma sospetta, che fiutava essere solo apparente. Era dal giorno prima che non si sentivano lei e Markus e, conoscendolo, sapeva che lo avrebbe avuto alle costole entro breve. Anzi si stupì che ancora non avesse fatto irruzione come un kapò nel suo appartamento.

Emma, di tanto in tanto era preda delle amnesie tipiche di chi ha poco tempo per fare troppe cose e, così, cercava di fare mente locale tamburellandosi la fronte con l'indice, quasi sperasse che il contatto portasse in superficie gli indumenti nascosti nei cassetti della sua mente.

L'ingombrante valigia avrebbe potuto ospitare ben più dei trenta chili ammessi dalla compagnia aerea per i bagagli da stiva. Questa possibilità la ingolosiva ed era il suo vero nemico. Questa possibilità era l'unica speranza di vita in cui i piccoli prigionieri del suo armadio potevano confidare.

Ricorda: passaporto, portafoglio, carte di credito....

Il telefono, all'improvviso, prese a trapanare sul comodino come una tarma su una trave di legno. Emma fu teletrasportata nel mondo reale dal cosmo dei suoi indumenti. Ghiaccio freddo sulla colonna vertebrale scendeva lento tra la pelle e la maglietta. Trattenne il fiato ed ascoltò nel silenzio della mattina il cuore che le picchiava nel petto. Chiuse gli occhi invocando di nuovo una preghiera.

Poi, lesse il display e sospirò di gratitudine.


-Ah Sof sei tu.... Vuoi farmi morire.... Senti volevo dirti dellla macchina.... Quando mi vieni a prendere ti lascio le chiavi. Ci pensi tu? Come dici? No che non ha il cambio automatico... Ma sei stata a scuola guida o no? Dai ti lascio che sennò faccio tardi... A dopo.


Click.

Emma dovette impegnarsi come non mai per stare nei tempi ed evitare di perdere l'aereo. Pressò il fianco della valigia sedendosi sopra di peso e strinse la cinghia più forte che poté. Si accasciò sull'enorme baule con mille goccioline che le perlavano la fronte. Ebbe il tempo solo di una breve rinfrescata.

Poi venne Sophie.

Appena in macchina, Emma si abbandonò sul sedile sfinita. Reclinò lo schienale e chiuse gli occhi. Una sensazione di rilassatezza la invadeva, a partire dalla punta dei piedi fin su. Prese a muovere delicatamente le labbra, canticchiava una filastrocca che aveva imparato da bambina. In quel momento sentiva la necessità di rifugiarsi in qualcosa che le desse sicurezza: stava facendo un passo importante, forse senza ritorno e ciò le regalava quell'impalpabile sensazione di piume nello stomaco che innescava sollievo e tensione in egual misura.
La strada scivolava lenta nel traffico del pomeriggio e l'andare e il venire dei semafori era accompagnato dalle sue labbra, che danzavano armoniche componendo parole, come un'onda che passa sotto la sabbia.

Continuava a piovere e ciò non giovava decisamente alla causa.

Emma, con vezzo infantile, si mise a fissare le goccioline aggrappate al vetro: alcune rimanevano ben piantate sfidando la legge di gravità, altre, vinte ed esauste, si lasciavano cadere giù. Le venne in mente che, in quel momento, la sua vita assomigliava un po' alla pioggia che cade sui tetti malconci delle case di campagna. Quella che un po' rimane sulle tegole e scivola via e un po' filtra nelle crepe e goccia nelle stanze. Come per quei tetti, una parte di lei sarebbe sempre rimasta attaccata alla sua città, ai suoi ricordi, alla sua casa a cui era tanto affezionata. L'altra voleva scivolare via e guardare sorridente l'alba di una nuova vita, facendosi piacevolmente accarezzare le guance dalla fresca brezza mattutina.


Non pensavo che mi saresti entrata in testa così, come una canzoncina scema che mi tormenta e  che ora non vuole più saperne di uscire.  Quelle canzoncine un po' così, che passano le radio d'estate. Che dovrebbero durare il giro di un amen e che invece non ti abbandonano più.

Si, proprio quei motivetti che escono da quelle radio che io non ascolto mai, perche, come dici tu " mi piacciono quelli che fanno casino", i tizi con i capelli lunghi e le borchie. Quella musica strana che, in fondo in fondo, inizia a piacere anche a te.

Lo so, ti sto contagiando, piano piano. E tu stai facendo lo stesso con me.
Mi hai fatto affacciare al tuo mondo.

Allora ti aspetto. Aspetto che le note che disegnano i tuoi contorni raggiugano le mie orecchie.


Ti aspetto, perché la città senza te
è solo un groviglio di lampioni bui
ed io non so dove accendere la luce.

Ti aspetto, perchè la città senza te
è solo una trama di sguardi schivi
e di mani fredde che stringono altre mani

Ti aspetto, perchè la città senza te
è come un circo festante chiuso in una palla di vetro,
con la neve che copre tutto

Ti aspetto.
E so che stanotte non dormirò.


Emma lesse la mail con l'apprensione e la foga di un'adolescente.
Poi sorrise e richiuse gli occhi adagiandosi allo schienale con espressione beata.

Aveva la netta sensazione che già da lì dentro il vento iniziasse a lisciarle il viso.

 
 
 
Vai alla Home Page del blog

LOVING ELISA BROWN 2/2

Citazioni nei Blog Amici: 18
 
 

ULTIME VISITE AL BLOG

cassetta2nodopurpureoNoRiKo564Rosecestlavielascrivanafading_of_the_daySky_Eaglesperanza1945IlGrandeSonnolab79cloneselvaggiopsicologiaforenserioga651965pantarei63rbfinancial
 

ULTIMI COMMENTI

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

AREA PERSONALE

 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963