Fading of the day

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L'indomani mi rimisi al lavoro per le mie indagini. Elisa, la mia dolce ossessione.

Mi tornavano in mente il suo pianto, le voci in sottofondo, qualcosa che si rompeva. Dove si trovava? Perchè piangeva e con chi era? Chi l'aveva aggredita? Cosa aveva così importante da fare quella sera? Tante domande, zero risposte.

Rintracciai furtivamente il numero di Liz nella rubrica del cellulare di Elisa e m'imbattei di nuovo nell'agendina. Spinto dalla curiosità, feci per prenderla, ma scattò la maniglia del bagno. Elisa stava uscendo dalla doccia. Ci mancò poco che mi beccasse a frugare nella sua borsa: l'agendina si stava tramutando in una chimera.

Telefonai a Liz con una scusa banale e le chiesi se potevamo incontrarci in un bar. Era una tipa molto sbrigativa: mi disse che era un po' di fretta quella mattina e che ci saremmo incontrati davanti al monumento a Walter Scott. Speravo che postponesse l'orario di incontro perchè non avevo ancora elaborato una precisa strategia: mai come in quel momento avrei avuto bisogno di tempo per riflettere. Approcciare Liz nel modo più soft possibile era una priorità imprescindibile. Oscillavo tra l'incudine ed il martello, tra l'eccesso di confidenza e quello di riservatezza.

Intanto mi ritornò nuovamente in testa l'agendina: agendina misteriosa, Tom, Liz, Robert. Aprii una nota bianca sul mio telefono e scrissi le quattro voci. Rimasi lì qualche minuto a fissarle, ripetendole in sequenza come un mantra, quasi sperando nella rivelazione. Rivelazione che puntualmente non arrivò. In compenso si era già fatta l'ora di uscire e di uno straccio di strategia nemmeno l'ombra.

Liz arrivò puntuale.

-Voglio risparmiarti la fatica: ieri mi ha interrogato la polizia e ho detto tutto a loro. Puoi parlare con il tuo amico commissario. Io mi sono stufata di fare la parte dell'indiziata...

Cercai di sapere qualcosa in più da Liz ma si era chiusa a riccio e quel poco che appresi non aggiungeva nulla a quello che già sapevo o presumevo.

Liz si confermò esattamente come me la ero prefigurata dopo la nostra conversazione telefonica: un tipino scontroso. Era una bella ragazza con i capelli rossi ed il caratterino poco docile da gatto randagio. Anche se non riuscii a cavare un ragno dal buco, era chiaro che tra le due non corresse buon sangue.

Sulla via del ritorno squillò il telefono. Era Friedman.

-Saint-Clair buongiorno
-Salve commissario, qual buon vento...
-Altro che buon vento, Saint-Clair, qui tira burrasca. L'uccellino mi ha detto che lei sta giocando a fare Sherlock Holmes...
-Le voci girano rapidamente, neanche Edimburgo fosse un paesino di campagna..
-Stia a sentire Saint-Clair: cerchi di stare alla larga perchè la faccenda potrebbe essere importante e pericolosa. Perchè non lascia fare a noi?

Ma io non volevo lasciar fare alla polizia. O meglio, volevo integrare la loro azione. Mi sentivo parte attiva nella vicenda, fosse solo per il fatto che amavo Elisa.

-Commissario, vede, è difficile starne fuori quando chi ne è implicato è la persona che si ama

Proseguii, tentando di rigirarmi la frittata.

-Inoltre, potrebbe farle comodo se riuscissi a scoprire qualcosa, utilizzando la discrezione che un gentiluomo non in divisa può mostrare agli occhi degli altri. Di certo passo più inosservato di voi...

Il commissario rimase in silenzio come se stesse riflettendo sulle mie parole e fosse sul punto di condividerle. Ovviamente non mi poteva dare carta bianca, ma chiudere un occhio alle mie ricerche si. Almeno era quello che speravo.

-Saint-Clair, in via ufficiale lei non può fare quello che vuole. Ci sono dei protocolli da rispettare, una prassi....Capirà bene ciò che intendo... In via ufficiosa le dico: faccia con cautela e se ha qualcosa di importante per le mani me lo riferisca immediatamente.

Il commissario era un uomo ragionevole.