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Fading of the day

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Messaggi del 13/07/2015

Affairs Of The Heart (pt. V)

Post n°224 pubblicato il 13 Luglio 2015 da fading_of_the_day
 

Eva interpretò il mio silenzio come l'erezione di una barricata. Si alzò infastidita e finse di avere cose da fare, quando era palese che stesse solo prendendo tempo. L'orgoglio le impediva di ribadire quello che mi aveva detto la sera prima in preda all'emotività. Era chiaro che non voleva farsi vedere di nuovo vulnerabile. 

-Ho capito... Ho capito che vieni da una storia lunga, che non vuoi impegnarti. E ho pure capito che, ogni tanto, vuoi una brava mogliettina che ti faccia passare ogni sfizio...

Mi penetrò dritto negli occhi mentre lo diceva. Probabilmente lo faceva per farmi sentire superficiale. O forse perché per lei quel "mi piaci" aveva davvero un fondamento. In quei pochi istanti, non potei fare a meno di rendermi conto di quanto fosse bella e di quanto potessi essere fortunato.

Stavo per prenderle il viso tra le mani e baciarla, sentii il calore dell'emotività salire come acqua bollente in pentola. Più ci guardavamo negli occhi più avvertivo l'attrazione verso quel piccolo pianeta lussureguante. Poi qualcosa cambiò in me e sentii picchiarmi sulla spalla il solito grillo parlante, che interveniva quando la spia rossa dei sentimenti si accendeva. Alla fine prevalse di nuovo il raziocinio e, pian piano, riconquistai quella lucidità a cui sempre mi aggrappavo per affrontare analiticamente certe situazioni. Avevo imparato con il tempo che essere impulsivi portava, spesso, a fare le scelte sbagliate, nella vita come in amore. E ne avevo fatto una sorta di mantra.

In quella fase,venne a galla un pensiero che si era già affacciato timidamente più volte in quei giorni, ma che una parte di me aveva sempre ricacciato indietro con un calcio, come un pallone sgonfio di cui ci si vuole sbarazzare. Quanto ne sapevo veramente di lei? Quanto mi potevo fidare? Quanto era sincera in quello che diceva? Provava davvero dei sentimenti per me?

C'erano ancora troppe domande che il mio cervello si faceva sulla graziosa Eva. In alcuni momenti pensavo che sembrava tutto troppo facile. Bella, giovane, brillante, che veniva dietro ad uno che aveva dieci anni e passa più di lei, mollatosi da poco con la compagna storica. Perchè? Qualcosa ancora non mi quadrava e, forse un po' cinicamente, pensai che se io rappresentavo il cliché del maschio latino a caccia di straniere, lei poteva essere, benissimo, la classica profittatrice in cerca del pollo da spennare. 

-Insomma, cosa aspetti?

Eva mi squadrò cupa con le braccia conserte e le dita che tamburellavano nervosamente sui gomiti.

-A fare cosa?

Replicai ancora frastornato dai miei pensieri.

-Dopo averti detto una cosa così, tu che sei un galantuomo, dovresti dirmi che non è vero, prendermi tra le tue braccia e baciarmi... Però non lo fai...

Eva sorrise mentre me lo diceva e non colsi se fosse ironia o amara constatazione.

-Eva, tu credi davvero che possiamo avere un futuro? 

 

Quella domanda rimase sospesa nell'aria calda estiva, come il palloncino di una festa che si perdeva nel cielo azzurro.

Quel punto interrogativo rosso non si spostò di un centimetro neanche nei giorni seguenti, nei quali, per la verità, non ci cercammo. Fui più volte sul punto di mandarle un messaggio ma, puntualmente l'orgoglio, la paura o entrambe mi facevano fare marcia indietro.

Giunse il fine settimana e mi recai al club con tanta voglia di parlarle.

Avevo scritto e cancellato nella mia mente decine di volte il discorso che volevo farle. Arrivai che il locale era ancora in allestimento e Tasha, una delle colleghe di Eva, senza nemmeno degnarmi di uno sguardo, mi allungò un biglietto.

In poche righe Eva mi salutava, dicendo che si era licenziata dal locale e che, pur continuando ad essere proprietaria del ristorante, tornava a casa, in Ungheria.

Sentii una palla di pietra rotolarmi giù nello stomaco. Quello shock fu rivelatore perchè accese la candela che illuminò l'oscurità attorno a me. Mi accorsi che avevo sbagliato tutto. Capii di essere stato un idiota, di aver tirato troppo la corda senza sapere neanche io il perchè. Ero scappato stupidamente da una ragazza che mi voleva bene, forse per paura o diffidenza.

Inconsciamente, avevo attivato un meccanismo di autodifesa nei confronti del sesso femminile. La fine della storia con Alessia mi aveva scottato ben più di quello che pensassi, ben più di quello che ero stato in grado di accettare. Mi ero battuto il petto come un gorilla facendomi forte, mentre avrei dovuto accettare umilmente le mie colpe. La voglia di ricominciare, la smania di cancellare gli errori, non aveva fatto altro che acuire il bisogno smodato di voltare pagina. Quel torrente in piena aveva preso il sopravvento su di me e mi aveva fatto sottovalutare tutto ciò che era accaduto e  tutto ciò che ne sarebbe seguito.

Provai a chiamare Eva ma il telefono era spento


 
 
 

LOVING ELISA BROWN 2/2

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