Creato da fading_of_the_day il 17/11/2010

Fading of the day

....as night takes over

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Thunder At Twilight

Post n°52 pubblicato il 20 Giugno 2011 da fading_of_the_day
 


Certe notizie arrivano di notte come un brutto sogno e colpiscono chi vogliono, quando vogliono, senza farsi troppi scrupoli.

Certe notizie arrivano sul più bello, come incubi, proprio nel momento in cui si dovrebbero, invece, fare i sogni. E si manifestano come un lampo, con un freddo stridio elettronico e la luce verdastra di un led che lampeggia.
Eh si, certe notizie arrivano pallide e fredde, all'improvviso, come un foglio di carta che odora di inchiostro sparato.
Come la puntura di un ago metallico sulla schiena.

Nonostante nelle ultime settimane avesse preso l'abitudine ad essere molto mattiniera, alle otto giaceva ancora distesa, in cristica contemplazione del grande lampadario a goccia che pendeva dal soffitto. Del resto il sonno le era stato interrotto per un bel po' quella notte. Infatti, quando qualcosa di inaspettato la svegliò, erano circa le quattro, ossia la porzione onirica più impenetrabile, quella in cui le nuvole dei sogni galleggiano in una grande bolla di vetro.

Non ricordava bene cosa stava sognando.
Si affacciavano alla sua mente immagini sfumate: si trattava, forse, di una città, una città di mare che però conosceva. Probabilmente Amsterdam o Barcellona. Era di sera poco prima del tramonto: quel particolare lo aveva messo ben a fuoco, perchè vedeva l'orizzonte, a poco a poco, coprirsi di nubi rossastre. Poi, ad un tratto, quella cartolina aveva iniziato a distorcersi, raschiata via dallo strepitio del fax, che riempiva il silenzio della notte come il gracchiare dei corvi. Nonostante fosse ben immersa nel rossore crepuscolare, riuscì a realizzare quasi subito l'origine della molestia. Tuttavia restò immobile, lasciando prevalere la pigrizia sulla curiosità.

Le tapparelle lasciavano filtrare sottili listarelle di luce.
Si voltò verso la sveglia digitale e, con una smorfia insofferente, cercò di inquadrare le stanghette giallastre del display. Si fece animo raccogliendo le prime energie della giornata e si fece forza, stancamente, sui polsi per portarsi in posizione seduta. Ma appena ritta sulle gambe, sembrò riacquistare di colpo la sua flessuosità da fenicottero ed iniziò a muoversi morbida, alternando un passo dopo l'altro e facendo frusciare nell'aria
le lunghe gambe lisce come stoffa, che ancheggiavano sensualmente con la lentezza di un bolero.

Giunta nel salone, rilesse quel foglio ancora una volta e fu allora che venne tirata giù dai castelli in aria in maniera definitiva, così brusca e violenta che anche la coltre di nebbia che avvinghiava il maniero si diradò frettolosa.
Si sedette lentamente sul divano con ancora il foglio in mano e senza staccarvi gli occhi un solo istante. Indossava una maglietta lunga che le teneva scoperte le gambe dorate da una lieve abbronzatura. Le piegò da un lato sedendosi sui talloni, scansandosi con un mano la frangia dal viso. La pelle appariva ancor più lucente perchè irradiata dal primo sole del mattino. Quel bronzo era di un umore vivo, una specie di polo positivo che attraeva a sè la rabbia che aveva dentro.

Giunta al termine dell'ultima riga, si sedette ed accavallò le cosce gettando il foglio in aria. Abbandonandosi allo schienale del divano, distese le braccia sul bordo inclinando indietro la testa, come in segno di resa. Non poteva crederci.
Non riusciva ad immaginare che fosse capace di una cosa del genere.

Si trattava della lettera su carta intestata di un avvocato - uno degli azzeccacarbugli di Markus - che le ricordava, qualora ce ne fosse bisogno, cosa sarebbe successo se non avesse rispettato il contratto pre-matrimoniale.  Il tono non era minaccioso, ma gelidamente formale. Le era venuto un groppo in gola nel leggere quello scarno comunicato. Non tanto per il suo contenuto, ma quanto per il fatto che il suo potenziale futuro marito dialogasse con lei per mezzo di uno studio legale tedesco.

Trascossero pochi minuti di inattività psichica, dopo i quali si alzò dalla placida posa da patrizia romana che aveva assunto sul divano e decise di farsi un bel caffè lungo. Rimurginava ancora su quella cartaccia mentre si inebriava l'olfatto con la calda fragranza dell'infuso nero. Più ci rifletteva e più la cosa la faceva rabbrividire; più si rendeva conto che quello smacco rappresentava un'oscuro presagio per la vita di coppia, più maturava in lei la voglia di tracciare una linea netta su quella situazione.


-Mi sento pressata, sola a combattere contro un generale ed il suo esercito di bravi soldatini profumatamente pagati. Sof, sono sconfortata, stanca. Sento di non avere le forze per affrontare da sola tutto questo...
-Hai preso in considerazion l'idea di andare via?
-Via in che senso e dove?
-Beh. va da lui, no? Lontana dalle pressioni, ragioni, apporfondisci, studi il problema. Il tutto in un ambiente meno ostile. Ascoltami....



Click.


"Emma,
non so cosa mi spinga a scriverti questa lettera. Forse mi è rimasto qualche pezzetto di te che gira nella mia testa, o qualche parola che mi hai detto, dispersa nel vento dell'ultima sera che ci siamo visti. O forse mi è rimasta la voglia, quella voglia di guardare insieme a te la bocca nuvolosa della baia - la tua baia - quella che ti ha visto bambina, quella che ti ha insegnato a distinguere il cielo dal mare. La stessa che ti portava l'odore salato dei primi amori.

"Appena mi libero, vengo da te."

mi dicesti, e allora mi lascio cadere giù, dal ponte di quella promessa, dalla vertigine di quelle parole. Perchè quando eravamo insieme, lì su quel divano scomodo, annidata tra i rami delle mie braccia, io non ebbi il coraggio di dirti nulla. E così ti scrivo, per attaccare la spina alle rose elettriche del tuo petto, per dare un fremito all'anarchia delle tue dita d'avorio.

Quando leggerai questa lettera preferisco non esserci ed immaginarti con il portatile sulle gambe incrociate, seduta in mezzo al letto sfatto, con la frangia arruffata e l'occhio destro che ancora non sa cosa guarda il sinistro. Preferisco non esserci ed immaginarti sorridere mentre leggi le sciocchezze che ti scrivo, e sentirti sussurrare i tuoi "che scemo che sei...", mentre mi soffi un bacio nell'aria.

Poi parmi vederti, che ti alzi con il passo da Miss Universo, un piede davanti all'altro, le piante nude che schioccano il freddo pavimento di maiolica, che punti dritta, senza esitazioni, la cucina per l'ennessimo caffè. E mentre il tasto si colora di rosso, scuoti la testa e continui a sorridere.

Sorridi di quel pazzo che ogni tanto ti scrive poesie e ti ruba dagli occhi un ruscello incantato.


O nata ferita
Vieni presto da me
Lascia che ti abbracci
e le tue ferite possa leccare,
mio amore celeste."

 
 
 
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LOVING ELISA BROWN 2/2

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