Creato da fading_of_the_day il 17/11/2010

Fading of the day

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Sun Death

Post n°24 pubblicato il 25 Febbraio 2011 da fading_of_the_day
 




Il bar dell'università era totalmente cambiato dall'ultima volta che se ne era servito.

Del resto erano passati quasi dieci anni.
L'insegna slavatamente violacea si era trasformata in una poco comprensibile scritta blu carico, che borbottava qualcosa del tipo "uni-bar" in caratteri arzigogolati e falsamente orientaleggianti. Non c'erano più i tavolini con l'incerata con le mimose, né gli stencil  floreali alle pareti che ti facevano sentire in primavera anche l'8 dicembre. L'arredamento interno era minimalista, in irritante contrasto con quanto ti saresti aspettato dall'insegna. Tavoli bianchi, pareti bianche, sedie bianche. Sembrava la sala d'aspetto di un dentista. Aveva l'insoddisfatto sapore dell'incompiuto, dello scarsamente curato.

Il bar aveva fatto molta strada da allora. Aveva perso la sua aria un po' sfocata e imprecisa da quadro di Van Gogh. E a Luca questa cosa non piaceva affatto. Voleva che le cose restassero al punto di partenza. Come lui.

Lei arrivò in elegante ritardo ed i suoi contorni, le sue forme fulmineamente gli suscitarono un caleidoscopio di sensazioni.

Si guardarono con complicità salutandosi da vecchi amici.

Si sedettero e lui ammirò le sue gambe spuntare da sotto la minigonna. Si congiungevano alle anche con la stessa fluidità con cui due gallerie penetrano nei fianchi di una montagna. Poi la sua attenzione fu distratta dalle mani armoniche, flessuose come ali di cigno. I seni, pronunciati ma non invadenti, sbirciavano curiosi il mondo dalla scollatura della camicetta. Infine, si abbandonò al sorriso esperto ed agli occhi vividi e tumultuosi.

E pensò.

Pensò che esistevano leggi della natura a parte per le donne.
Insomma, la chimica degli atomi, quella che tiene insieme le molecole seguiva principi differenti. La legge di gravità che àncora i corpi a sè stessi ed al suolo non era legata alla noiosa verticalità, ma viveva di un fervore multidirezionale. Eppoi, il fulcro della loro forza dove si nascondeva? Nel rosa delle labbra o nell'incavo delle ginocchia? Nel respiro lento che sommessamente gonfia il petto o nello spazio tra le dita delle mani?
Dove di preciso?

Riavutosi dai suoi deliri fisico-antropologici, decise con scarsamente mascolina curiosità di scrutarla per bene. Con occhio fiero e distaccato. E notò qualcosa di diverso dalla vecchia Alessia. In effetti c'era qualcosa che lo turbava. Alessia pareva cambiata: meno brillante di come la ricordava, stanca. Sembrava più risentita ed afflitta. Era come se non fosse riuscita a sbocciare. Era come se le mancasse una delle tre dimensioni.


-Chi è?


Sospirò lei con remunerativo interesse.


-Niente... Un'amica. Risponderò poi.



Il sorriso. Quel sorriso era il suo marchio di fabbrica, denso di significati, eloquente nella sua compostezza. Prese il bicchiere e sorseggiò senza dire nulla. Cambiò l'incrocio delle gambe. Il gesto era voluto, non fortuito o frutto della stanchezza indotta dalla postura, ma artatamente piazzato lì per richiamare gelosamente l'attenzione.

Posò il bicchiere con un gesto improvvisamente rapido, come se avesse ricordato qualcosa di importante.


-Insomma dimmi un po'..... Esci con qualcuna?


Luca si era sentito più volte rivolgere quella domanda. E quando non era un essere umano a proferire quelle 3 parole, era il suo futuro a chiederglielo. Avrebbe voluto parlarle del suo ego che aveva invaso acque extracontinentali, avrebbe voluto parlarle dell'avvento di Emma. Ma desistette. Forse per pudore, forse perchè non ne vedeva l'esigenza, forse perchè pensava che a lei non sarebbe interessato minimamente. Forse per gelosia. 
Decise che era più saggio continuare a camminare sul marciapiede.


-Non farmi domande ed io non ti dirò bugie



Al riecheggiare di quelle parole nella sua testa sorrise compiaciuto, non facendo assolutamente nulla per mascherare la soddisfazione. Sin da quel giorno, a partire dall'ultima volta che si erano visti, sognava la vendetta. Restituire pan per focaccia. Ripagarla co la stessa moneta. Finalmente ci era riuscito. Subdolo manipolatore dell'occasione.


Alessia si tolse gli occhiali scuri che vezzosamente soleva portare anche in taluni casi negli ambienti chiusi. Si stropicciò gli occhi scuotendo la chioma lucente e vaporosa. Liberato il viso dall'ingombro delle mani, ciò che venne alla luce era un volto scuro che aveva il pallore del sole di inverno. Gli occhi si rivelarono stanchi al mondo, come se sulla sua testa dondolasse una tormentosa nuvola sfilacciata e nevrotica, carica di oscuri presagi.


-In realtà qualche domanda avrei bisogno di fartela...

 
 
 
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LOVING ELISA BROWN 2/2

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