Creato da fading_of_the_day il 17/11/2010

Fading of the day

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A cliché, that's all I am...

Post n°213 pubblicato il 15 Maggio 2015 da fading_of_the_day
 

Lo so non avrei dovuto farlo ma l'ho fatto.

Non sono mai stata d'accordo nel fare "certe cose". Anzi, dirò di più: le ho sempre deprecate, come se fossero una macchia che  per quanto si provi a lavare, per quanti giri di lavatrice possa fare, lascerà sempre un fastidioso alone.

Mi sono condannata. Ho battuto i pugni. Ho pianto. Ho urlato. Ho mangiato gelato. Tanto gelato. E alla fine fine mi sono rassegnata. Non una, ma due volte. Mi sono rassegnata la prima perchè, nonostante l'errore, mi sento in pace con me stessa. Basta tormentarmi.
Mi sono rassegnata la seconda perche... perchè, se è vero che è successo, ora la devo smettere. Non può continuare...

La genesi del mio tormento cominciò quella sera, quella maledetta sera in cui non sarei dovuta essere lì. Generalmente vado in palestra sempre nel primo pomeriggio subito dopo il lavoro, ma quel giorno la macchina si fermò per strada... fottuta macchina giapponese. Persi tanto tempo tra telefonate, carro attrezzi, metropolitana che andava a singhiozzo. Arrivai stremata che erano le sette, convinta di fare solo una seduta leggera per scaricare i nervi. E fu lì che lo vidi. "Bello ma banale come il più scontato dei cliché" pensai. Ma poi...

Poi furono pennellate di rosso, respiri corti e perle di sudore.

-Come ti chiami?
-Christian
- disse lui con un filo di voce.

Guardai con tenerezza quel ragazzo più giovane di me e sorrisi immaginando a come si sarebbe vantato con gli amici per essersi portato a letto una più grande di lui.

In fondo era o non era un semplice cliché?

Lo guardai negli occhi e lui li abbassò ancora e timidamente mi fece.

-Sai io ho la ragazza...

Colpita e affondata.
Ma non mi scomposi ed i
ncassai il colpo come capitano di lungo corso.

-Va bene - irruppi io serafica - a te la scelta di non vederci mai più...

Lui non scelse e ci vedemmo per mesi.

Ogni tanto mi ripeteva un sempre meno convinto "ho la ragazza"  ed io lo guardavo con sempre meno timidezza e sempre più malizia.

Era un gioco il nostro, un gioco perverso, in cui io facevo la parte della "cattiva": impersonavo un ruolo che non avrei mai tollerato se fossi stata dall'altra parte della barricata. Eppure mi piaceva, mi dava il brivido del proibito e cercavo di non pensare al dolore che poteva provare la mia "avversaria". Tutto ciò, semplicemente, perchè a me Christian piaceva da morire. Ero capricciosa? Forse. Scorretta? Sicuramente nel prendermi l'uomo di un'altra, anche se, razionalmente, mi rendevo conto che anche lui aveva la sua dose di colpe. Ogni volta che ci vedevamo speravo che mi annunciasse di averla mollata.

Ma così non fu.

Una sera venne da me con il solito sorriso e la solita voglia. Lo fissai dritto negli occhi e dovevo avere uno sguardo cupo come il cielo a novembre visto che lui fece l'espressione stupita. Si sorprese nel non vedere la consueta gattina piena di fusa che l'aspettava sul divano.


-Hai parlato con lei?
-No
-Christian, finiamola qui. E' meglio, fidati. E' meglio per tutti e due.


Christian non obiettò chiudendo per sempre la porta che aveva appena aperto.

 

La notte sai, è tutta uguale, ovunque tu sia. Qui o all'altro capo del mondo.
Sempre complice d'amore e di misfatti.


Ed io ora sono qui, esattamente qui, a fissare l'insegna buia della palestra spenta. Ci torno ad orari impossibili, quando so che è chiusa, proprio per non incontrarti. Dopo giorni, settimane, mesi, ho preso il mio abbonamento e l'ho strappato in due. Non ti ho mai dimenticato e mai lo farò. Sei stato la fantastica utopia, il sogno leggero plasmato da ali di fata, la follia perversa, la cupa ossessione. Non ti avrò più e spero che chi ti ha ora sappia fare di te un buon uso.

Finalmente ho ricominciato a vivere e da tempo non mangio più gelato. In compenso mi sono comprata un'asta, di quelle che si fissano agli stipiti della porta per fare le trazioni, simile a quella a cui ti allenavi tu. La uso tutti i giorni perchè ho capito che la vita è proprio così. Ti aggrappi a qualcosa per tirarti su. Altrimenti è la fine.

 

 
 
 
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